È più Eurovision Volodymyr Zelensky e Bruno Vespa che parlano di spaghetti e sole italiano (giovedì in tv a tarda sera) o la polifonia tradizionale esteuropea che i Kalush alternano al rap? «Cantami una filastrocca. Voglio sentire la lingua di dove sei nata». Eurovision entrambi. Di brutto.

Non è una novità: da vent'anni i cantanti ucraini buttano nella mischia del concorso il folk stilizzato d'èra sovietica (chi ricorda le Voci bulgare?), il turbo folk festaiolo e gangsteristico, il kitsch neomedievale da foresta dei Carpazi.

Ha iniziato Ruslana nel 2004 con Wild Dances, di oscura ambientazione fantasy. Ha vinto il festival. È sceso in piazza per Euromaidan. È diventata deputata. Nel 2016 a vincere è stata Jamala con una ballad di stile internazionale sulla deportazione staliniana dei tartari di Crimea (!). È scappata in Turchia lo scorso febbraio.

Confini musicali e non

L’altr’anno i GoA, stessa formula più sofisticati, hanno conquistato il voto italiano con Shum, un rito della primavera reinventato per i talent tv. Quest’anno erano al nostro concerto del primo maggio. C'è anche la curiosa storia di Alina Pash. Quest’anno avrebbe dovuto partecipare per l'Ucraina con una solenne evocazione delle “ombre degli antenati dimenticati”: mezzo rap, mezza ballatona. Ha rinunciato perché nel 2015 si è scoperto un suo viaggio in Crimea via Russia, imbarazzante e proibito.

Dai tempi del socialismo l’importanza politica e culturale della canzonetta nei paesi dell'est è spesso inversamente proporzionale al suo kitsch musicale. Nel bene e nel male. A noi lontani ascoltatori questo consola perché assolve le nostre passioni colpevoli. Ma non bisogna esagerare con l'orientalismo alla rovescia.

Il rumeno Wrs (figlio di ballerini folk), la clamorosa Ronela Hajati, purtroppo eliminata (ex bambina prodigio dell'Albania socialista, una delle ultime), entrambi ispirati dal folle reggaeton ispanico/balcanico che va per la maggiore da loro ci ricordano che ai confini est dell'Europa prendono forma da secoli anche le nostre fantasie più dissolute e fluide. E che i confini sono fatti soprattutto per essere superati.

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