I problemi attuali della coppia del Duopolio, dove sia Rai che Mediaset appaiono giganti fuori tempo e privi d’orizzonte, vengono da quella fatale metà d’anni ’70 in cui il secolo breve ovunque si stroncava e dove, più rapidamente o meno, cominciò a crescere lo slancio anti governo della coppia Reagan Thatcher. Ne furono investite ovunque anche le televisioni, ma in modo diverso a seconda di quanto fossero solidi gli stati.

Dove lo stato era più solido e meno disprezzato, la tv commerciale arrivò ugualmente, ma messa in geometria con vantaggi di sistema e dunque non da spinoso e gigantesco cactus nel deserto. Noi, per contro, non organizzammo proprio nulla, anzi politici e giuristi aiutarono il casino preferendo che a smuovere le cose fosse l’orda del trumpismo ante litteram. Che assaltava l’etere e se l’infilava in tasca nell’imbarazzo delle guardie lasciate sole e senza ordini.

Fu questa da noi l’epifania della tv commerciale, che apparve dalla sera alla mattina a risucchiare d’un sol colpo i ricavi della stampa e i film nati per le sale. Sembrava uno sviluppo tumultuoso, ed era invece un polverone ingenuamente libertario, che distruggeva la base distributiva e le risorse del cinema italiano. Il quale, poverello, qualcosa combinava.

Fra tanti che cantavano che il selvatico era bello, l’accozzaglia delle “tv libere” si condensò rapidamente in un ferreo monopolio che, aggiungendo rovina su rovina, pensò ben presto che del produrre poteva fare a meno, perché tanto la clientela era bell’e catturata. Un colpo di genio da manager d’accatto. Produzione originale limita al minimo perché comporta rischi, torrenti di film sottratti dai vecchi magazzini, telefilm comprati a prezzo monopsonio dal compratore unico e solo, telenovelas al costo di un baiocco per piantare in tv il fotoromanzo. In sostanza, una tv commerciale con tre canali bancarella addetti al riciclaggio di produzioni fatte altrove. E una tv pubblica tenuta in vita a garanzia del “pluralismo” e per ostruire il subentro di un qualsiasi sventurato concorrente. Tant’è che i brasiliani di Tmc (oggi La7) se ne tornarono a San Paolo con molti soldi in meno.

Questo quadro vivente, ma senz’anima, fu immortalato nel selfie del 2004 detto legge Gasparri, dal nome del fotografo. Le basi d’argilla erano tali che quando Mediaset ha provato con Premium a farsi diversa, ha sbattuto il muso perché nel mercato, quello vero, content is the king e non fa fortuna il semplice titolare di un emporio. Per questo non sorprende l’ammuina con Vivendi-Bollorè (ma se non fosse lui sarebbe un altro squalo) con il panico, le norme di favore, l’Europa che le rivela truffaldine. Sospettiamo, in attesa di smentita, che ai tavoli del rimpasto nessuno abbia schioccato le dita esclamando: Visto che ci siamo, vogliamo sistemare il tv-disastro, ereditato, Dio li perdoni, dagli antichi?

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