- C’è qualcosa, nell’immaginario occidentale, che lega il dolore, l’acqua e le parole. Nella magia popolare italiana, l’acqua era usata per liberare dal male. Il primo bagno del neonato veniva fatto in acqua e vino, per rinvigorirlo.
- La storia di acqua e dolore si ripete in altri esempi. C’è l’acqua nei tarocchi, collegata al femminile, alla luna, all’emotività; il mito di Narciso che si ama e affoga; i fiumi infernali, Acheronte, Stige, Flegetonte, Cocito; la balena di Melville e il “Water water anywhere/ Nor any drop to drink” di Coleridge.
- C’è qualcosa che lega l’acqua, le parole e il dolore. Mi sono rivista da adolescente – sovrappeso e senza maschi, con gonnoni e corpetti neri, ancora incapace di ridere, scoprire la Wicca e le sue corrispondenze di colori, erbe ed elementi.
Quando avevo sei anni avevo inventato una magia. Esistevano barbie che cambiavano colore sott’acqua, sirene bellissime, e pensai di poter fare lo stesso. Sarei diventata carina. Immergevo la testa nella vasca per più tempo possibile – o sotto la doccia, in mare, nei fiumiciattoli – ed ecco fatto. Un trucco perfetto, pensai: i miei compagni avrebbero notato meno che non volevo indossare i pantaloni, ma solo vestiti giganti; che pettinarmi i capelli era fuori discussione; che avevo la panciotta e



