4 luglio 1187, Tiberiade, primo pomeriggio, 35 gradi all’ombra, se avete la fortuna di trovarla. Si è da poco conclusa la battaglia di Hattin, i soldati cristiani che difendevano il debole regno di Gerusalemme sono stati massacrati dall’esercito del Saladino. Tra i pochissimi sopravvissuti a quella mattanza c’è proprio il re di Gerusalemme, Guido di Lusignano, che viene condotto nella tenda del sultano d’Egitto; è avvilito, stravolto dalla fatica e assetato, terribilmente assetato.

Guido, come tutti i suoi soldati, non beve da due giorni e, quando si trova davanti il Saladino, quasi si augura che la cosa si risolva alla svelta: un colpo di spada sul collo e la testa che rotola ai piedi del suo terribile nemico. Ma quello, non solo non lo fa decapitare, ma addirittura gli offre da bere: acqua freschissima, anzi proprio fredda. Guido non capisce, probabilmente pensa che sia una specie di allucinazione dovuta al sole rovente e alla stanchezza, ma poi vede che il Saladino estrae l’acqua e la frutta che gli porge da una cassa piena di ghiaccio; non è un’allucinazione, è una palese ostentazione di potenza ed efficienza da parte del comandante dell’esercito musulmano.

La scomparsa della neve

Guido di Lusignano, da classico nobile francese del XII secolo, nemmeno si immaginava che il ghiaccio e la neve potessero essere conservati in inverno e trasportati in estate nei luoghi più caldi a ristorare gli uomini con la gola arsa dal sole. Questi lussi, un tempo diffusi anche nel mondo romano, ormai erano scomparsi da secoli e quindi completamente dimenticati. Il declino dell’Impero romano d’occidente, le invasioni barbariche e la difficile convivenza fra culture e sistemi politico-istituzionali differenti, infatti, provocarono, nel mondo latino, una trasformazione profonda anche negli usi e nei costumi, tra il III e il VI secolo d.C. Tale trasformazione, invece, non avvenne, o avvenne in misura minore, nel mondo bizantino.

In oriente, il mantenimento di un livello di ricchezza elevato, la sopravvivenza di strutture burocratico-amministrative, del tessuto artigianale e commerciale e la sostanziale continuità culturale, permisero di conservare l’assetto dei consumi di lusso sia dal punto di vista quantitativo, sia, soprattutto, dal punto di vista qualitativo.

Le cose inizieranno a cambiare solo negli ultimi due secoli del basso medioevo, quando, soprattutto in Italia, il livello di ricchezza conoscerà un primo forte incremento e il processo di urbanizzazione sarà ormai consolidato ed entrambi questi fattori finiranno per permeare anche il nuovo regime di consumi alimentari che si andava formando.

Ma tutto questo, il povero Guido di Lusignano, che sarebbe morto a Cipro solo qualche anno dopo la battaglia di Hattin, non lo potrà mai sapere.

Il medioevo occidentale

Ice cubes falling underwater (Ikon Images via AP Images)

Il processo di dissolvimento del tessuto economico e sociale del mondo latino iniziò ben prima del fatidico 476 d.C., anno tradizionalmente indicato come l’ultimo dell’Impero romano d’occidente. Alcuni elementi che caratterizzavano la società e la cultura del mondo romano, infatti, non scomparvero in maniera repentina e traumatica, ma caddero in un lento disuso per poi giungere al completo oblio. È il caso delle terme, ad esempio, che iniziarono a essere meno frequentate già nel IV secolo d.C. con la conseguenza di una sempre minore manutenzione, fino all’impossibilità di far funzionare questi complessi: le terme giocavano un ruolo importante nel sistema di raccolta e approvvigionamento della neve, almeno per quel che riguardava i principali centri urbani. Il fatto che queste strutture non fossero più in grado di generare una domanda di neve di una certa entità, ovviamente, provocò un primo forte rallentamento di queste attività. È chiaro, però, che anche le trasformazioni sociali e culturali furono fattori importanti nel determinare il completo abbandono dell’uso della neve anche a scopi conviviali.

