Entrare nell’universo della scrittrice significa accettare ossimori e antitesi, scoprendo la prossimità fra bene e male. Chi vuole il cuore di una persona amata? Ne si desiderano le mani. E il cuore di una persona odiata? Ne si desidera la testa
- Fleur Jaeggy è una scrittrice svizzera di lingua italiana, autrice, tra gli altri, de I beati anni del castigo (pubblicato da Adelphi come tutti i suoi libri).
- Entrare nell’universo linguistico di Fleur Jaeggy significa accettare sinonimie e antinomie, ossimori e antitesi che avvicinano e spesso mescolano, quantità e qualità, immanenza e trascendenza, e confondono, i vivi e i trapassati.
- Le sue sono storie di famiglia. Ma non di famiglie ordinarie. Sono famiglie in cui il legame di sangue è post-posto a un legame di elezione, la cui narrativa diventa sensuale, conturbante, tattile. Una specie di casta promiscuità.
Ci sono scritture che di tanto in tanto riprendo in mano per farmi raccontare quanto il quotidiano di tutti possa essere inquietante, quanto, e bisogna esercitarsi a tenerlo a mente, «esista nell’aiutare gli altri una vaga passione omicida che è difficile contenere in un sentimento meno sanguinario». Di tanto in tanto, insomma, rileggo Fleur Jaeggy. Perché i buoni sentimenti, soprattutto i propri, bisogna tenerli a bada. Perché la fede e la speranza, senza la carità, da san Paolo in poi, sono la



