Grande fratello, ventimilionesima edizione. Temptation Island, centonovantesima. La Pupa e il secchione, versione milledue. I numeri, naturalmente, non sono quelli reali ma la percezione sì: a ogni inizio stagione, gli spettatori sobbalzano dal divano nell’apprendere che quel reality show torna ancora in tv. Quest’autunno, per esempio, il Grande fratello vip 5 si alterna a Temptation Island 9, occupando ben tre sere su sette in prime time, mentre su Mtv spopola Celebrity Ex on the Beach e Italia 1 attende la sua nuova edizione di La pupa e il secchione. Eppure, a dispetto di quell’ancora pronunciato alzando gli occhi al cielo, ci si ritrova immancabilmente a nutrire interesse per le vicende dei concorrenti rinchiusi, sedotti o esiliati di turno. Proprio quando pensiamo che non riusciranno mai a mettere insieme un cast migliore (cioè peggiore) di quello precedente, ecco che gli autori ci smentiscono clamorosamente, superando se stessi. Pardon, non gli autori ma i responsabili casting. La vera chiave del successo di ogni reality show risiede infatti nella delicata e difficile alchimia che nasce tra i concorrenti: è il cast, ossia l’insieme dei partecipanti, a determinare le sorti (d’ascolto) di un format. Non a caso il lavoro di ricerca dei volti è cambiato profondamente, acquisendo sempre più peso specifico.


Responsabile casting, si cambia

A Temptation Island, per esempio, è la stessa Maria De Filippi a seguire la selezione delle coppie che vogliono andare sull’Isola per mettere alla prova il loro amore: qui, come è noto, i due innamorati vengono separati e ognuno vivrà in un villaggio abitato da un nugolo di corteggiatori. La De Filippi, nella vesti di produttrice con la sua società Fascino, supervisiona i provini personalmente, confrontandosi con il team di autori. È un po’ quello che avviene anche a Ballando con le stelle: la conduttrice e direttrice artistica Milly Carlucci sceglie personalmente i concorrenti del noto talent show di Rai Uno, prodotto da Ballandi. Nelle realtà produttive più grandi, come per esempio Endemol Shine Italy, ogni programma ha invece un proprio direttore casting che a sua volta fa riferimento a un’unica persona: nello specifico, Debora Gatti. È lei a seguire e supervisionare tutti gli show del colosso. «Oggi il lavoro di casting è diventato un gioco di squadra: lo si fa sempre a quattro, se non addirittura a sei mani», spiega. Una volta l’iter di selezione era grosso modo il seguente: il responsabile casting faceva un lavoro di scouting, avanzava delle proposte agli autori, le confrontava con le loro, dopodiché si procedeva con i provini. Oggi invece è tutto molto più dialettico perché allo scouting si somma il lavoro di ricerca sui social, nonché la stessa personalità del conduttore che, se è forte, porta nello show il proprio gusto e il proprio mondo. L’esempio più eloquente è Alfonso Signorini: è in larga parte merito suo se la Casa del Gf Vip è diventata da Regno di Starlette in cerca di fama a Dimora di nomi noti. «In passato il peso del conduttore era diverso», ricorda Paolo Taggi, esperto di tv e autore di programmi cult come La talpa e le prime edizioni del Gf, «basti pensare che all’epoca la sorella di John De Mol (il geniaccio olandese che ha creato il Gf e molti show mondiali, ndr) realizzava personalmente i numeri zero dei nuovi programmi, per dimostrare che il conduttore era intercambiabile mentre il format no». Ora non è più così e tra le competenze del responsabile casting si aggiunge la capacità di mediare tutte le voci in campo: le esigenze editoriali della rete, le richieste della casa di produzione, i desiderata del conduttore e, in caso di edizioni vip, degli artisti e del management. Di certo il materiale umano non manca: «Negli anni il numero delle persone comuni che si presenta ai provini è cresciuto sempre di più», assicura Gatti. «La tv non è più vista come un evento straordinario ma come una strada, fattibile, da tentare».

