In provincia di Messina sorge il parco di Fiumara d’arte, un museo a cielo aperto che si estende dalla costa all’entroterra su un percorso totale di circa 70 Km. Si tratta di un parco nato nella prima metà degli anni Ottanta dalla volontà del mecenate Antonio Presti (Messina, 1957), che anziché scegliere la via del collezionismo privato ha preferito intraprendere una strada in salita. Questa lo ha portato prima a disseminare opere d’arte di grandi dimensioni tra i Nebrodi perché fossero di tutta la comunità, inimicandosi i sistemi di potere, e ora, all’età di sessantacinque anni, a lavorare con i ragazzi delle scuole e gli abitanti di un quartiere periferico della città di Catania come Librino.

Le opere di Fiumara d’arte rappresentano un interessante caso di studio rispetto alle modalità con cui l’arte, appropriandosi dello spazio pubblico per iniziativa privata, possa diventare un patrimonio della comunità. Presti, in modo del tutto inedito, quando ancora la discussione sulla collaborazione tra pubblico e privato non era in voga, ha infatti prodotto con fondi propri e su terreni pubblici, prima ancora di avere i permessi necessari, questi lavori per poi regalarli al territorio. Racconta Presti: «Per me è stato fondamentale perché ho restituito bellezza attraverso un processo artistico, anche etico, perché scegliere di donare bellezza è un atto eversivo che il sistema non può accettare da parte di un privato».

Nel 1982, quando era un giovane studente alla facoltà d’ingegneria, Presti perse suo padre (imprenditore edile) e cominciò il suo pellegrinaggio per le vie dell’arte. Commissionò una prima imponente scultura in cemento armato a un grande artista siciliano come Pietro Consagra, installata poi nel 1986 alla foce della Fiumara di Tusa. Si tratta di un’opera che era intimamente dedicata alla memoria del padre ma che diede origine alla Fiumara d’arte, nata da questo primo gesto, a cui ne seguirono molti altri. Infatti mentre Presti portava avanti l’attività di famiglia, prima di abbandonarla per dedicarsi interamente all’arte, commissionava e realizzava, in parallelo e a proprie spese, altre opere dalle dimensioni ambientali sparse in dieci comuni.

Tra il 1986 e il 2010 installò così altrettante grandi sculture chiamando a lavorare in questi luoghi artisti di fama nazionale e internazionale come: Hidetoshi Nagasawa, Italo Lanfredini, Antonio di Palma, Paolo Schiavocampo, Mauro Staccioli, Piero Dorazio con Graziano Marini e Tano Festa. Un percorso impervio sebbene abbia arricchito un territorio decentrato, non solo perché in alcuni casi fu necessario inerpicarsi su per strette e ripide stradine, ma soprattutto perché Presti incontrò una lunga serie di ostacoli. Per venticinque anni infatti le installazioni della Fiumara furono contestate sul piano legale, in alcuni casi arrivarono anche ingiunzioni di demolizione, fortunatamente mai attuate, e Presti subì molteplici procedimenti giudiziari. Si scontrò con le autorità locali ma molti esponenti del mondo della cultura nazionale si sollevarono a più riprese a favore del suo operato, che nel 2006 attirò addirittura l’attenzione dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, fino al riconoscimento, avvenuto nello stesso anno, della Fiumara d’arte come parco e percorso turistico culturale regionale.

Oltre alle inimicizie politico-amministrative sul territorio Presti si attirò anche quelle della criminalità, subendo negli anni Ottanta anche degli attentati. Quando gli dico che non deve essere stato facile non scoraggiarsi mi risponde che «in gioventù vai contro, sei anti, mentre nella maturità sei grato alla vita per tutte le difficoltà che hai avuto». E aggiunge: «Queste sono consapevolezze della maturità. Negli anni Ottanta in Sicilia essere contro il sistema significava essere contro un sistema mafioso, di corruzione, contro una politica miope e ottusa».

Oggi Presti non si pone più in aperto contrasto con le istituzioni ma suole ugualmente definirsi un “eretico”. E possiamo dire che lo sia rispetto a tutti i tipi di sistema, perché oltre a quello rappresentato dal potere politico ha sempre mantenuto le distanze anche da quello più ristretto ed elitario di una certa parte del mondo dell’arte contemporanea. In controtendenza con una visione di esclusività del possesso delle opere, nel 1991 Presti curiosamente ha anche aperto un albergo – l’Atelier sul mare di Castel di Tusa – dove ogni stanza è stata progettata da un artista (Icaro, Lai, Mochetti, Plessi, Xhafa e altri), nella convinzione che le persone, tutte, dovessero poter provare l’esperienza di abitare a contatto con l’arte.

Dalla fine dello stesso decennio, cioè da tempi non sospetti rispetto ai tanti discorsi sulle aree cittadine decentrate, Presti iniziò a lavorare in modo sempre più partecipativo con la comunità del quartiere periferico di Librino a Catania, con l’obiettivo, tra gli altri, di cambiare l’immaginario dei giovani del luogo. «Librino è un altro progetto della maturità che trova il suo senso nell’educare alla bellezza e alla conoscenza. Librino è un quartiere periferico dove tutto è a rischio, dove tutto è sottomesso a una condizione di necessità. Innescare un processo artistico coinvolgendo tutti i ragazzi e tutte le famiglie ha per me un grande senso».

Sempre nel quartiere catanese, oggi Presti sta portando avanti altri progetti, uno dei quali prevede grandi installazioni fotografiche di ritratti delle persone del luogo. L’opera, dal titolo La porta delle farfalle, segue quella già realizzata tra il 2006 e il 2009 chiamata La porta della bellezza. Quest’ultima, nata dalla collaborazione tra artisti e duemila studenti, portò alla realizzazione di una serie di formelle in terracotta installate per circa 500 metri su una parete di cemento che sorregge un tratto di autostrada. Questa nuova installazione intitolata La porta delle farfalle ha visto l’impegno di cinquanta tra artisti e architetti, oltre al coinvolgimento di venti licei artistici, che come dice Presti sono «agenzie educative che devono essere protette». Quest’opera, una volta installata, avrà nelle intenzioni del suo ideatore un effetto positivo sull’immaginario delle giovanissime generazioni di Librino. Nella convinzione che l’arte e la cultura abbiano un potere trasformativo, queste iniziative sono un invito ai giovani che hanno lasciato la Sicilia a tornare, a mettere in atto quello che lo stesso Presti ha definito un controesodo culturale capace di scardinare la narrazione negativa della mancanza di opportunità.

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