Quando Novak Djokovic ha messo la palla in rete dopo 4 ore e 42 minuti di partita, sul campo centrale di Wimbledon è come se avesse vinto pure Rod Laver - che resta ancora l’ultimo fenomeno ad aver fatto il Grande Slam, era il 1969. Hanno vinto pure Bjorn Borg e Roger Federer - gli ultimi con cinque Wimbledon di fila.
Ma ha vinto soprattutto questo meraviglioso ventenne, Carlitos Alcaraz, simbolicamente esploso proprio ora, mentre il tennis stava già diventando la terra della nostalgia, un deserto di lamentazioni e giaculatorie per quanto abbiamo perso. Alcaraz invece viene a dirci che tutto passa insieme al tempo e ai nostri eroi, ma tutto rinasce, c’è sempre una carezza da qualche parte nel futuro.
Tredici anni dopo il secondo e ultimo titolo di Rafa Nadal, a quarantasette dal primo di Manolo Santana, c’è uno spagnolo che nell’ultimo game ha giocato una palla corta, un pallonetto e una volée in allungo, tre colpi di polso e di mano sensibile, sotto la guida di un coach - Juan Carlos Ferrero - che a suo tempo odiava l’erba. È il terzo campione più giovane di sempre, qui, dopo Boris Becker e Bjorn Borg. Può bastare, per dargli già la patente del fenomeno.
È stata una delle finali più intense degli ultimi anni, in certi tratti anche fra le più belle - se riuscissimo a metterci d’accordo su cos’è la bellezza. È stata una partita che tra qualche anno potremmo trovarci a definire uno sparti-acque, il pomeriggio in cui finì un’era e se ne aprì una differente. Dal luglio del 2003 fino a quello scorso, sulla sacra erba di Londra avevano vinto solo i famosi Fab Four, Federer-Djokovic-Nadal più quell’Andy Murray contrastato nella sua gloria dagli infortuni che oggi lo mandano a spasso con due protesi alle anche. Un quartetto da 66 titoli complessivi di Slam su 79 in vent’anni, mentre stamattina siamo all’improvviso di fronte a questa nuova energia, capace di far suoi due degli ultimi tre grandi tornei giocati.
◉ scanner I NUMERI ► Nella stagione in cui compiva vent’anni, Novak Djokovic aveva appena fatto in tempo a vincere un paio di tornei Masters 1000 [Miami e Montreal] e aveva perso una finale a New York. A quella stessa età, Roger Federer non aveva nemmeno giocato una finale di un Masters 1000. Solo la precocità di Rafa Nadal, con due Roland-Garros e sei Masters 1000, può reggere l'urto con l’arrivo fragoroso di Alcaraz al vertice. Ha vinto Wimbledon con un’esperienza sull’erba di sole 17 partite in carriera. A parte Andre Agassi, che ne aveva giocate 13 prima del titolo 1992, si tratta di un’esperienza senza eguali. È l'ottavo tennista nella storia open capace di abbinare Queen's e Wimbledon nello stesso anno, un circolo ristretto nel quale si trova in compagnia di gente come John McEnroe e Jimmy Connors, Boris Becker e Pete Sampras. Prima del 21esimo anno di età, solo Mats Wilander con quattro, solo Borg e Becker con tre, avevano più Slam di lui. Le sue 29 settimane da numero uno sono già vicine alle cifre di un Ilie Nastase [40 settimane] o di un Gustavo Kuerten [43]. Dal gennaio del 2022 ha lasciato il suo marchio sul tennis con 104 partite vittorie su 121 [85,9 percento], come dire che è già quasi un Djokovic - che resta avanti nel bilancio con 75 successi su 87 [86,2%]. Alcaraz è arrivato sulla scena e non ci ha chiesto di dargli del tempo. Il tempo se lo è preso.
