Cultura

Il nazional-cattolicesimo e le seduzioni del potere che durano ancora oggi

La tentazione del nazional-cattolicesimo e dell’utilizzo politico della religione non è relegata in un tempo passato. È la visione proposta oggi dai sovranismi, che inseriscono la fede religiosa in un discorso d’identità di popolo contrapposta gli «altri», a chi è considerato straniero

  • Mussolini aveva fatto della polemica atea e anticristiana un punto di forza della sua militanza politica. Eppure, nel 1920 tutto cambiò. Improvvisamente, tra lo stupore di tanti suoi compagni di militanza, il duce del fascismo si scoprì filocattolico.
  • Il 1929, con i Patti Lateranensi, segnò un ulteriore rafforzamento del nazional-cattolicesimo, destinato però a infrangersi nella seconda metà degli anni Trenta.
  • Quando la Chiesa italiana si lasciò andare, in molte sue articolazioni, all’abbraccio con il fascismo, il nazional-cattolicesimo divenne l’ideologia su cui basare il sogno di uno Stato confessionale, che avrebbe ridato centralità ai valori cattolici.

Cent’anni fa, nel 1920, Benito Mussolini si convinse che la Chiesa cattolica dovesse diventargli compagna di viaggio nel suo cammino alla conquista del potere. Sino allora l’aveva considerata, per usare le sue parole, «un’istituzione tendente al potere politico per eternare lo sfruttamento e l’ignoranza del popolo», mentre riteneva che quella cristiana fosse «una morale di rassegnazione e di sacrificio, che può essere cara ai deboli, ai degenerati, agli schiavi: ma che si risolve in una diminuzi

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