Insegnare l’educazione civica nelle scuole medie attraverso l’arte contemporanea. È questa la proposta della casa editrice per la scolastica Lattes, che ha affidato a un critico d’arte, Luca Beatrice, la stesura di un libro che attraverso il lavoro di artisti contemporanei permette agli studenti di accostarsi all’educazione civica attraverso messaggi creativi e sovente trasgressivi. L’iniziativa editoriale, che si spera abbia un seguito e sia da stimolo anche per altre discipline, mette in evidenza come l’incontro tra le pratiche artistiche e l’etica pubblica possa rappresentare un circolo virtuoso. Il libro, dal titolo Sguardi / Percorsi di educazione civica per una cittadinanza consapevole si avvale del contributo di Maria Federica Rinaldi e affronta temi che variano dalla parità di genere alla sostenibilità, dalle conseguenze della rivoluzione digitale al rispetto dello spazio urbano. 

La formazione di un’etica pubblica, fondamentale in una società democratica, costitutivamente fragile, è stata affidata nella scuola italiana ai docenti di storia. Questo ha comportato che si privilegiassero quasi esclusivamente gli argomenti tecnici legati alla Carta costituzionale. Da poco si è affermato un diverso modello che consente ai docenti di tutte le discipline di trattare i temi relativi all’educazione civica, declinandoli in funzione delle diverse specificità. Un docente di matematica, solo per fare un esempio, può oggi studiare il rapporto tra statistica, indagini, demoscopiche e democrazia, mentre un docente di scienze naturali può trattare con riferimenti appropriati le tematiche ambientali, sottraendole ad approcci spesso semplicisticamente emotivi.

È in questo quadro che Luca Beatrice propone al mondo della scuola di far propri gli strumenti dell’arte contemporanea per accostarsi all’educazione civica. La proposta non può che essere accolta con favore, anche perché consente agli studenti di prendere in esame gli argomenti attraverso immagini che rappresentano sempre più il medium privilegiato per leggere la realtà. In un contesto generale in cui prevale la spettacolarizzazione, i linguaggi dell’arte potranno così contribuire all’educazione visiva, oltre che a una crescita in termini di coscienza civile. L’aspetto innovativo di questa proposta risiede nel fatto che l’arte, esprimendosi con messaggi che esulano da una rigida dimostrazione logica, può contribuire ad accrescere consapevolezze che vanno al di là degli ambiti in cui tradizionalmente le questioni sulle istituzioni democratiche sono state affrontate.

Una testimonianza del ruolo civile che l’arte ha svolto nel Novecento, sottolinea il volume, si può trovare nell’opera dei muralisti messicani David Alfaro Siqueiros, José Clemente Orozco e Diego Rivera in Messico. Questi artisti riuscirono a coniugare nei loro murales lo stile precolombiano, con la grave situazione politica che il Paese stava vivendo a causa del regime militare a cui era sottoposto. Rivera ha dato vita a un itinerario pittorico e storico che, dalla resistenza degli indigeni agli invasori ci conduce fino alle guerre e alle rivolte sociali del suo tempo.

Dai murales degli artisti messicani, lo sguardo si sposta verso il presente, venendo incontro alla sensibilità degli studenti attraverso l’opera di artisti come Keith Haring o Banksy. In ambiti diversi, l’arte contemporanea, può offrire spunti per affrontare le tematiche più diverse dalla difesa dei diritti umani, alla salvaguardia dell’ambiente, al dialogo fra saperi.  

Lo dimostra l’opera di Joseph Beuys, figura che ha fortemente segnato l’arte del secondo Novecento rendendo possibile realizzare, attraverso la sua ricerca artistica ed esistenziale, un terreno di incontro tra pratiche e saperi diversi. Non va dimenticato che, con la sua «scultura sociale», Beuys si proponeva di considerare l’arte come uno strumento di educazione e di trasformazione sociale. Avvicinarsi alla sua opera può consentire agli studenti di accostarsi, attraverso svariati punti di vista, alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente. Beuys non considera la natura come un accumulo di risorse da utilizzare senza limiti, ma come una dimora di cui noi, insieme a tutti gli altri organismi siamo parte, riprendendo un pensiero che attraversa la storia dell’Occidente, dalla filosofia greca ad oggi.

