Poche cose sono più tristi di un sequel di cui nessuno sentiva il bisogno perché la storia si era già esaurita al primo capitolo: il regista accetta di girarlo per pagare gli alimenti alla ex moglie, lo sceneggiatore si tormenta per trovare un’idea e ricomincia a bere, il produttore vuole un film diverso ma uguale ma che incassi più del primo, il pubblico rivuole lo stesso film ma non lo ammetterebbe mai, la critica odia a prescindere questa volgare mercificazione dell’arte. Finisce spesso malissimo a meno che non ti chiami Francis Ford Coppola e il film non sia Il padrino (i cui sequel Coppola nemmeno voleva fare, e il terzo sarebbe stato meglio non avesse mai fatto).

Ma viviamo nel 2020, un anno così stronzo che sicuramente il suo film preferito è Il padrino 3, quello talmente brutto che nemmeno la morte violenta della cagna maledetta originale Sofia Coppola nel finale riesce a rendere sopportabile: quindi dopo sei mesi rieccoci ad aspettare Lockdown II – l’ira di Conte, il sequel che nessuno vuole ma che già si annuncia sui nostri schermi, per poi essere cancellato e mandato direttamente in streaming su Disney+ a prezzi, appunto, da galera.

È imperativo non farsi trovare impreparati, ecco dunque qualche modesta proposta per sopravvivere al Quarantena-bis. (Nota per gli indignati professionali che hanno già pronta la lettera al direttore: «Non c’è che la mancanza di libertà a darti certe ventate di allegria» – Alain Delon ne La prima notte di quiete, 1972).

Leggere i giornali

Leggere i giornali. Certo, è importante informarsi e sostenere la stampa libera e pluralista, e combattere le fake news e tutte quelle alate cose che si dicono negli ottocento Festival del Giornalismo che si tengono annualmente in Italia perché i giornali non si vendono più e perciò bisogna rimediare coi tour. Io invece vi consiglio di leggere i giornali perché, coi teatri in sofferenza e con questa botta di visibilità che non avevano da decenni, essi sono il nuovo avanspettacolo. Solo nelle ultime 48 ore si sono viste cose come «Il Covid non ferma la Democrazia Cristiana», «Niente feste in corsia e panzerotti in sala operatoria: la Puglia corre ai ripari», e soprattutto Eugenio Scalfari che ci informa di aver discusso «molto a lungo» con Giuseppe Conte sulla morte del Sole (la stella, non il quotidiano). E voi ancora a condannare film di Vanzina sul lockdown.

Candidarsi

Candidarsi a sindaco di Roma. Con gli sport di contatto ormai fuorilegge, l’unico torneo di lotta nel fango che resta è quello per conquistare il Campidoglio. Virginia Raggi – ultima sincera democratica – ha dimostrato che chiunque può farcela, basta non avere idee e applicarle con rigore. Ma a Roma serve un nome forte, con solidi trascorsi politici e nessuna smania di protagonismo: infatti vuole candidarsi Massimo Giletti, uno che si fa paparazzare col giubbotto antiproiettile (ma forse abbiamo frainteso, si sa che i romani non sanno vestirsi). C’è pure Vittorio Sgarbi, spero per un ticket del narcisismo con Giletti. Per la quota “imbarazzo nel Pd” quasi certa la candidatura di Carlo Calenda, uno che passa venti ore al giorno a rispondere a chiunque gli dica buonasera su Twitter. Insomma abbiamo il vuoto cerebrale, la megalomania e il troppo tempo libero: l’identikit del 99 per cento degli italiani. Iniziate a cercarvi uno slogan, già vi vedo con la fascia tricolore. E ricordatevi degli amici.

Il Codacons

Farsi denunziare dal Codacons. L’Associazione per la difesa dei diritti dei consumatori ricorda le migliori sceneggiature di Black Mirror: una bella idea che lentamente va fuori controllo e si trasforma in un incubo senza uscita. Il Codacons vuole difenderci ad ogni costo, ma solo da cose cui nessuna persona sana di mente presterebbe un secondo di attenzione. Quando non diffama vaccini e 5G, eccolo denunziare Elton John perché non porta la mascherina a Capri, Carlo Calenda perché avrebbe finti follower, Ronaldo perché guadagna troppo, Chiara Ferragni perché osa apparire in tv e farsi fotografare vestita da Madonna. Insomma, il Codacons è il migliore press agent che si possa desiderare: fatevi notare con una cazzata qualunque, farà di voi una stella nei migliori tribunali di Hollywood.

