intervista al regista

I classici dell’Ottocento e il punk, l’esordio folgorante di Giovanni Tortorici: «Rimpiango la serietà perduta»

Manfredi Marini nei panni di Leonardo Gravina in Diciannove
Manfredi Marini nei panni di Leonardo Gravina in Diciannove
Manfredi Marini nei panni di Leonardo Gravina in Diciannove

Il film Diciannove è un esordio raro, un racconto autobiografico di agre tenerezza. L’ingrediente centrale di questa ricetta è la cultura classica, alla base della struttura narrativa del film: «C’era questo piacere di studiare cose un po’ peregrine. Ero effettivamente sinceramente innamorato di quel modo di scrivere»

Raramente si è visto un esordio come Diciannove di Giovanni Tortorici. È quasi impossibile trasferire il sentimento di agre tenerezza che la storia – pienamente autobiografica – di un ragazzo appunto di quell’età ti inietta addosso. Con la naturalezza fintamente pacata di una mano registica che lascia stupefatti, per come si infila in un sentimento che abbiamo avuto tutti e che incredibilmente non era stato mai raccontato al cinema. Se non da episodi d’esordi della new wave mondiale di fine anni

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