Il compleanno del gatto di Schrödinger: il felino “quantistico” ha cambiato il mondo

Novanta è la paura, secondo la smorfia napoletana. E novanta sono gli anni che ha compiuto il 28 novembre il gatto di Schrödinger, icona della fisica quantistica e felino più famoso della storia della scienza, tanto pop quanto la linguaccia di Albert Einstein. In questi novant’anni il gatto di Schrödinger di momenti di paura, anzi, di puro terrore, deve averne vissuti più di qualcuno. Il gatto è infatti il protagonista di un esperimento concettuale ideato nel 1935 nell’ambito della meccanica quantistica dal fisico e premio Nobel Erwin Schrödinger, e poi ripetuto nelle lezioni di schiere di fisiche e fisici. In quell’esperimento paradossale, il quattrozampe si trova in bilico tra la vita e la morte. Il micio, per fortuna, è ancora vivo – e non ha dovuto neppure consumare nessuna delle sue proverbiali sette vite – dato che l’esperimento era solo concettuale e non pratico. Gli porgiamo dunque i nostri più che meritati auguri di buon compleanno e di una lunga esistenza, grati per la sua disponibilità a mettersi in gioco per aiutarci a comprendere meglio la meccanica quantistica, la teoria che dagli inizi del Novecento ha non solo rivoluzionato la fisica, ma ha anche avuto un impatto profondo nella tecnologia e nella cultura. La nascita della disciplina Quando nacque il gatto di Schrödinger, la fisica quantistica era ancora nell’età della fanciullezza: data infatti giusto cent’anni fa – 1925, dieci anni prima del gatto – la sua prima formulazione teorica dovuta a Werner Heisenberg. Un secolo fa la quantistica ci consentì di accedere e iniziare a comprendere il mondo microscopico, quello invisibile a occhio nudo, dove protagonisti sono atomi, nuclei, particelle subatomiche, fotoni. Un mondo al quale la fisica aveva avuto accesso tramite gli esperimenti a partire dalla fine del XIX secolo e che troverà nei decenni successivi una descrizione teorica grazie alla fisica dei quanti, che insieme alla relatività definisce l’architettura della fisica moderna. Da allora la fisica quantistica si è imposta come una teoria di grande successo, capace non solo di spiegare un’enorme quantità di processi e di esperimenti, ma anche ispiratrice di un’impressionante messe di innovazioni tecnologiche. La fisica quantistica non è però una disciplina facile da digerire, sia per la sua complessità sia per i suoi numerosi aspetti controintuitivi. Essa descrive infatti quell’ambito microscopico dove regna l’incertezza e una casualità intrinseca, dove gli eventi si verificano in maniera apparentemente bizzarra e contro le intuizioni che ci siamo costruiti da secoli a partire dalle nostre esperienze con i fenomeni fisici del mondo macroscopico: cioè quel mondo dove come esseri umani viviamo, che vediamo e “tocchiamo”, e descriviamo grazie alla fisica classica. I salti concettuali, i cambi di paradigma imposti dalla meccanica quantistica sono enormi: essa ci impone per esempio l’abbandono di un’idea binaria di realtà e la conseguente perdita, per i sistemi quantistici, di uno stato di realtà propria. È il processo di misura, di osservazione, che nei sistemi quantistici crea il risultato specifico, determina la realtà. Il cane è il miglior amico dell’uomo. La fisica però ha bisogno dei gatti Cambio di prospettiva Agli inizi del Novecento la fisica – e poi il mondo intero – realizza che quando si analizzano fenomeni a scala atomica o sub-atomica non esistono certezze nel senso classico del termine. Come scrisse il linguista Giacomo Devoto, «fino al secolo decimonono la scienza sperava o pretendeva di fotografare la natura. La scienza del secolo ventesimo si limita a descriverla». Per la fisica quantistica la conoscenza è basata su probabilità. Se la fisica quantistica ci appare complicata e distante dalla realtà, non demoralizziamoci: questo radicale cambio di prospettiva fu indigesto anche per alcuni tra i pionieri della disciplina, come per esempio Albert Einstein e Erwin Schrödinger. Famoso lo sfogo di Einstein in una lettera al collega Max Born: «Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo, io credo invece che tutto obbedisca a una legge, in un mondo di realtà obiettiva che cerco di cogliere per via furiosamente