Dentro la scatola azzurra. Memorie da Amores Perros

In questa scatola azzurra vecchia e polverosa c’è una pila disordinata di fotografie. Non le guardo da venticinque anni. Ho pensato che potessero aiutarmi a ricordare per scrivere queste righe con maggiore chiarezza. Se state per leggere questo testo, sappiate che le cose non sono andate esattamente così. Il mio cervello, ora delle dimensioni di un’ostrica, riesce a fatica a organizzare quel mosaico di momenti. È come se provassi un “guacamole di sensazioni”, e invece di scrivere preferirei cantarlo. Per vostra fortuna, non posso cantare in un libro. [Missing Caption][Missing Credit] Certe immagini appaiono e scompaiono come lucciole che illuminano per qualche istante la mia memoria, una memoria inaffidabile. Gli eventi accadono e cessano di esistere. Ne rimane solo il ricordo. Gifuni: «Davanti allo sterminio di un popolo ogni azione non violenta è giustificata» Fatti e verità La memoria è sempre individuale, soggettiva e, come tutto ciò che viene intaccato dal tempo, effimera. Non c’è certezza nel ricordo. Fatti e verità sono cose diverse. Alla realtà non importa nulla della nostra “verità”. Un evento è uno solo, ma le verità sono tante quante le persone che le hanno vissute. L’unica verità valida che la memoria ha da offrire è l’impronta emotiva che l’evento ha lasciato in noi. Riprendo in mano le centinaia di fotografie 35 mm, in bianco e nero e a colori. Gael García Bernal, a cui hanno versato un secchio di latte sulla testa il giorno del suo compleanno, durante le riprese. Rodrigo Prieto, con i guanti in pelle, che impugna la cinepresa ARRI circondato da cani in una piscina vuota. Brigitte Broch che appende una foto di papa Giovanni Paolo II alla parete della cucina sul set, mentre Adriana Barraza e Vanessa Bauche provano la prima scena che abbiamo girato. Io e mia moglie María Eladia, ancora giovani, che ci abbracciamo euforici sulle poltrone dell’Espace Miramar appena viene annunciato che Amores Perros ha vinto il premio della Settimana della critica a Cannes. [Missing Caption][Missing Credit] Odori e suoni Più che la visione della scatola, sono gli odori che accendono i ricordi. Gli odori e i suoni di quel periodo. Riaffiora il fetore putrido della casa in cui abbiamo girato i combattimenti di cani. E trascina con sé l’immagine di una pistola che mi hanno puntato alla testa. «Brutto figlio di puttana, dammi tutto SUBITO, o ti faccio saltare la testa!» Durante un sopralluogo nel quartiere di Huichapan di Città del Messico, siamo stati aggrediti da una gang di ragazzi. Uno di loro, con gli occhi fuori dalle orbite, ha infilato il braccio nel finestrino aperto della macchina in cui stavo telefonando mentre la troupe scaricava le attrezzature per alcune riprese di prova. Con la pistola fredda puntata alla tempia, ho visto nello specchietto retrovisore che un altro aggressore gettava violentemente a terra Brigitte Broch, la nostra scenografa, mentre altri due aprivano il bagagliaio per rubarci l’attrezzatura. L’aggressore mi ha strappato con forza la catenina con il medaglione che portavo al collo. Gli ho dato subito l’orologio e il portafoglio. Sono uscito dalla macchina e gli ho detto di prendersi tutto quello che volevano, ma senza fare del male a nessuno. Hanno preso tutto: tutte le cineprese, tutti gli obiettivi, tutta l’attrezzatura; ma mi dispiaceva soprattutto per il medaglione. A prescindere dal valore materiale, significava molto per me sul piano personale ed emotivo. La buona notizia era che eravamo tutti sani e salvi. La cattiva era che quella casa fetida in quel quartiere pericoloso era di gran lunga la soluzione migliore trovata da Patricia Cano, la location manager. [Missing Caption][Missing Credit] Le trame verdi di quel minuscolo patio interno, insieme all’architettura improvvisata, squallida, povera e labirintica, realizzata con materiali casuali e disparati, erano esattamente ciò che avevo immaginato per girare le scene dei combattimenti tra cani. La trattativa Eric Tamayo, il direttore di produzione, ha trattato con il capo della gang, un trafficante