È di poche settimane fa l’annuncio di un nuovo monumento per la città di Leeds, un memoriale del tutto diverso rispetto a quelli celebrativi dedicati a eroi e protagonisti di una storia scritta dai vincitori. Nel 2023 nella cittadina inglese verrà infatti svelata una scultura in memoria di David Oluwale, emigrato dalla Nigeria in cerca di fortuna e tragicamente annegato nel fiume Aire nel 1969, dopo una vita segnata da malattia mentale, miseria, razzismo e persecuzioni da parte della polizia. L’opera sarà realizzata dall’artista anglo-nigeriano Yinka Shonibare CBE RA, già nominato per il Turner Prize nel 2004.

Ri-costruire

La notizia è quanto mai importante poiché nei mesi scorsi abbiamo assistito all’abbattimento di diversi monumenti nel corso delle proteste del movimento Black Lives Matter. Tra i tanti: il 7 giugno 2020 a Bristol, nel corso di una manifestazione, un gruppo di attivisti ha deposto e gettato nel porto la statua di sir. Edward Colston (mercante di schiavi, tra le altre cose) eretta su un basamento nella via che porta il suo nome. Circa un mese dopo l’artista britannico Marc Quinn, con un blitz notturno installò al suo posto e senza autorizzazione una scultura (poi rimossa) dal titolo A Surge of Power (Jen Reid) 2020 raffigurante appunto Jen Reid, attivista che aveva preso parte alla deposizione della statua di Colston.

L’abbattimento dei monumenti non è una novità, vi si è assistito a più riprese soprattutto a seguito della caduta delle dittature, così come non è una sorpresa il fatto che storicamente l’arte sia stata anche (ma non solo) strumento di propaganda del potere. Tuttavia gli avvenimenti degli ultimi mesi non sono conseguenti alla caduta di un regime politico totalitario, stanno invece a indicare una presa di coscienza collettiva su scala globale che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica una questione con cui molti artisti contemporanei si confrontano da tempo: la visione occidentalocentrica del mondo e della storia dell’arte stessa.

Tra gli artisti che da sempre si sono occupati di approfondire i temi del colonialismo occidentale c’è proprio Yinka Shonibare, autore del futuro monumento di Leeds, nato a Londra e trasferitosi a Lagos all’età di tre anni per poi fare ritorno in Gran Bretagna negli anni della formazione accademica. Il suo stile inconfondibile deriva dall’impiego del tessuto batik africano con i tipici motivi ornamentali dai colori accesi, che è divenuto un simbolo identitario nel corso degli anni Sessanta.

Il paradosso della storia

Il richiamo a queste stoffe mette di per sé in evidenza un paradosso: il fatto cioè che queste hanno origine da una tecnica indonesiana impiegata poi nei Paesi Bassi e che nel XIX secolo venne esportata nelle colonie dell’Africa occidentale. Tra le opere più note di Shonibare c’è Gallantry and Criminal Conversation presentata a Documenta 11 nel 2002, qui l’artista creò una scena del Grand Tour del XVIII secolo (inteso come rito iniziatico per la giovane aristocrazia inglese) nella quale, sotto a una carrozza sospesa al soffitto, undici manichini senza testa, abbigliati con abiti d’epoca ma cuciti in tessuto batik africano, erano impegnati in atti erotici, con evidente scanzonato richiamo all’esotico.

Shonibare è inoltre autore di alcune opere per lo spazio urbano come le diverse edizioni di Wind Sculpture in cui la riproduzione di scampoli di tessuto sembrano sospese in aria, oppure la molto nota Nelson’s Ship in a Bottle esposta temporaneamente in Trafalgar Square a Londra nel 2010 sul Fourth Plinth. In questo caso le stoffe furono utilizzate da Shonibare per la realizzazione delle vele della riproduzione in scala e in bottiglia della HMS Victory, nave con cui lord Nelson partecipò alla battaglia di Trafalgar e che sancì il controllo britannico dei mari.

Per quanto riguarda il memoriale a David Oluwale il progetto dell’artista è ancora sconosciuto e verrà svelato nel corso di quest’anno. «Questa scultura», dice Shonibare, «sarà un simbolo di speranza, un promemoria quotidiano rispetto al nostro desiderio di valorizzare le vite di tutti e un luogo in cui le persone possano incontrarsi». In attesa di saperne di più constatiamo con ottimismo il fatto che questi temi stiano pian piano uscendo dalle sale di musei e gallerie per affacciarsi sulle strade e sulle piazze delle città.

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