Come ai vecchi tempi: l’ultimo brunch insieme

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è cucina abitabile. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. Le ho chiesto di mandare a sua madre due semplici righe: cambiare la spugna per i piatti, passare una salvietta sul telecomando, aprire le finestre dieci minuti pieni. Un asciugamano solo per lui. Disinfettare i pavimenti. Silvia ha detto che non stavamo allestendo una sala operatoria. Le scarpe portano tutto in casa, ho ribattuto. Camminavamo svelti perché eravamo in ritardo. E poi dovrebbe cronometrarsi quando si lava le mani, almeno venti secondi. – Mia madre non usa un timer per lavarsi le mani, ha risposto, ed è viva da settant'anni. Niente è meglio della cucina di casa, anche se è di qualcun altro L’arrivo al locale Il locale si trovava in una via ormai da tempo disadorna di entusiasmo. Un neon al muro raccomandava Eat Slow, Scroll Slower. Gli altri tre erano già seduti al tavolo. Tazze spaiate, piatti ovali dalla smaltatura imperfetta; il carrello delle spremute fermo come un animale addomesticato. Ieri ho visto questo film… La scrittura era sontuosa, ha detto Luca, che era seduto di spalle e non ci aveva visti arrivare. Scusate il ritardo, ha detto Silvia togliendosi il cappotto. Preferiamo non disturbare la baby-sitter di domenica, lo abbiamo lasciato da sua madre, ho aggiunto io, roteando gli occhi. Il menù era ordinato per capitoli: Fermenti, Grani, Proteine, Bevande. Yogurt fermentato in casa; pane di segale con etichetta carbonio “A-”; pancake di farro “diametro classico” con glassa di miele; bevande zero-proof con adattogeni; cappuccino tiepido con avena al basilico. Porzioni contenute e proteine in evidenza. Frequentavamo assiduamente quel posto quando eravamo studenti e quella era l'ultima volta che lì servivano il brunch. Dalla domenica successiva avrebbero restaurato il pranzo classico. Ci siamo ridotti all'ultimo, letteralmente, ha detto Viola, spezzando il pane come si firma un documento. C'erano voluti mesi di tentativi e rinvii dell'ultimo minuto. Turni trasparenti, orari limitati. Lo slalom dei ristoranti per uscire dal burnout Conversazioni e l’arrivo delle portate L'arredamento del locale era cambiato dall'ultima volta. Adesso promuoveva phoneless dining e i quiet minutes stavano per cominciare: quindici minuti senza trilli né chiamate in cassa. Silvia ha posato il telefono a faccia in giù e l'ha rigirato subito dopo. Ho visto sullo schermo una spruzzata di messaggi della madre. Va tutto bene, ha detto. Il cibo è arrivato impeccabile, in una gamma innocua di colori. Le conversazioni si sono disposte da sole, seguendo una cordialità competitiva. Dai tempi dell'università ognuno si è creduto il punto che tiene insieme gli altri. Cinque persone convincono che la precisione fosse un sentimento. Lo schermo del telefono di Silvia continuava a illuminarsi di notifiche da parte della madre. Viola ci ha raccontato della ristrutturazione di casa, poi siamo passati a Davide, che è stato assunto da una piattaforma di “transizioni digitali consapevoli”. Sembra un modo elegante per dire che aiuta le aziende a sostituire i dipendenti con l'Ia, ha commentato Luca, spostando il bicchiere di due centimetri. Per cambiare discorso, io mi sono lamentato di quanto sia difficile portare avanti la vita sociale da genitore e ho proposto un'app per incastrare gli impegni e trovare slot comuni più facilmente. Preferirei mangiare questa forchetta, ha risposto Viola senza alzare lo sguardo. Il cameriere è sfilato alle nostre spalle con passo leggero, come chi serve al funerale di un'abitudine passata di moda. Il volto di Silvia ha rivelato un'espressione di biasimo, voltandosi verso Luca. Scrittura sontuosa, ha detto, ma chi cazzo se ne frega? – e siamo parsi tutti sollevati dall'allentarsi della tensione causata dall'incertezza. Potremmo litigare. Ci siamo rinfacciati cose brevi: chi aveva cambiato città senza avvertire, chi aveva usato un contatto senza ringraziare, chi non c'era stato quella volta in ospedale perché stava lanciando un progetto. La cucina è luogo di rifugio per la comunità trans Cosa rivela il termine dei quiet minute Abbiamo alternato mocktail con ashwagandha a tè freddi botanici finché una campana ha annunciato la fine dei quiet minute. Ho afferrato il telefono di Silvia e l'ho sbloccato con la sua data di nascita. Erano foto. Il bambino con le mani nella farina. Il bambino con una scodella in testa. Il bambino con la faccia arancione di pasta al sugo. Silvia non ha detto niente. Io ho alzato il bicchiere e ho detto: brindiamo. [Missing Caption][Missing Credit]