Addio alle gemelle Kessler, indivisibili anche nella morte

Sogno, desiderio e felicità, questo furono per milioni di italiani le sorelle Kessler, Alice ed Ellen, nate in una cittadina della Sassonia, Nerchau e ritrovatesi bambine dentro l’incubo falsamente democratico della dittatura comunista della Germania dell’est, da cui però riuscirono fortunatamente (e avventurosamente) a fuggire per intraprendere una carriera che dalla Germania Ovest le avrebbe portate a Parigi per poi ottenere il loro primo successo televisivo in Italia con Giardino d’inverno. Dodici puntate a partire dal gennaio del 1961 mandate in onda sull’unico canale Rai del tempo. Giardino d’inverno fu un varietà innovativo e dal sapore internazionale tanto che comprendeva oltre alle Kessler anche la presenza in qualità d’intrattenitore del cantante francese Henri Salvador, mentre la conduzione era affidata al Quartetto Cetra – all’apice della carriera – e come ospite fissa comprendeva per la canzone italiana una straordinaria e già affermata Ornella Vanoni. Le più amate dagli italiani Le sorelle Kessler furono le più amate degli italiani prima e più di Lorella Cuccarini e di Heather Parisi che successivamente, negli anni Ottanta si sarebbero contese il ruolo di prima ballerina della televisione italiana. Ruolo che dopo di loro nessuno avrebbe più avuto con tale efficacia e audience complice anche il declino dei varietà come contenitori del sabato sera italiano. Quindi le Kessler rimasero saldamente sempre nella memoria degli italiani, decennio dopo decennio in quanto anche sorelle gemelle. Un segno distintivo non banale, un’evidenza di sorellanza che non celava frustrazioni e invidie, ma un affetto reciproco assoluto che si rivela anche in un legame che fino all’ultimo è rimasto saldissimo, senza mai alcuna possibile rivalità. Sempre insieme, fino all’ultimo giorno. E poi, fatto non da poco, erano due donne tedesche, figlie di una pacificazione che non viveva nella superficialità di due banali testimonial, ma nel corpo di due donne che era pienamente rappresentativo di un’Europa che proprio in quegli anni stava costruendo le basi di una pace continentale e duratura che è arrivata fino a noi. Scoppia, scoppia ci scoppia il cuor Boom italiano Anche per questo la loro morte porta il presagio di tempi ostili e la necessità urgente di una memoria rinnovata che abbia ben presente quale fu il costo e la fatica di quelle donne e di quegli uomini nel ritrovarsi nuovamente attorno a un tavolo per confrontarsi e darsi delle regole comuni e poi ovviamente per rilassarsi davanti a una televisione, ridendo, scherzando dopo giornate lunghissime trascorse a lottare e lavorare per una ricostruzione allora in rapida evoluzione. Furono anche loro il simbolo di un boom italiano che portava le persone a scendere in strada, ognuno con la propria sedia, per raggiungere il bar o l’osteria dove la televisione veniva vissuta come il cinema, quale rito collettivo e unitario di un paese poverissimo eppure capace di reagire anche con gioia ai propri limiti e ai propri problemi. Guidate dal genio visionario del regista Antonello Falqui – uno straordinario interprete del mezzo televisivo – e dalle coreografia di Don Lurio, italiano di New York, le Kessler videro spalancate le porte anche del cinema, della commedia all’italiana di Dino Risi nel capolavoro Il giovedì (a fianco di uno straordinario Walter Chiari) e nel film a episodi, quasi un omaggio alla Rai, I complessi con Alberto Sordi mattatore. Non manca al loro curriculum l’autorialità teatrale con Bertolt Brecht e anche qualche comparsata nel cinema americano. Ma resta l’Italia e la sua televisione il fulcro della loro carriera che arriverà fino a Canzonissima del 1969, edizione famosa per l’imposizione da parte della Rai democristiana di pesanti calze di nylon nere: gambe sempre in vista ma senza esagerare. La mitografia di Raffaella Carrà dalle ispirazioni hippy al pop Un noi intimo e privato Poco meno di dieci anni dura dunque la loro presenza nella televisione italiana, gli anni Settanta infatti vedono le loro apparizioni diminuire anno dopo anno, ma restano entrambe comunque fortemente nel ricordo degli italiani. Figure salde di una memoria del costume impossibile da dimenticare. Il loro successo resta così invariato negli anni che il numero di Playboy del 1974 – che le vede entrambe in copertina – registra un numero di copie vendute mai più superato, così come la loro apparizione nel 2012 in televisione come ospiti alle Invasioni barbariche di Daria Bignardi segna un imprevedibile picco d’ascolti. Le gemelle Alice e Ellen Kessler, tra gli ospiti della trasmissione ''La prova del cuoco'', legata alla Lotteria Italia, condotta da Antonella Clerici, presso gli studi della Dear a Roma stasera, 6 gennaio 2012. ANSA/ FABIO CAMPANAANSA Furono entrambe al centro, ovviamente, di gossip che allora si chiamava dolce vita e trovava spazio sulle pagine patinate dei rotocalchi e negli scatti dei paparazzi. I nomi erano quelli di Marcello Mastroianni, Umberto Orsini, Burt Lancaster ed Enrico Maria Salerno. Cinema, teatro e più in generale un mondo della cultura e dello spettacolo che ancora si rimpiange fortemente oggi in Italia. Segno di un sentimento – un po’ patologico – degli italiani da sempre più devoti alla nostalgia che alla ricerca di un futuro magari migliore. Ma il loro addio offre anche un risvolto che va al di là del ritratto di un paese povero, ma bello. Decisero infatti di tornare in Germania, di andare a vivere una a fianco all’altra a Grünwald, vicino a Monaco, lasciando alle spalle il passato e vivendo di una sorellanza affettuosa e discreta che dice molto dell’essere donne in un tempo in cui ancora è necessario ribadire una diversità e una libertà di pensiero così profondamente necessarie alla società e alle sue dinamiche. Furono elette le gambe più lunghe della televisione italiana, ma da subito dimostrarono ben altre qualità, lo fecero con discrezione e con una misura che stava ben alla larga da ogni vacua ambizione e da ogni ossessivo narcisismo, così tipico invece degli uomini che saltuariamente le avrebbero accompagnate. Sono morte a 89 anni, sole. Ma quell’essere sole contiene un plurale che indica ancora una volta un’essere strettamente e intrinsecamente insieme che vale tutta una vita. Un ritorno a sé che si qualifica splendidamente in un ritorno a un noi intimo e privato, delicato e profondamente vero. «È arrivato il da-da-um-pa. Da-da-um-pa, da-da-um-pa. Da-da-um-pa, da-da-um-pa. Con un cocktail di rugiada e gin dentro il calice di un fior», indimenticabili.