di crack che controllava l’intero quartiere, perché ci lasciasse girare in pace in quella casa. Era una trattativa insolita e in cambio Eric ha offerto ai membri della gang ruoli da comparse. Jorge Guerrero, coordinatore delle comparse, ha persino convinto la madre del boss a partecipare al film. Appare nel ruolo della donna che vende birra durante i combattimenti di cani, e i nostri aggressori sono gli scommettitori. Erano felici di partecipare e di fatto sono stati piuttosto docili e collaborativi, anche se quando gli abbiamo chiesto di restituirci l’attrezzatura e il medaglione si erano già venduti tutto. Larry Casanova, l’addetto agli animali di scena, ha addestrato ogni cane del film per un anno intero e ha insistito affinché Emilio Echevarría, che interpreta El Chivo, li tenesse con sé per almeno tre mesi, diverse ore al giorno per tre giorni a settimana. [Missing Caption][Missing Credit] La prima volta in cui l’avevo visto, in un’opera teatrale intitolata Los perdedores e diretta da Daniel Giménez Cacho, Emilio aveva recitato tutta la parte dando le spalle al pubblico. Era su un ponteggio sospeso e dipingeva un cartellone pubblicitario mentre parlava con un bambino di nove anni, anche lui voltato di schiena. Alla fine dello spettacolo ho pensato che fosse la migliore esibizione di spalle che avessi mai visto! Com’era possibile che un attore risultasse così commovente solo con la voce e il corpo visto da dietro? La vera eredità di Robert Redford è l’amore per il cinema indipendente Nonostante nella vita reale fosse un dirigente di un’emittente televisiva, Emilio si è lasciato crescere i capelli e le unghie delle mani e dei piedi e ha passato mesi con i cani che lo hanno seguito per tutta la durata del film. Tra loro si è instaurato un rapporto molto autentico e intimo. L’associazione per la tutela degli animali ha monitorato attentamente il trattamento dei cani durante le riprese. Abbiamo usato tutte le cautele possibili in modo che nessuno si facesse male sul set: nelle riprese in primo piano dei cani che lo attaccano, Larry indossa lunghe maniche in cuoio di cavallo per proteggersi dai morsi, e per le riprese in campo largo dei combattimenti abbiamo legato al muso dei cani una lenza di nylon trasparente e quasi invisibile per evitare che si mordessero a vicenda. I movimenti della cinepresa e gli effetti sonori hanno contribuito a creare la sensazione di una violenza inaudita quando in realtà i cani stavano semplicemente facendo una sorta di judo canino. Uno dei tanti trucchi di magia cinematografica. Amo i cani e tutti gli animali, e il fatto che nessuno di loro sia rimasto ferito durante le riprese lo considero un motivo d’orgoglio del film. [Missing Caption][Missing Credit] Com’è potuto succedere? Ora c’è una foto scattata sul red carpet della cerimonia degli Oscar del 2000, in cui sono con Gael García Bernal, Vanessa Bauche, Goya Toledo, Guillermo Arriaga, Emilio Echevarría, María Eladia, Martha Sosa, Federico González Compeán, mamá (Luz María Iñárritu) e papá (Héctor González Gama). Sorridono tutti, in smoking e abito lungo. Circondato da attori e registi famosi, vivendo di persona una situazione che per tutta la vita avevo visto solo in televisione, ricordo di avere pensato: “Come ci sono arrivato? Com’è potuto succedere?”. Questo testo è estratto dall’edizione speciale del libro Amores Perros, copubblicata da MACK e Fondazione Prada, in occasione della mostra Sueño Perro: Instalación Celuloide de Alejandro G. Iñárritu, in corso alla Fondazione Prada a Milano fino al 26 febbraio 2026. Il libro offre un vasto approfondimento sul linguaggio visivo del film Amores Perros e il singolare processo creativo del suo autore includendo immagini di backstage, fotogrammi e storyboard. Il volume comprende un’introduzione di Miuccia Prada, presidente e direttrice di Fondazione Prada, un testo inedito di Alejandro G. Iñárritu e i contributi dei registi Walter Salles e Denis Villeneuve, dei saggisti Wendy Guerra e Jorge Volpi, del critico cinematografico Elvis Mitchell e del creatore degli storyboard del film Fernando Llanos.