Drammaturgia della politica

La finzione del governo Draghi dove ogni cosa è solo teatro

 

  • «Più azione», chiedeva l’attore Moissi a Luigi Pirandello dopo la lettura di Non si sa come – «la poesia è indiscussa, ma gioverebbe più azione!». La felicità annoia, insegna Tolstoj.
  • Passano i mesi, e il governo sembra sempre di più quel passaggio di Mulholland Drive, al Club Silencio: le due protagoniste ascoltano commosse l’esibizione di una cantante; poi la cantante sviene e la musica va avanti. Ci accorgiamo, turbati, che era tutto in playback. «Non c’è nessuna orchestra» – spiega l’inquietante presentatore – «è tutto registrato».

  • Teatro, appunto. Un gioco delle parti dove ognuna recita il suo ruolo, più o meno volentieri, ma con l’attenzione di attori che sanno di non potersi permettere bizze e capricci.  

«“La crisi” significa: “il governo cresce”». Lo scrive il Comitato Invisibile in uno dei suoi manifesti: «È diventata l’ultima ratio di ciò che impera: ogni cosa si misura alla luce del suo crollo imminente». Sarà per questo motivo che anche questo governo Draghi sembra affannarsi tanto a fingere una fragilità che, lo sanno tutti, non ha. Ma bisogna fingere che ce l’abbia. Questo innanzitutto per una necessità scenica: in palcoscenico qualcosa deve succedere. «Più azione», chiedeva l’attore

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