I profili popolari di cani e gatti sui social stanno influenzando le vendite del settore. Il mercato si sta modificando, con maggiore attenzione a scelte sane e sostenibili. C’è anche il trend delle diete fatte in casa, che però devono essere ben bilanciate
Il settore degli alimenti per animali domestici sta attraversando una trasformazione radicale grazie alla crescente influenza dei Pet Influencers: animali domestici che, attraverso le piattaforme digitali, acquisiscono una notevole popolarità e influenzano non solo le vendite, ma anche le scelte alimentari e i comportamenti dei consumatori. Spinti dalle strategie comunicative dei loro proprietari diventano spesso protagonisti online, creando contenuti che spaziano dai video divertenti ai post educativi, legati agli affetti, alla cura degli animali e alla loro alimentazione.
Le interazioni tra i pet e i loro padroni stanno dando così vita a legami emotivi forti, con conseguenti impatti sulle tendenze di consumo, spingendo il mercato del pet food verso prodotti sempre più innovativi, sostenibili e di alta qualità. Tuttavia, questa consapevolezza non sempre si traduce in scelte oculate da parte del consumatore.
Secondo il Rapporto Assalco - Zoomark 2024, il mercato italiano del pet food ha registrato un fatturato di oltre 3 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 13,4 per cento rispetto all’anno precedente. Un dato che riflette l’attenzione crescente dei proprietari di animali domestici, la cui popolazione ha superato i 20 milioni in Italia.
Il cambiamento nelle abitudini alimentari degli animali d’appartamento si riflette anche in un’esclusività dietetica da parte dei proprietari, che, come sottolineato dalla veterinaria nutrizionista Barbara Tonini, considerano gli animali domestici alla stregua di figli: «I proprietari si occupano dei loro animali esattamente come farebbero con un figlio».
Un punto di svolta per la presa di consapevolezza dei consumatori italiani è stato il clamore mediatico suscitato l’anno scorso dall’inchiesta Food for Profit di Giulia Innocenzi e Pablo d’Ambrosi, che ha messo sotto accusa alcune delle più note aziende di mangime del settore.
«Quell’indagine ha davvero cambiato le cose», commenta la nutrizionista, «facendo capire alle persone che non tutti i prodotti per animali sono uguali e che la qualità varia enormemente». Ma, se da un lato l’attenzione verso la qualità migliora l’offerta, dall’altro il marketing si sta rivelando un fattore determinante nella scelta degli alimenti per animali.
Le aziende del pet food, infatti, hanno colto appieno il potenziale delle emozioni legate alla relazione con gli animali per lanciare prodotti che evocano immagini di artigianalità, freschezza e salute. Tuttavia, molte delle loro strategie comunicative non sempre si fondano su evidenze scientifiche. Le tendenze, piuttosto che le reali necessità nutrizionali, spesso guidano le scelte dei consumatori. «Il tema della sostenibilità ambientale interessa a tutti, ma se un proprietario deve scegliere tra badare alla sostenibilità o alla salute e all’appetibilità di un alimento per il proprio pet, dà sempre la precedenza alle proprie necessità», afferma la Tonini.
Il ruolo dei Pet Influencers
In questo scenario, il lavoro dell’influencer sui social media va ben oltre la semplice promozione di uno stile alimentare, per diventare simbolo di benessere e felicità tanto dell’animale, quanto del padrone.
Come sottolineato da Luca Giansanti, chirurgo veterinario e content creator, «sui social ci devi stare, e ci devi stare sempre». Con quasi mezzo milione di follower tra Instagram, Facebook, TikTok e YouTube, sperimenta ogni giorno il potere della gestione delle interazioni. «Se non rispondi, ti tolgono il follow e perdi visibilità», afferma. Giansanti, che si è approcciato al mondo dei social durante gli studi universitari, ha imparato a sfruttare il potere della comunicazione per ridurre il suo carico di lavoro, creando contenuti che non solo divertono, ma educano anche il pubblico sulla cura degli animali.
«Il mio obiettivo è rendere la conoscenza veterinaria più accessibile e aiutare i proprietari di animali a prendersene cura nel modo migliore possibile», dice Giansanti. La sua credibilità professionale è cruciale per il suo successo. Un veterinario o un nutrizionista, con la sua formazione accademica e il codice deontologico, ha il vantaggio di poter offrire contenuti più informati e basati su scienza, diminuendo fortemente il rischio di promuovere pubblicità ingannevole.
«La presenza di cani e gatti come influencer è ormai una realtà consolidata sui social media», osserva Giansanti. Tuttavia, non si può ignorare la responsabilità che deriva da questa visibilità. Se da un lato i profili dei pet influencer possono essere fonte di intrattenimento, dall’altro non sempre sono in grado di garantire l’affidabilità delle informazioni che condividono. In questo senso, il professionista è una voce certificata, capace di combinare la divulgazione scientifica con l’informazione, senza cedere alle logiche del marketing.