Già Tacito, nel I secolo d.C., sottolineava la sostanziale diversità nel rapporto con il cibo tra le élite latine e quelle germaniche. In particolare notava la totale assenza di gusto per le “raffinatezze culinarie” dei popoli che vivevano oltre il Reno. I barbari, quindi, non conoscevano l’uso della neve come ingrediente fondamentale per dolci particolarmente rinomati.

Se le notizie sul commercio della neve sono sporadiche e discontinue per quanto riguarda l’antichità, con l’inizio del medioevo scompaiono del tutto. I motivi di questo silenzio sono già stati elencati e non può quindi sorprendere che in quel contesto economico la fruizione di un bene di lusso come la neve fosse caduta del tutto in disuso.

Sicilia e penisola iberica

Esiste sicuramente un’area, o per meglio dire un’isola, dove la raccolta della neve non sembra essersi interrotta, nemmeno nei secoli bui dell’alto medioevo: la Sicilia. È probabile che a determinare questa singolare continuità abbia influito anche la presenza araba, al pari di quanto avvenne, ad esempio, nella penisola iberica.

Nella Sicilia medievale si ha testimonianza di un atto di donazione che Ruggero I di Sicilia (1031- 1101, primo Gran Conte di Sicilia) fece a favore del vescovo di Catania nell’anno 1092, solo un anno dopo la conquista Normanna dell’isola, nel quale, tra le altre, vi era anche la concessione dello sfruttamento dei fondi sui quali veniva raccolta la neve.

Testimonianze inerenti al commercio della neve durante il periodo medievale giungono anche dalla penisola iberica. Vi sono vari documenti e libri di cucina che trattano il consumo della neve. Basti pensare a uno dei piatti ancora oggi tipici di molte regioni iberiche, il gazpacho, una zuppa fredda che viene e veniva servita spesso con cubetti di ghiaccio, le cui origini, risalgono probabilmente al VII secolo d.C.

Il ruolo dei crociati

A riportare con meraviglia quanto il consumo della neve e del ghiaccio fosse d’uso comune nel mondo islamico furono i crociati. Numerosi, nei racconti storici, sono i riferimenti a questa stranezza ed è certo che nel mondo musulmano risultasse normale usare la neve e il giaccio per raffreddare le bevande.

Il viaggiatore iraniano Nasser Khosrau, a metà dell’XI secolo, riferisce che “è di norma consegnare ogni giorno al cospetto del sovrano quattordici carichi di cammello di neve”.

Anche in epoca precedente le crociate il consumo della neve e del ghiaccio era frequente nei paesi orientali: in un papiro risalente al IV secolo d.C. sono state riscontrate informazioni inerenti al commercio di questi prodotti provenienti sempre dal Libano. Questi venivano trasportati via mare in maniera probabilmente occasionale, ma non certo sporadica anche se la documentazione non ci permette di parlare di un’attività strutturata e stabile.

Se questa era la situazione nel vicino oriente, non è nemmeno da escludere che siano state proprio le crociate, mettendo a contatto culture e modelli di consumo diversi, a creare almeno in parte le condizioni per una ripresa dei consumi di neve e di ghiaccio anche in Europa occidentale.

Quello che è certo è che il consumo di neve conosce un costante incremento a partire dalla seconda metà del XIII e l’inizio del XIV secolo. Tale ripresa risulterà in un primo momento più evidente nell’Italia centromeridionale e solo successivamente questi nuovi lussi si estenderanno anche nei ricchi centri urbani della Toscana e della Pianura Padana.

Questa lenta ma progressiva espansione porterà a una serie di cambiamenti di carattere tecnologico, economico, culturale e anche normativo che vedranno la penisola italiana come una sorta di laboratorio nel quale verranno anticipate le trasformazioni che solo con un certo ritardo si registreranno nel resto d’Europa e poi in America.

Il testo è un estratto del volume di Alberto Grandi, L’incredibile storia della neve e della sua scomparsa (Human Ecology, 2022)

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