Immaginiamo una cittadina mediorientale abitata da ebrei, in cui c’è una stradina stretta ma molto trafficata. Sulla stradina si affaccia la bottega di un ebreo. In questa stagione, al tramonto, l’ebreo esce dalla bottega e appende sul muro all’esterno una lampada a olio, accesa, perché così si celebra la festa di Chanukkà.

L’ebreo rientra nella bottega e passa un cammello carico di paglia che sporge dai due lati del dorso. La paglia struscia il muro, tocca la lampada, prende fuoco, scoppia un incendio. La domanda ora è: chi paga i danni? Il cammelliere dice al bottegaio: paghi tu perché hai messo un pericolo (una lampada accesa incustodita) nella pubblica strada. Il bottegaio si difende e dice: ma io l’ho fatto per un preciso dovere religioso e tutti sanno che in questi giorni è Chanukkà e così la si celebra; sei tu che dovevi stare attento. “Se voi foste il giudice”, come si intitola una nota rubrica in un settimanale enigmistico, a chi dareste torto e a chi ragione?

La soluzione la troverete alla fine di questa nota, e mentre ci pensate, cerchiamo di spiegare che cosa è Chanukkà (si pronuncia con un ch aspirato, come nacht in tedesco e j in spagnolo). Si tratta di una festa che cade a dicembre, il giorno 25 del mese di Kislèw, istituita per ricordare un avvenimento storico: il successo della rivolta dei Maccabei nella guerra di liberazione contro il dominatore Seleucide.

La spartizione dell’Impero

Dopo la morte di Alessandro Magno e la spartizione del suo Impero tra i suoi generali, la terra d’Israele era finita sotto il dominio dei Seleucidi che avevano progressivamente imposto il pugno di ferro, con vessazioni e rapine ed erano intervenuti pesantemente a proibire i riti della religione ebraica, fino a profanare il Tempio di Gerusalemme inserendovi delle statue. Al culmine della persecuzione nel 168 av. E.v. scoppiò una rivolta capeggiata da una famiglia di sacerdoti, che con alterne vicende dopo molti anni riuscì a scrollarsi di dosso il potere greco. Ma un primo risultato dopo tre anni di lotta fu la conquista di Gerusalemme e la restaurazione del Tempio.

Qui il racconto da storico diventa religioso. Volendo riaccendere la menorà, la lampada di sette bracci, serviva dell’olio puro, e ne fu trovato solo un piccolo contenitore, che sarebbe bastato per un solo giorno. Avvenne un miracolo e quell’olio bastò per otto giorni, il tempo necessario per andare nel luogo speciale dove l’olio veniva prodotto secondo le regole e che era a tre giorni di distanza, produrlo e riportarlo indietro.

A ricordo di questi eventi fu istituita la festa di Chanukkà (il cui nome significa “inaugurazione” e fu tradotto in greco con un nome di suono analogo, Enkenie), che si celebra con gioia moderata e soprattutto con l’accensione ogni giorno di una lampada, per otto giorni. Anticamente si discuteva di quanti lumi si dovessero accendere, poi ha prevalso la regola di accendere il primo giorno un lume, il secondo due e così via fino agli otto finali; accanto a questi c’è un altro lumino che fa da “servitore”. Il lume andrebbe acceso ogni sera fuori la porta di casa o della bottega, in modo da farlo vedere; oggi la regola è più elastica ma metterlo accanto alla finestra è meglio.

Negli ultimi anni nelle principali piazze delle città del mondo sono state organizzate accensioni pubbliche, con partecipazioni collettive e grande curiosità; quest’anno le accensioni ci saranno, ma in tono assai minore per le restrizioni imposte dal Covid. Ma quello che importa in ogni caso è il rito domestico.

Politica e religione

Analizzando gli elementi della storia fondante, emergono subito dei problemi. Due temi principali si confondono: una guerra di indipendenza e la storia di un miracolo, quindi da una parte la politica e dall’altra la religione. Quanto al miracolo, gli stessi rabbini che al miracolo ci credono, hanno sollevato una bella serie di domande: ad esempio, se l’olio c’era per un giorno, il miracolo è durato sette giorni, e allora perché ricordarlo per otto? E ancora, dato che in caso di necessità per accendere la menorà pubblica si può usare anche olio non puro, che bisogno c’era di sollecitare un miracolo dall’Alto?

