La sera del 7 maggio è una sera piena di eventi: Mario Adinolfi e Dino Giarrusso sono sbarcati in Honduras, insieme ad altre glorie dello spettacolo italiano, per la nuova edizione dell’Isola dei Famosi.

Contemporaneamente, Rai 1 trasmetteva la nostra notte degli Oscar sciuè sciuè, la cerimonia dei David di Donatello, il primo, e forse ultimo, momento della storia dell’uomo in cui Kylie Jenner e Nanni Moretti si sono trovati nella stessa stanza per qualche ora.

Mentre ex politici dalla carriera cinematografica e stelle del cinema italiano con piglio politico si contendevano lo scettro dello share, il gabbiano del conclave conquistava internet con la sua sola irremovibile presenza accanto al caminetto della fumata, aggiungendo altra suspense alla situazione già tesa. «Si sa qualcosa del nuovo papa?» chiede Davide Calgaro dal palco, alla fine del suo spettacolo. «Nera!» urlano dalla sala, lui strabuzza gli occhi in un’espressione stupita, «Non solo nero ma pure donna!», dice, e la sala ride di gusto.

Si dice che non è buona usanza trascrivere le battute dal vivo dei comici che fanno stand up, o i monologhisti, come li avremmo chiamati quando il papa era Wojtyla, l’Isola dei Famosi un programma di Simona Ventura e i David un evento trasmesso sulla stessa rete del reality della sopravvivenza tropicale, Rai 2 – anche vent’anni fa però c’erano Ozpetek e Pupi Avati a dominare la scena.

Per questa volta però possiamo fare un’eccezione, anche solo per la straordinarietà della situazione in cui il comico milanese di 24 anni, quasi 25, si è esibito a Roma, nel mezzo della tempesta elettromagnetica che la schermatura della rete al Vaticano ha scatenato sui nostri smartphone.

Sempre nel cuore della capitale, una settimana prima ha preso luogo un altro grande evento rituale collettivo, le midterm elections di Sanremo, ossia il concertone del Primo Maggio, vero banco di prova della durata di una hit nata all’Ariston: il verdetto è stato lampante, Achille Lauro ha spopolato, in un tripudio di cori commossi e trasognati, o violenti e teneri come diceva Venditti, che hanno fatto da sfondo alla sua Incoscienti giovani.

«Ti cercherò in un vecchio film, per sempre noi incoscienti giovani» dice il Califfo del Tufello, ricalcando un antico clichè sempreverde, i giovani incoscienti, i giovani pazzi, i giovani bruciati, i giovani capelloni, i giovani che «signora mia, questi giovani d’oggi». Io guardo Davide Calgaro e penso che sia l’esatto opposto.

Precocità 

Nella breve chiacchiera che ci facciamo dopo lo spettacolo, Calgaro mi pare tutto tranne che incosciente: fa il comico da quando ha 15 anni, il suo battesimo di fuoco è stato Zelig e poi un film con Aldo, Giovanni e Giacomo, in altre parole la quintessenza della comicità di quelli che oggi chiamiamo simpaticamente boomer.

Mi dice che ogni tanto si è sentito usato come quota baby per via della sua precocità, molto nonnismo, tentativi di vestirlo come gli adulti si immaginano un ragazzo, colorato, attento ai temi dell’inclusività. Milano, che è la sua città, gli appare come l’opposto dell’immagine che vuole dare di sé, perché è esclusiva ed escludente, mentre il suo quartiere, che è anche quello della famosa catena di montaggio gaberiana, Baggio, rimane una roccaforte di autenticità, nonostante sappia bene che la metro porterà presto alla sua nolificazione, una specie tutta particolare di gentrificazione milanese sul modello Nolo.

Mi domando quanto ci sia di diverso tra me, una millennial, e lui, un perfetto Gen Z, nato col Millennium Bug, appunto, che sarebbe anche il nome del suo spettacolo. Cosa avranno di tanto eccezionale questi incoscienti giovani, con la testa china sugli smartphone, i pronomi nella biografia di Instagram e la fissa per la salute mentale; «a Milano se non vai dallo psicologo sei un figlio di puttana», dice Calgaro sul palco, e giuro che questa è l’ultima battuta che trascrivo, ma solo perché mi sembra più una denuncia.

C’è sempre qualcuno 

Mentre lo ascolto che rimbalza con grazia da un tema a un altro, passando da una parodia trap che cita Michela Murgia e prova ad aggiustare le storture misogine di un genere che torna utile ai salotti di Rete 4 per denunciare la perdizione delle nuove generazioni – e ancora, incoscienti giovani, ti chiamerò da un Autogrill – a un pezzo sul primo incontro traumatico con una commercialista, perché va bene essere imberbi ma l’Irpef prima o poi cade in testa a tutti,

Calgaro mi sembra che abbia molto chiara a sé stesso la sua età e i suoi limiti, nonché il suo posto nel mondo, che come quello di tutti i ventenni è ancora incerto, malleabile, acerbo, e per questo divertente, forse più da osservare che da vivere, ma insomma, sappiamo bene che tanto poi la situazione non migliora.

L’unica cosa che resta perfettamente identica, sia per i millennial che oggi hanno 30 o quarant’anni e ascoltano Achille Lauro, che di anni ne ha 35, giusto dieci in più di Calgaro, che per i ventenni di oggi che si domandano forse un po’ più di chi è venuto prima di loro quanto sia importante di parlare di temi come le molestie o la dipendenza dal porno, è che ci sarà sempre qualcuno più grande che ti darà dell’incosciente, anche se fai tutto giusto, pensato, tutt’altro che raffazzonato, men che meno «orfanelli alla roulette o a Las Vegas sotto un led». Poi una battuta sul papa la improvvisi pure, e se sei fortunato, come Calgaro nella serata sovraffollata di contenuti che è stata il 7 maggio, ti esce bene.

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