Donald Trump o Michael Scott? Se stai al gioco fai più bella figura

In una puntata di The Office (quello americano, lasciatemi stare), Michael Scott rientra in ufficio con indosso i vestiti zuppi, fradicio da capo a piedi. Dopo un maldestro tentativo di omissione, si scopre che è inciampato e caduto nel laghetto ornamentale nella lobby di un cliente. Usa, lo star system si ribella alla censura. Ma per i trumpisti «siamo solo all’inizio» Confronti validi La scena è stata ripresa dalle camere di sicurezza, i proprietari gli chiedono un risarcimento per la carpa koi che ha involontariamente schiacciato e ucciso e più Michael cerca di insabbiare l’incidente e si schermisce, più i colleghi lo sfottono per la figura barbina. Solo alla fine capisce che l’unico modo per interrompere le prese per il culo è smetterla di fare resistenza e partecipare allo scherzo. Michael Scott è, senza ombra di dubbio, uno dei più eclatanti cretini della televisione. È ignorante, arrogante, inopportuno, ottuso, un personaggio che se non fosse reso anche amabile dall’interpretazione di Steve Carell e dalla scrittura esilarante degli autori di uno dei migliori prodotti comici della storia (di nuovo, lasciatemi stare), sarebbe assolutamente detestabile. Rappresenta tutto ciò che c’è di male nel mondo e nello specifico in America, ma la sua caratterizzazione appartiene ad anni in cui la cosa peggiore che potesse capitare era che uno come lui fosse il tuo capo, non il tuo presidente. E invece esiste un quiz online che si chiama “Michael Scott o Donald Trump?” che fa scorrere una serie di citazioni molto stupide e di ognuna chiede di indovinare se sia un’idiozia detta dal primo o dal secondo. Non è per niente facile. Ho visto ogni stagione di The Office una manciata di volte, dovrei saperlo a memoria, e invece l’ambiguità tra i due è talmente evidente che persino io ho sbagliato diverse risposte (chiude il file, corre a iniziare un altro rewatch). Scott e Trump sono, in sostanza, la stessa ridicola persona, solo che una è fittizia, l’altra è il capo della prima democrazia al mondo. Una democrazia non proprio sanissima, va detto, nelle mani violacee di questo signore che sembra determinato a fare di tutto per guadagnarsi il titolo di “dittatore più scemo della storia”. In questi giorni ha deciso di fare fuori tutti i comici della televisione che lo prendono in giro o dicono cose che non gli stanno bene, a quanto pare ancora non edotto del principio, imparato persino da Michael Scott, che se stai al gioco fai più bella figura. Il caso Kimmel, i manipolatori della rabbia e la negazione del dissenso Le reazioni al caso Kimmel Invece Jimmy Kimmel, che dal 2003 conduce uno dei talk show più popolari della tv, è stato sospeso «a tempo indeterminato» dalla rete per i suoi commenti sulla morte di Charlie Kirk, prima di lui era saltato Stephen Colbert – erede dello slot serale di David Letterman e al momento ancora in onda, ma per poco – con vaghe motivazioni legate agli ascolti deludenti, e ora ci si chiede chi sarà il prossimo. Di sicuro vale la regola di cui sopra e gli americani, a cui si possono recriminare tante cose ma non che non sappiano cogliere l’occasione di far ridere, stanno reagendo come i colleghi di Michael Scott: tra indignazione, sketch e monologhi in difesa dei colleghi, i comici ancora in possesso del loro posto di lavoro stanno commentando il fatto senza remore. Persino Jimmy Fallon, il più gigione e paraculo degli host serali, ha fatto il suo bravo pezzettino sulla vicenda. Mi dispiace solo che non sia ancora ricominciato Saturday Night Live (che torna il 4 ottobre), dio solo sa quante gag ci avrebbe regalato questo fine settimana (intanto segnalo, tra quelli che mi hanno fatto più ridere, gli interventi di Seth Meyers, Jon Stewart e Stephen Colbert, tutti su YouTube). Certo Trump è abituato a mandare la gente a casa – «you’re fired», «sei licenziato», era la sua catchphrase di The Apprentice, il reality di cui era protagonista prima di diventare il leader del mondo libero (lol) – ma non li può far fuori tutti (cioè può, ma magari si distrae). A Trump piace il free speech, ma solo il suo. Abc licenzia Kimmel per le parole su Kirk Non siamo mica nel Nome della rosa: a meno che non decida di eliminarli fisicamente con un manoscritto avvelenato (tutto è possibile), sta solo regalando materiale a un gruppo di comici brillanti e benestanti, tutti dotati di una connessione a internet e, una volta disoccupati, di abbastanza tempo libero per produrre contenuti satirici gratuiti finché campano. Contenuti, che a differenza di un talk show dagli ascolti calanti e dal pubblico sempre più striminzito, avrebbero il grande vantaggio di essere accessibili a chiunque, nel world wide web. Cosa farà a quel punto? Chiuderà la dannata internet? (Tutto è possibile). Per adesso, oltre a cercare di eliminare la libertà di espressione dalla sua vita e dalla costituzione – che negli Stati Uniti sarebbe il primo emendamento, un dettaglio che viene sorvolato in favore del ben più gradito secondo, quello sul diritto di possedere le armi – sembra si stia scavando una fossa. Chissà se una risata lo seppellirà.