La giornalista Francesca Fagnani ha portato sul palco di Sanremo le parole dei ragazzi del carcere minorile di Nisida. La giornalista ha letto dei dialoghi: «Vogliamo che la gente sappia che non siamo animali, non siamo bestie, non siamo killer per sempre, vogliamo che la gente ci conosca», ha detto citando i minori reclusi.

Hanno picchiato, hanno rapinato, hanno ucciso. Ma non hanno risposta sul perché lo hanno fatto. La risposta la vorrebbero avere «ma è inutile cercarla». Bisogna andare «alla vita prima». I loro occhi «chiedono aiuto senza sapere quale e a chi chiedere aiuto».

La scuola, ha proseguito, l’hanno abbandonata, ma nessuno li ha mai cercati, come i presidi, così come gli assistenti sociali «troppo pochi», e i genitori «Non ce l’hanno fatta».

La scuola

Agli adulti finiti in carcere per reati gravissimi, ha raccontato, ha chiesto cosa avrebbero cambiato della loro vita: «Quasi tutti mi hanno dato la stessa riposta. Sarei andato a scuola».

Lo stato, ha proseguito, non può esistere nelle aree più fragili del paese solo attraverso la fondamentale attività di repressione delle forze di Polizia. Lo stato dovrebbe combattere la povertà educativa ed essere più sexy della malavita. Il loro destino non è segnato per i minori, ma nel carcere degli adulti sì. In Italia «il carcere serve solo a punire il colpevole, non serve né a rieducare ne a reinserire» ha detto la giornalista, raccontando le condizioni terribili in cui vivono i detenuti: «Il giorno passa su un materasso sporco, in una cella dove si dovrebbe stare in tre, invece si è in cinque, dove si cucina nello stesso lavandino dove ci si lava i denti, sopra il water. Lo so perché l’ho visto».

Poi se l’è presa con «un autorevole magistrato»: «Quest’estate in un’occasione pubblica ha detto che il carcerato non deve essere toccato con un dito, soprattutto perché non deve passare per vittima. Ma non è come dice lei (ha detto rivolgendosigli direttamente). Non va picchiato per la ragione che dice lei, per non consentirgli di fare la vittima. Non va picchiato perché lo stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della violenza, che appartengono alle persone che lei, giustamente, arresta». Bisogna fare in modo che chi entra in carcere ci esca meglio di come è entrato. Se non per civiltà, per umanità e dell’articolo 27 della Costituzione, per egoismo: «Conviene a tutti che quel rapinatore, quello spacciatore, una volta fuori cambi mestiere».

© Riproduzione riservata