Dietro a tutto questo si nasconde una polemica mai risolta, tra diverse anime dell’ebraismo, sempre in conflitto nella sua storia, volte ciascuna a privilegiare un aspetto identitario diverso, ora quello nazionale, di liberazione, di forza, ora quello della religione e dello spirito. I re discendenti dai Maccabei diventarono a loro volta persecutori e i rabbini dedicarono a Chanukkà, tra le 2.700 pagine del Talmùd, solo 4 pagine. La questione si complica ulteriormente se si considera che Chanukkà è l’ultima festa in ordine di tempo, istituita nell’ebraismo, ma in realtà potrebbe essere la festa più antica dell’umanità. È in questi giorni dell’anno che le giornate di sole si raccorciano per tornare ad allungarsi e ogni cultura ha segnalato questo evento a suo modo, dai Saturnali al Dies Natalis Solis Invicti, che è tra le radici, ovviamente rielaborate, del Natale cristiano. Nel Mediterraneo, poi, questi sono i giorni in cui la raccolta delle olive finisce e l’olio viene prodotto nei frantoi.

Nell’ebraismo c’è stato un buco di millenni, per tornare a festeggiare questi giorni, trasformando il tema della luce solare in quello della luce della menorà, e l’evento agricolo nell’uso sacro dell’olio di oliva. Non è un caso che la festa inizi nel giorno 25 del mese, che per i greci era giorno festivo ed era stato da loro scelto per trasformare il Tempio di Gerusalemme in un loro tempio; la restaurazione (e il miracolo) avvennero esattamente tre anni dopo. Ma in questo modo la data ebraica ricordava una data pagana.

La storia del miracolo raccontata dai rabbini, per quanto ingenua possa sembrare, nasconde dei messaggi importanti. Non si tratta di considerare quel singolo miracolo, ma di interpretare tutto sotto forma di miracolo. Ogni evento della natura e soprattutto della nostra esistenza è un miracolo, non è scontato che si possa e debba nascere, crescere, guarire. Tra la visione greca del mondo misurabile, soggetto a regole precise, senza provvidenza, e quella del pensiero ebraico che vede il divino sempre presente nella storia, benché difficilmente percepibile, c’era e c’è un abisso. La festa di Chanukkà celebra solo in parte un evento militare, è l’affermazione di un modo diverso di interpretare la realtà. E se qualcuno obietta che i greci avevano in definitiva ragione con la loro razionalità pacifica e illuminata, la storia di Chanukkà dimostra proprio il contrario; la cultura greca si diffondeva sì con la seduzione che esercitava ma anche con la repressione, la persecuzione, lo sfruttamento.

La storia dei sette giorni in cui l’olio rimane (ma il miracolo era già avvenuto il primo giorno, si versava l’ampollina e rimaneva piena) è quella dell’energia infinita che può diramare da ciò che è “puro”, anche se in minima quantità e serve per sostenere il mondo in attesa di essere sostituito da nuove energie. Non c’era tecnicamente bisogno di olio puro, ma dimostrare forza e continuità è un valore importante.

Le ragioni del cammelliere

Ci vorrebbe poco per trasformare Chanukkà nel ricordo di una rivolta di “talebani”, ma tutti i segnali che la tradizione ha trasmesso vanno proprio nella direzione opposta. Quella dello spirito opposto alla forza bruta. E ciò premesso torniamo alla lite tra cammelliere e bottegaio. Chi ha ragione? Su questo gli esperti della legge hanno discusso e la conclusione è stata che ha ragione il cammelliere. Ma come? Il bottegaio stava adempiendo un obbligo religioso e ora deve pagare i danni? La risposta tecnica è che comunque avrebbe dovuto sorvegliare la lampada; l’adempimento di un precetto, benché noto, non esenta dall’obbligo di vigilare. Ma aldilà di questo, la risposta rabbinica al quesito legale afferma un principio fondamentale, che è il messaggio stesso di Chanukkà: chi segue una religione e una fede deve illuminare il mondo, ma non ha il permesso di bruciarlo.

*rabbino capo della comunità di Roma

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