◉ panorama DICONO IN SPAGNA ► Stamattina la Spagna lo celebra, a cominciare da Toni Nadal, lo zio di Rafa e il suo ex allenatore. Nella colonna che periodicamente tiene su El Pais parla di ascesa incontrastabile, di “un cambio di epoca”, di una “esibizione memorabile”, carica di simbolismo per la forma, l'ambientazione e per il rivale che ha dovuto superare. “Carlos Alcaraz - scrive - è un acceleratore del tempo, l'ultimo grande virtuoso” capace di imporsi contro “un cartesiano”, così definisce Djokovic, il serbo che “non c'è un millimetro d'erba non controlli, né un colpo che non esegua con la massima precisione. Nole fa colazione, pranzo e cena a tennis. Vive di e vive per il tennis. Tuttavia, Alcaraz ha deciso di pulire la lavagna. È un robot, allo stesso tempo un artigiano. Un ragazzo che ama l'adrenalina e le sfide”,
| Orfeo Suarez su El Mundo lo chiama “il campione dell’ottimismo di cui noi spagnoli abbiamo tanto bisogno”. Una delle aziende più rinomate della sua Murcia lo ha fatto sedere a un tavolo per pubblicizzare salumi e prosciutti locali. “Tutto molto spagnolo - sottolinea El Mundo - sebbene lui sembri meno spagnolo nel carattere. Il motivo è la sua autostima alle stelle, il suo ottimismo unico in un Paese spesso tremendo e sofferente, capace di credersi migliore grazie allo sport, e non è la prima volta”. Un ragionamento che incrocia la campagna elettorale in corso, con il voto alle porte. “La fede nell'ottimismo lo ha tirato fuori dalla fossa. Prendiamone atto, noi spagnoli, ora che la campagna elettorale non fa altro che tirare fuori le nostre miserie da quel pozzo”.
In una mattina così, per la Spagna è naturale procedere per confronti con Nadal. Il tennis di Rafa è sofferenza, quello di Carlitos è sorriso. Ma la pagina di Nadal non è ancora voltata, con la prospettiva, o forse sarebbe preferibile dire l’ambizione, il sogno, di tornare ancora una volta al Roland-Garros nel 2024, e vincerlo.
| “Un nuovo regime” si spinge a scrivere Alejandro Ciriza ancora su El Pais, mentre sullo stesso quotidiano Manuel Jabois, firma della cultura, parla di “gioco clamoroso, una massa di colpi agli angoli del campo, un tornado di gambe. Il giovane ha portato il veterano in un territorio oscuro, dove ha perso il controllo del suo corpo, pura biologia, e della sua testa, pura psicologia”. Così, aggiunge Jabois, questo Alvaraz si è comportato alla maniera di “un bambino che mette il piede nella staffa della Storia, e vi sale”.
| “Il re Carlitos” dice in prima pagina As, uno dei quattro quotidiani sportivi del paese. Il vero re di Spagna era in tribuna a Wimbledon ieri pomeriggio, seduto di fianco alla famiglia della corona inglese. Alfredo Relano, veterano della stampa sportiva spagnola, il giornalista che vota per il Pallone d’oro nel calcio, racconta che Alcaraz ha ricevuto la coppa da Kate Middleton, principessa del Galles, “alla quale ha offerto un inchino meno riuscito di quello di Djokovic, molto più abituato di lui. Le occasioni per affinare il gesto non mancheranno, perché non sarà stata ieri, l'ultima volta in cui lo vedremo in una situazione del genere”. E giocando ancora sulle monarchie, Jesus Minguez dice: “God save the new king”. Anche Marca suona lo stesso spartito e in prima pagina titola, stavolta in spagnolo: “Dios salve al nuevo rey”. Laura Marta su Abc ripercorre la parabola del re bambino, dai giorni in cui faceva il raccattapalle fino a questa coppa sollevata sui nobili prati londinesi. “È l’epoca di Carlos” dice con certezza Sergio Hereda su la Vanguardia. Santi Nolla, direttore del Mundo Deportivo dice che “a 20 anni è sicuramente il più completo al mondo, per la sua varietà di colpi, la durezza e la capacità di concentrazione, per la sua capacità di cambiare uno scambio di missili con uno slice colpito vicino alla rete. È magico”.
Solo un giocatore ha saputo battere Alcaraz in carriera al quinto set, Matteo Berrettini, in Australia nel 2022. Negli ultimi 12 mesi, Carlitos ha perso in tutto 13 partite, tre contro Jannik Sinner. Se significa qualcosa, lo capiremo presto.
◉ pareri Mats Wilander ►Alcaraz ti ricorda qualcuno? «Mi ricorda Federer per la delicatezza del diritto, Djokovic per il rovescio e Nadal per la sua passione. È un pareri esempio di giocatore che ha imparato guardando. I tecnici non possono darti le cose naturali che apprendi guardando. È un tennista che finisce per generare dipendenza. La gente vuole vederlo giocare, vuole vederlo sorridere in campo. È sicuramente la cosa migliore che sia successa al tennis da molto tempo». - intervista di javier martinez, El Mundo
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