Difficilmente Manlio Rossi-Doria, il grande meridionalista scomparso nel 1988, avrebbe potuto immaginare che la sua definizione di «terra dell’osso» coniata per le terre del sud interno povero – in contrapposizione alla terra «della polpa», la fascia costiera ricca e pianeggiante, inurbata e meta di tanti che fuggivano e fuggono dalle colline e dagli Appennini – avrebbe potuto ispirare il talento e la fantasia visionaria e lungimirante di un artista quale Vinicio Capossela.

È avvenuto con la nona edizione dello Sponz Fest all’osso, che termina oggi, 29 agosto, in Alta Irpinia (Avellino), e che proprio oggi vedrà anche uno spazio importante dedicato alla poesia.

Per volontà del direttore artistico, il Centro di documentazione sulla poesia del sud ha organizzato per questa mattina la manifestazione I poeti meridiani, da Tricarico all’osso irpino, con la nostra partecipazione e del giornalista Gianni Festa (piazzale della chiesa di San Leone, Cairano, Av, ore 11.00).

Parteciperanno al reading i poeti meridiani Monia Gaita, Antonietta Gnerre, Claudia Iandolo, Vera Mocella, Emanuela Sica, Rossella Luongo, Domenico Cipriano, Alfonso Attilio Faia, Libero Frascione, Nicola Guarino, Alessandro Di Napoli, Salvatore Salvatore, declamando poesie proprie, in italiano e dialetto, con brevi omaggi al poeta di Tricarico, Rocco Scotellaro, mito e ispiratore della poesia meridionalista e meridiana del secondo Novecento e dei primi decenni del Terzo millennio.

Rocco Scotellaro

Il passaggio da Manlio Rossi-Doria a Rocco Scotellaro è scontato, visto il profondo e forte legame, che il meridionalista ebbe con il poeta-sindaco di Tricarico. Proprio grazie a Rossi-Doria e a Carlo Levi la poesia di Rocco poté essere conosciuta dal vasto pubblico ed essere oggetto di una serrata discussione che negli anni ’50 vide protagonisti, oltre ai citati amici-maestri, anche Mario Alicata, Carlo Muscetta, Giorgio Napolitano, Vittore Fiore, Alberto Asor Rosa.

Scotellaro è poeta dell’osso anch’egli, dell’osso lucano così affine a quello irpino, terra di emigrazione e lotte contadine, di esodi e ritorni, di terremoti e agricoltura di sussistenza. Ed è terra della poesia.

Così, coniugando terra, impegno meridionalista e poesia, gli autori di oggi rifletteranno sul destino del sud e dell’Italia interna, quella dei piccoli paesi, sul destino della Madre Terra, troppo spesso oggetto di sfruttamento e non di rispetto, nell’èra dell’antropocene.

Letteratura del sud

Il Centro di documentazione sulla poesia del sud, tra l’altro, da quasi un ventennio è impegnato in una costante attività di valorizzazione della letteratura lontana dalle grandi case editrici e che stenta a farsi conoscere e a essere apprezzata adeguatamente. Ed è impegnato – crediamo – in una meritoria testimonianza contro la “damnatio memoriae” della letteratura del sud del pieno ‘900.

In particolare il Centro ha più volte chiesto la modifica delle «indicazioni nazionali» per i licei che, a proposito dell’insegnamento della letteratura italiana, elenca 17 autori, tra i quali non compare nessun meridionale e una sola donna, Elsa Morante.

Ecco il testo ministeriale: «Dentro il secolo XX e fino alle soglie dell’attuale, il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un’adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, …). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, P. Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello …). Raccomandabile infine la lettura di pagine della migliore prosa saggistica, giornalistica e memorialistica».

Tralasciamo la discussione sulle «indicazioni nazionali», per la quale rinviamo ai tanti nostri saggi, e che, occorre dirlo, sono una traccia, ma non sono prescrittive per le scuole e per i docenti, che possono applicarle liberamente, in base all’autonomia scolastica e alla discrezionalità e libertà professionale.

Tuttavia, ci siamo sempre chiesti se sia giusto offrire un elenco, che possa apparire omissivo nei confronti della cultura meridionale. E ci siamo chiesti come sia accaduto che, nell’arco di tempo che comprende un intero secolo, non siano stati degni di citazione autori nati a sud di Roma – neanche scrittori o poeti di fama come, ad esempio, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini, Leonardo Sciascia, Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli, Alfonso Gatto, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Giuseppe Marotta, Eduardo De Filippo, Grazia Deledda, Corrado Alvaro, Francesco Jovine, Ignazio Silone, il meridionale di elezione Carlo Levi. E ci siamo chiesti anche del perché della citazione della sola Morante.

Il divario nord sud

Rispetto alla letteratura meridionale, le cause sono molteplici. Innanzitutto, ragioni di tipo economico – quali l’assenza di case editrici che possano contare su ingenti capitali –, accanto ad altri fattori quali, ad esempio, l’assenza di giornali ampiamente diffusi e autorevoli, di settimanali o emittenti televisive, che possano veicolare a livello nazionale le “voci del sud”.