Le televendite della Ferragni

Capire Chiara Ferragni. Col lockdown potremo finalmente dedicarci a sondare uno dei più grandi misteri di questo decennio. No, non che lavoro faccia, quello è chiarissimo: fa le televendite, con Dior al posto del cambio Shimano. Il mistero è come possa essere diventata l’italiana più famosa della terra una che fa sembrare Patrizia Rossetti Marina Abramovic. Nessuno al mondo è più noioso di Chiara Ferragni. Persino il documentario sulla sua vita – la vita di una bella ricca e famosa, non a caso il Codacons rosica – sembrava montato con gli scarti del pre-diciottesimo di mia cugina di Avellino. Esistono solo due modi per rendere interessante questa ragazza lombarda con i suoi milioni, i suoi viaggi esotici e le sue belle vocali strette e padane: che un nuovo Arbasino le scriva intorno il prossimo La bella di Lodi. O che si candidi a sindaco di Milano battendo Beppe Sala sulla sua stessa piattaforma politica: le stories da Ibiza con Ghali e Fedez.

Leggere cosa?

Un buon libro. Avremo finalmente tempo per leggere. Ma leggere cosa? Il sogno bagnato di ogni scrittore del 2020 è scrivere il Grande Romanzo su lockdown e virus, ma provateci voi a creare La montagna incantata o La Peste coi personaggi che stanno tre mesi sul divano a mettere i like a Chiara Ferragni. È sicuramente un caso che qualche scrittore italiano abbia dato alle stampe un’opera sul tema ignorata anche dai congiunti, ma Don DeLillo abbia fatto cancellare ogni riferimento al Covid-19 che l’editor aveva pur provato a imporgli nel suo libro in uscita a fine mese. Del resto tutti ricordiamo gli immortali capolavori letterari nati dalla Spagnola cento anni fa. No, noi lettori forti abbiamo una sola speranza: che esca finalmente il leggendario reportage su Bibbiano di Alessandro Di Battista, prefato dai bambini del ridente comune, ormai laureati. Ma Dibba ha subito messo le mani avanti: «Non sono Hemingway ma sono un po' pasoliniano», ha dichiarato. E anche lì nessun nuovo Arbasino con la risposta pronta: «Quindi non si spara ma le piacciono i ragazzini?».

Le serie

Fare binge watching. Le serie tv sono la nuova letteratura, come piace dire a chi non vede una serie dall’ultima puntata dei Soprano, trasmessa tredici anni fa. Nel frattempo la qualità è crollata e la quantità ha superato ogni fabbisogno umanamente sostenibile. Ma vi segnalo le due serie di cui tutti stanno parlando: Emily in Paris (Netflix) e We are who we are (Sky). Ce le hanno vendute come puro escapismo, la prima una commedia sentimentale, la seconda un toccante romanzo di formazione. Ma hanno invece un altissimo valore civile: basta guardarne una puntata per capire che i protagonisti hanno una grave forma di ritardo mentale e che per il loro bene mai e poi mai sarebbero dovuti uscire di casa. Sono le migliori pubblicità progresso a favore del lockdown che abbia mai visto.

Negazionismo

Diventare negazionisti del Covid. Quando niente funziona la risposta è solo una: negare la realtà. Pensate che sollievo, diventare fan dell’icona no mask Enrico Montesano come se fossimo nel 1973 – bei tempi, ti sparavano per strada ma almeno potevi uscire. E in quei trenta secondi in cui Chiara Ferragni non prova a venderci un materasso su Instagram poter fieramente combattere questo grave oltraggio alla democrazia twittando #DittaturaSanitaria. Perché è chiaramente tutto un complotto per toglierci la libertà e renderci schiavi delle Asl. Asl cui devi telefonare ottantacinque volte per prenotare un tampone e implorare un tracciamento e che non ti si fila nemmeno se nonna vira ormai al blu di prussia. Insomma le famose dittature nelle quali devi inseguire gli squadristi per farti arrestare e loro comunque risponderanno «ha provato il paracetamolo?».

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