Giansanti sottolinea anche un altro aspetto cruciale: la differenza tra contenuti pubblicitari e contenuti educativi. «Un veterinario non può semplicemente dire “compra questo perché è migliore”, ma può condividere con il pubblico informazioni utili e correlate a scelte consapevoli, nel pieno rispetto delle normative deontologiche». Una scelta dunque trasparente e informata, infatti, è ciò che fa la differenza in un mercato dove molti si limitano a promuovere prodotti in cambio di sponsorizzazioni, spesso senza tenere conto della qualità effettiva di ciò che consigliano.
Infine, Giansanti denuncia un problema diffuso: l’assenza di regolamenti chiari per chi non è vincolato da un codice deontologico. «Chi non ha un ordine professionale si mette a dire “Compra questo, mangialo anche tu”, creando confusione tra i consumatori». I profili social, pur essendo seguiti da milioni, non hanno la stessa garanzia di affidabilità scientifica di un esperto. E spesso, dietro a questi consigli, si celano interessi economici che non sempre coincidono con il benessere degli animali.
Per esempio, nel campo delle diete per animali, stanno emergendo due tendenze principali: la dieta cruda, in particolare la dieta Barf (Biologically Appropriate Raw Food), e le diete vegane. Sebbene la dieta cruda sia considerata da alcuni come più naturale, presenta rischi come contaminazioni batteriche e squilibri nutrizionali. La veterinaria Tonini avverte anche che le ossa non tritate potrebbero provocare ostruzioni. Le diete crude, inoltre, possono rappresentare un rischio per la salute umana, specialmente nei soggetti vulnerabili.
Le diete vegane, pur guadagnando terreno, sono oggetto di dibattito. Giansanti, fermamente contrario a questa pratica, la considera una forma di “umanizzazione” che non rispetta la natura degli animali. «Il cane è un carnivoro facoltativo, ma il gatto è un carnivoro obbligato», afferma. In particolare, per il gatto, una dieta vegana è incompatibile con la sua natura, poiché non riesce a sintetizzare la taurina, un amminoacido essenziale che si trova solo nella carne. «Il gatto non può essere vegano, nemmeno con le giuste integrazioni», sottolinea.
Tonini, pur riconoscendo alcune opzioni vegane di buona qualità, mette in guardia contro i rischi nutrizionali, in particolare per i gatti. Le etichette dei cibi vegani spesso mancano di informazioni nutrizionali chiare, il che rende difficile garantire una dieta equilibrata.
L’educazione del pubblico è la chiave. Leggere le etichette, informarsi sulla nutrizione animale attraverso corsi e contenuti divulgativi, e imparare a distinguere tra marketing e scienza sono passi fondamentali per fare scelte consapevoli. È questo il caso delle alternative proteiche, come quelle derivate dagli insetti. Questi ingredienti hanno un impatto ambientale significativamente inferiore rispetto agli allevamenti tradizionali e un profilo nutrizionale completo. Tuttavia, la resistenza da parte dei proprietari di animali rappresentano ancora una sfida: «Il problema principale è l’accettabilità. Molti proprietari sono restii a scegliere alimenti a base di insetti», spiega Giansanti.
Scelte consapevoli
Il mercato del pet food, tradizionale e artigianale ha visto una crescita significativa negli ultimi anni, con piccole realtà che puntano sulla qualità degli ingredienti e su una produzione etica, è importante non dimenticare che la qualità della materia prima da sola non è sufficiente. La nutrizione degli animali, in particolare di quelli giovani, anziani o con patologie specifiche, richiede un’attenzione accurata al bilanciamento nutrizionale, che va oltre la semplice lista degli ingredienti.
La trasparenza sulla provenienza e la lavorazione degli ingredienti è fondamentale, ma altrettanto importante è che le diete siano formulate per soddisfare i fabbisogni nutrizionali minimi e raccomandati da organi competenti, come la Fediaf in Europa. Le etichette dei prodotti spesso utilizzano l’ordine degli ingredienti per attrarre i proprietari, ma un alimento nutrizionalmente completo deve essere valutato con attenzione. Non basta selezionare un prodotto solo perché ha una lista di ingredienti accattivante o perché è artigianale.
Le diete “fatte in casa”, pur sembrando più salutari, possono risultare dannose se non ben bilanciate e supervisionate. È quindi fondamentale affidarsi a veterinari competenti che possano confermare che le scelte alimentari siano realmente idonee per l’animale, basandosi su evidenze scientifiche piuttosto che su tendenze di marketing o emozioni del momento. In conclusione, la priorità deve essere sempre quella di garantire che gli animali ricevano il miglior nutrimento possibile, favorendo scelte consapevoli, etiche e scientificamente fondate per assicurare il loro benessere a lungo termine.
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