speculativa (...). Nemmeno il grande successo iniziale della teoria dei quanti riesce a convincermi che alla base di tutto vi sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più giovani considerano questo atteggiamento come un effetto della sclerosi». Enrico Fermi, la paraffina e i pesci rossi: l’intuzione che cambiò la fisica L’esperimento Una posizione di disagio nei confronti di una visione probabilistica che è anche di Erwin Schrödinger, autore di una equazione fondamentale della teoria dei quanti. Nel suo articolo intitolato La situazione attuale nella meccanica quantistica, pubblicato il 29 novembre 1935 nella rivista scientifica tedesca Naturwissenschaften, esprime le sue perplessità utilizzando quello che definisce un «ganz burleske Fälle», letteralmente «un caso burlesco», un paradosso che ha però suscitato un profondo e intenso dibattitto. Chiamando in causa proprio il gatto. Chiuso dentro una scatola. Dentro la scatola c’è una piccolissima quantità di una sostanza radioattiva, così piccola che c’è uguale probabilità che in un’ora emetta una particella oppure no. Se lo fa, un sistema di misura attiva un meccanismo che rompe una fiala contenente cianuro, a sua volta contenuta nella scatola. Se il cianuro viene rilasciato, è letale per il gatto. Il processo radioattivo di emissione è governato dalle leggi probabilistiche della meccanica quantistica, e di conseguenza ciò si applicherebbe anche al gatto, che dovrebbe quindi trovarsi in uno stato sia di “gatto vivo” sia di “gatto morto”. In buona sostanza, alla fine dell’ora il gatto non è né vivo né morto, ma si trova in uno stato misto. E così rimane fino a che non sbirciamo dentro la scatola, cioè effettuiamo una misura. Questo fa sì che il gatto finisca in solo uno in uno dei due risultati possibili: morto o vivo. Osservarlo significa decidere il suo destino: se lo troviamo morto siamo stati proprio noi a ucciderlo. Per Schrödinger ciò dimostrava l’assurdità della visione probabilistica tipica della fisica dei quanti. Per lui una particella microscopica come un atomo può trovarsi in una combinazione di stati, ma come fa ad accadere qualcosa di simile per un oggetto macroscopico come un gatto? Nagasaki e il destino dei “secondi”, quel silenzio che aiuta la memoria Il gatto quantistico Su questo paradosso la fisica si è interrogata a lungo, riuscendo comunque a riconciliarlo con l’interpretazione probabilistica. Un passo importante è stato il Nobel assegnato nel 2012 a Serge Haroche e David Wineland. I due fisici hanno di fatto replicato l’esperimento di Schrödinger e sono riusciti a studiare lo stato del “gatto quantistico” quando interagisce con il mondo esterno. Solo che invece di usare un gatto hanno usato delle particelle di luce, che hanno collocato in stati di sovrapposizione simili a quelli del felino. «Per cinquanta millisecondi» ha affermato Haroche «il nostro gatto di luce è rimasto contemporaneamente vivo e morto». Il forte distacco tra gli apparentemente strambi comportamenti della fisica quantistica e la nostra esperienza quotidiana è ciò che ancor oggi la rende non facile da accettare. Una connessione, quella tra il mondo “micro” e quello “macro”, oggetto di ricerca di punta, tanto che il Nobel per la fisica di quest’anno è stato assegnato a John Clarke, Michel Devoret e John Martinis, per aver effettuato una serie di esperimenti finalizzati a «dimostrare che le bizzarre proprietà del mondo quantistico possono essere concretizzate in un sistema abbastanza grande da poter essere tenuto in mano». Se il percorso verso la completa comprensione teorica della fisica quantistica è ancora lungo, consoliamoci con le sue applicazioni pratiche, di cui ogni giorno beneficiamo: gli onnipresenti laser, i termometri senza contatto per la misura della febbre, le celle fotovoltaiche per l’utilizzo dell’energia solare, varie tecniche di diagnostica medica, gli orologi atomici grazie ai quali funziona il GPS del cellulare, tanta della tecnologia che permette di pubblicare questo giornale e molto altro sono sistemi basati sulla fisica quantistica che permeano le nostre vite. Il gatto, dopotutto, non ha rischiato la vita invano. Fermi, Rovelli e la scienza che non può dividere tra buoni e cattivi. La fisica non ha bisogno di eroi