Alejandro Zambra, Matteo B. Bianchi, Enrico Terrinoni, tre libri sul senso dello scrivere. Si scrive per appartenere e perché la letteratura compie miracoli e a volte alcune parole li veicolano. Una vita che si fa letteratura resterà come indizio prezioso per una nuova geografia dell’esistenza
«Io vivo per iscritto», affermava Giordano Meacci nel suo Acchiappafantasmi, uno di quei libri in cui il confine tra vita e parole si fa labile (forse, neanche c’è). Certe esistenze sono fatte così: camminano più tra le righe che sulle strade, respirano parole, cercano di farle diventare pane («ciò che più ci appassionava era leggere e scrivere, e l’idea che il piacere potesse coincidere con il dovere ci sembrava meravigliosa»). Lo fanno, come fa Alejandro Zambra che ripercorre la sua esistenza