L’insegnamento della sua opera può dare il destro all’insegnante per far capire che dalla rivoluzione scientifica del Seicento in poi è prevalsa una concezione esclusivamente meccanicistica. È stato proprio rifiutando il modello meccanicistico e accogliendo la concezione della natura di Goethe, di Shelling e del Soprannaturalismo che Beuys ha sviluppato un approccio ecologico all’ambiente. Questi temi, che potrebbero sembrare legati esclusivamente alla sensibilità estetica o alla riflessione filosofica, sono da qualche tempo al centro di un confronto in cui la voce della scienza è fortemente presente. Si pensi, solo per fare un esempio, a Ilya Prigogine, premio Nobel per la fisica, che nel suo libro La nuova alleanza auspicava un’integrazione tra scienza e umanesimo.

Appare evidente, in questo caso, come l’arte può rappresentare, anche più della filosofia in virtù dell’immediatezza con cui si manifesta, un crocevia in cui si incontrano le due culture. Il suo pensiero per immagini può esprimere concetti e principi universali al di là dei confini rigidi che talora hanno separato i vari territori del sapere. La condizione in cui oggi viviamo non consente di assolutizzare punti di vista particolari, che rischierebbero di precludersi la comprensione di una realtà complessa. L’arte dei nostri giorni testimonia in pieno il superamento di ogni steccato. È quindi un esempio per quanti intendono rendere sempre più permeabili i confini del proprio ambito specifico e un monito per coloro che tali confini intendono difendere strenuamente. Se ciò è vitale sul piano della ricerca scientifica e del sapere in generale, lo è ancor più sul piano etico-politico. 

Le democrazie sono fragili per loro natura e necessitano quindi di una forma di civismo diffuso e di coscienza critica che sia in grado di tenerle in vita. Quando ciò non accade, perché non si riesce a garantire uno spazio condiviso di confronto, si fa fatica a costruire un’etica pubblica largamente diffusa. Viene meno, infatti, la fiducia spontanea che lega i cittadini alle istituzioni. Questo clima diviene il terreno di coltura che consente l’affermazione di movimenti politici che mettono in discussione le basi stesse della democrazia rappresentativa.

La libertà espressiva che da sempre ha caratterizzato la creatività artistica può contribuire a dar voce, nello spazio pubblico, a quanti, come singoli o come gruppi, non vedono riconosciuti i loro diritti. Ciò che, nel corso del tempo, trova espressione nella codificazione giuridica, è spesso anticipato dall’intuizione degli artisti, come dimostra ad esempio la poesia civile di Walt Whitman, che in Foglie d’erba si proponeva di dare espressione alle voci «a lungo silenti» di prigionieri e di schiavi, volendo manifestare una solidarietà verso la condizione umana nella sua universalità. Una «giustizia poetica», quella di Whitman, come è stata definita dalla filosofa americana Martha Nussbaum, che nel tempo avrebbe trovato spazio, faticosamente, anche sul terreno giuridico.   

L’esempio di Beuys come quello di Whitman ben si prestano a far comprendere come nell’etica pubblica il rispetto per la natura e per la condizione umana sono strettamente connessi. Autori come Beuys, Haring, Kapoor, Hirst, Koons o Cattelan sono noti anche ai più giovani, ma il mondo dell’arte è estremamente variegato. Se dunque da una parte un libro che mette insieme arte e educazione civica può aiutare a meglio conosce autori già noti, dall’altra può favorire la conoscenza dell’opera di artisti come Carsten Höller, Krzysztof Wodiczko, Lucy Orta o Adrian Paci – giusto per menzionare alcuni degli artisti citati nel libro – che in questi anni, in modi diversi si sono impegnati per promuovere l’ethos del dialogo.

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