Oggettivamente, chi vive in una città del nord o del centro d’Italia ha più possibilità di entrare in contatto con le case editrici e i media che contano, e perciò ha maggiori possibilità di valorizzare la propria produzione letteraria. D’altra parte, spesso le antologie poetiche, che raramente accolgono autori del sud nelle loro “ghirlande”, sono frutto di scelte legate a pochi centri culturali, a pochi consulenti editoriali, che condizionano le selezioni, privilegiando – come del resto può essere naturale – amici o scrittori “vicini” dal punto di vista anche geografico.

Infatti, è stato documentato da numerosi studiosi la sproporzione geografica tra i poeti del nord e quelli del sud presenti nelle antologie dedicate alla poesia italiana del Novecento.

Si può aggiungere che una certa ostilità nei confronti della cultura, che arriva dal sud (soprattutto a partire dagli anni Ottanta), compresa una altrettanto esplicita ostilità nei confronti del pensiero meridionalista, non ha giovato a una giusta comprensione della letteratura meridionale, che si è caratterizzata, a partire dal secondo Novecento, per il suo impegno civile e per il suo profondo legame con la “civiltà contadina”.

La cultura rurale

La cultura rurale del sud, d’altra parte, in contrapposizione con la cultura urbana del centro-nord, era ritenuta espressione di un mondo arcaico, che il boom economico aveva condannato al passato della nazione.

Portiamo un esempio autorevole. In un libro per più versi importante nella storia culturale italiana del secondo Novecento (Scrittori e popolo), Alberto Asor Rosa, passando in rassegna il pensiero meridionalista e la letteratura ispirata dalle istanze del sud d’Italia, bolla di populismo tutto questo importante filone della nostra storia nazionale. Sintetizzando curiosamente questa tradizione, che attraverso Francesco De Sanctis arriva a Gramsci, passando per il meridionalismo “classico” di Fortunato, Salvemini, Dorso e Tommaso Fiore, Asor Rosa conclude, sottolineando in corsivo la frase: «Il male, che il meridionalismo può aver fatto al movimento operaio nel suo complesso, è difficilmente calcolabile».

Dalla condanna politica, netta ed esplicita, si passa a una liquidazione franca e diretta della letteratura derivata da tale pensiero: «Sul piano letterario esso ha significato, nove volte su dieci, arretramento della linea polemica, ulteriore rafforzamento delle tendenze folkloristiche e locali, intensificazione, per quanto riguarda le questioni del gusto, della lingua e dello stile, di smaccati provincialismi e dialettalismi. È vero che un paese e una letteratura si portano sfortunatamente dietro l’eredità delle proprie arretratezze; è vero però anche che il genio di un ceto intellettuale si rivela spesso nella capacità di saltare le costrizioni oggettive, a cui lo si vorrebbe inchiodare, inventando esso stesso le condizioni per un discorso profondamente innovatore, per un discorso d’avanguardia».

La poesia impegnata

Infatti, nella condanna generale nei confronti della poesia del sud un posto non secondario è occupato dalla “damnatio memoriae” della poesia neorealista, realista o impegnata, che a partire dagli anni Sessanta ha visto contendersi la palma di maggiore detrattrice, per opposte ragioni, tanto la critica letteraria di sinistra quanto quella moderata e conservatrice. Dopo quasi undici anni dalla promulgazione delle “indicazioni”, qualcosa sta cambiando.

Una nota del ministero dell’Università e della ricerca (Miur) del 23 dicembre 2019 ha apportato una novità. Infatti, in questo scarno documento il ministero invitava le scuole secondarie di secondo grado di tutta Italia ad «approfondire (…) lo studio della vita e delle opere di autori nati in regioni del sud Italia e di autrici italiane, poiché non sempre adeguatamente rappresentati nella sezione dedicata alla lingua e letteratura italiana delle “indicazioni nazionali per i licei”, approvate con decreto interministeriale n. 211/2010».

Il Miur, pur ribadendo che le «indicazioni nazionali» non sono prescrittive e che ogni istituzione scolastica può progettare il proprio curriculum anche attraverso il Piano triennale dell’offerta formativa, ha accolto il punto di vista, che il Centro di documentazione sulla poesia del sud – attraverso chi scrive, insieme a Gianni Festa, Alessandro Di Napoli, Raffaele Stella, Alfonso Nannariello, Salvatore Salvatore, Franca Molinaro, Raffaele Stella, Alfonso Attilio Faia e tanti altri –  è andato sottolineando in questi anni, ormai dal lontano 7 ottobre 2010.

Adesso si attende il passaggio decisivo, ovvero la modifica delle «indicazioni nazionali».

Paolo Saggese è direttore del Centro di documentazione sulla poesia del sud

Giuseppe Iuliano è presidente del Centro di documentazione sulla poesia del sud

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