Social e non solo

A cambiare sono però soprattutto le logiche con le quali si selezionano gli aspiranti inquilini, isolani, pupe, secchioni e via dicendo. Che poi, alla fine, sono spesso le stesse persone: il riciclo è perpetuo, e basta un attimo per ritrovarsi da una Casa in un’Isola o a Pechino con lo zainetto sulle spalle. «Il sociologo Bauman sosteneva che i reality non potessero essere liquidati perché alla loro base c’è lo smaltimento progressivo dello scarto umano, ossia l’evoluzione della specie», assicura Taggi. «Una volta in tv ci andava solo chi aveva qualcosa da dire, oggi i 5’ di celebrità non li si nega più a nessuno: se proprio non sai far nulla, vai come Solito Ignoto da Amadeus». La ripetitività dei volti, la perdita dell’effetto novità e la trasformazione della nostra stessa vita reale in un gigantesco reality (i social docent), obbligano i responsabili casting a puntare su volti che sappiano subito attirare l’attenzione dello spettatore e, soprattutto, inneschino vivaci dinamiche. Basti pensare ai discorsi di presentazione delle coppie di Temptation: le premesse perché nasca un disastro ci sono tutte. Il loro destino sembra inciso nei rispettivi video di presentazione. Non è un caso, ovviamente: l’isolamento di per sé non basta più. Serve l’effetto paradosso, la provocazione che diventa meme sui social, il non sense che assurge a tormentone virale. «Non esiste uno schema: nel nostro lavoro non ragioniamo per quote, inserendo una percentuale di belli, un’altra di giovani e così via», precisa Gatt. «Di certo, però, puntiamo sulla varietà, attingiamo a piene mani all’universo dei social e cerchiamo di essere più trasversali possibili: la sfida è riuscire ad arrivare a quel target di pubblico che non segue il programma». L’impressione però è che qualche regola non scritta esista eccome.

Le regole del gioco

La prima è quella mutuata dalla scuola Miss Italia: consiste nell’inserire un caso singolare per ogni edizione, la cui presenza basta a creare dibattito. Se per il celebre concorso si traduceva nell’avere la Miss in cinta, la curvy o la neomamma, per i reality implica avere il primo concorrente cieco, la Pupa che diventa Secchiona o la coppia con svariati anni di differenza, mentre per le versioni vip significa prevedere una quota di intellettuali (Barbara Alberti prima, lo scrittore Fulvio Abbate ora al Gf Vip) o ingaggiare qualche ex politico: per una Alessandra Mussolini o una Nunzia De Girolamo che danzano su Rai Uno, c’è l’ex senatore di Forza Italia Antonio Razzi che ha sostenuto il provino il Gf o la deputata Stefania Pezzopane che fa il tifo per il suo fidanzato nella Casa. «Ormai non esiste più il politico di lungo corso», prende atto Taggi. «D’altronde nel momento in cui si può diventare parlamentare con poche preferenze, spesso non si ha alle spalle chissà quale esperienza. Per certi versi, dunque, non c’è molto da stupirsi se, dopo aver lasciato il proprio lavoro per la politica, si decide di cambiare ancora e andare in tv. Una volta Andreotti usava i sosia. Oggi in tv vanno direttamente gli originali». Allo stesso tempo, la seconda regola aurea è avere nel cast un professionista dei reality: esistono volti famosi, come Antonella Elia, Valeria Marini o Stefano Bettarini, che ne hanno fatti così tanti da diventare degli specialisti. In quanto tali, sanno come muoversi, quando è ora di provocare e quando di tacere. A differenza del passato, inoltre, il ricambio dei concorrenti è molto più serrato: a Temptation Island alcune coppie scoppiano prima ancora che la puntata, registrata, vada in onda e le Isole dei famosi sembrano alberghi a ore per il via vai di gente. «Tutto però ruota ancora attorno alla nomination», aggiunge Taggi, «Ogni autore ha il proprio modo di lavorare, io personalmente mi sono sempre chiesto quanto quel concorrente mi servisse dentro lo show e quanto invece potesse illuminare meglio il programma uscendone. Non è un caso se i personaggi che sono vincenti sono quelli che all’inizio si confondono con la tappezzeria. Lo stesso Rocco Casalino ha dichiarato che al Gf ha imparato a nascondersi, non a rivelarsi». Chissà, forse aveva davvero ragione Bauman.

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