Nel panorama del fumetto di nuova generazione, Sonno, in arte Michela Rossi, si distingue per un’estetica versatile, che spazia tra generi, stili, segni, strutture diegetiche e altre forme di esplorazione delle componenti del medium, dal montaggio, alla composizione della tavola, al rapporto parola-immagine.

Analizzare il suo percorso artistico ci aiuta a comprendere il fumetto di oggi come strumento espressivo sempre più diversificato, sperimentale e presente nel discorso pubblico.

Fine delle gerarchie

Per trattare l’opera di Sonno nel generale contesto dell’espressione a fumetti contemporanea non ci serve evocare il genio predittore di Salvador Dalí, secondo cui «il fumetto rappresenterà la cultura del 3794». Né di rifarci a una recente affermazione di Marcello Baraghini, mitologico guru della cultura alternativa e della lotta alla censura in Italia: «il fumetto è la letteratura della contemporaneità».

O meglio, non ci serve più. Siamo tutti d’accordo: quel periodo oscurantista, timoroso e sospettoso, che stabiliva gerarchie tra forme espressive, guardandole con superficialità, attraverso la lente opaca e deformante del pregiudizio, è definitivamente tramontato.

E non è certo questa la sede per ripercorrere la storia del fumetto in base al suo ruolo nella critica e nel sistema delle arti - un processo lungo alcuni decenni, che interseca una miriade di ipotesi di ricerca in campo umanistico, dalle microstorie di Fernand Braudel alla nascita dei Cultural Studies, dall’interesse per il rapporto tra le avanguardie storiche e i linguaggi di massa di Maurizio Calvesi allo Strutturalismo e allo studio dei modelli che determinano il funzionamento dei linguaggi, inaugurato dalla semiotica di Umberto Eco (tanto per cominciare).

Lo diamo un po’ per scontato, che insegnare a Capire il fumetto, come illustrava Scott McCloud in un suo famoso trattato a fumetti - pionieristico per gli studi di storia e teoria di questo genere - come si insegna a capire la letteratura, l’arte, il cinema, la musica (e via dicendo fino ad arrivare ai nuovi media), è un esercizio fondamentale per una formazione intellettuale consapevole e completa.

Lo si fa, con crescente adesione e vitalità, all’università, nei centri di ricerca, a scuola, in TV, sui social, con i documentari, le terze pagine dei quotidiani, le mostre nei musei, e i tanti altri strumenti di approfondimento culturale di ieri e di oggi.

Lo si fa nel confronto con altre arti, con approccio cognitivista, come cartina al tornasole di temi urgenti nella società (gender, migrazione, cambiamento climatico, guerra, pandemia…), con prospettiva storico-critica rispetto al genere stesso, secondo un orientamento filologico, attraverso analisi di dati di mercato, etc.

In sintesi: del mondo iper-tecnologico, iper-reale, iper-complesso, iper-materiale, iper-globale, iper-individuale - un mondo in cui si rivoluzionano, a ritmi e velocità senza precedenti storici, i modi (le forme e gli strumenti) in cui si comunica, le pratiche del vivere associato, il rapporto con la propria identità - il fumetto ci dice qualcosa.

E capire cosa ci dice significa capire un modo di organizzare il pensiero secondo un’estetica, ovvero: i fumetti mettono ordine a un pezzettino di caos del mondo, vi convergono voci e sguardi che di questa fenomenologia ci offrono una chiave di lettura, individuale e collettiva, personale e universale.

L’inter-medium

Per chi si occupa di cultura, il fumetto di oggi va guardato come un sistema complesso, con un passato molto “formalizzato”, che inizia a sfaldarsi con gli esperimenti avanguardistici e autoriali del fumetto d’autore e di quello alternativo - eppure “disarticolato», come indica Valerio Bindi, e «sfuggente», come ci avverte Thierry Groensteen - perché basato sull’interazione di molti nuclei di senso (immagine, parola, vignetta, sequenza…), un inter-medium che ri-media altri media, che si serve dell’immagine dove non arriva la parola e viceversa, che contiene in una pagina molte finestre sulla realtà, e/o sul suo specchio lunare della fantasia, in cui il la linea ha, per ogni segmento e variazione, un ruolo narrativo preciso.

Per tutti gli altri, il fumetto si può semplicemente guardare/leggere: e, possibilmente, da questo contatto, oltre a una dimensione di intrattenimento, va tratto un senso di compiutezza, un’unità di significato, che continua a generare senso, anche a lettura terminata.

Mi pare che Sonno, nelle storie brevi Non coprire (Sporchi e subito, Feltrinelli, 2020) e Ballate in ritardo (La rabbia, Einaudi, 2016), nella raccolta di strisce e vignette Anatomy of a sensitive person (Fortepressa, 2019), nel graphic novel Prima di tutto tocca nascere (Feltrinelli, 2021), nella curatela di Dopodomani-Fumetti e nelle tavole che l’autrice corrisponde per questo inserto, abbia ben presente questi e altri aspetti del significato del fumetto oggi.

E il tipo di fumetto che lei stessa sceglie per esprimersi, nonché quello degli autori/trici/tor* che pubblica, rispecchia questa visione: un fumetto colto, equilibrato e ragionato, che riflette su se stesso e sulle convenzioni del mezzo, senza esagerare con l’eccentricità, ma ad uso di un’audience ampia.

Un fumetto che ha nel target un pubblico generalista, attuale nella capacità di educare i propri lettori alla visione dell’immagine mediata, che oggi è l’immagine dominante.

Non sono certo quegli aspetti che rispondono a un senso di bello canonico - né di “fumettistico” canonico - a colpirci di queste opere: se mai, dalla lettura otteniamo esiti di varietà, entriamo in contatto con forme, tecniche e composizioni che un pubblico ampio non sarebbe spontaneamente spinto ad associare alla nona arte; con prospettive sempre sorprendenti sull’argomento di volta in volta trattato.

Un fumetto che incorpora stimoli derivanti da una ricchezza di correnti susseguitesi nella storia di questo medium - da Pogo all’underground, dai Peanuts a Manu Larcenet - e le avanza a un livello ulteriore.

Ironia e sabotaggio

Che si tratti di archi narrativi complessi, o del susseguirsi di singole vignette che illustrano vari modi di affrontare un tema preciso, prevale in Sonno una postura ironica, di delicati ma incisivi sabotaggi degli meccanismi funzionali del mezzo, riflessioni su come aumentarne l’efficacia: per esempio, il testo che tradisce l’immagine, più che confermarla; l’alternarsi di voci discordi intorno al disegno; la dissonanza tra espressioni degli occhi e atteggiamento della bocca del personaggio; corpi sempre diversi, ritratti mentre sono impegnati in azioni varie (la ballerina ritorta in una posa, l’arciere sul punto di scoccare la freccia, le bambine che si dondolano sull’altalena), che si estraniano dal presente per ragionare su se stessi e sul mondo.

Il distacco ironico come strumento di indagine permette di alleggerire una materia potenzialmente respingente - è questa la cifra della nuova storia a puntate firmata dalla fumettista, «La volontà, l’istinto e l’abilità dei nostri sensi» - è spesso abbinato all’uso di ciò che si potrebbe definire una metafora visuale, o un correlativo oggettivo: un elemento visivo che, nella narrazione, viene a concentrare nevrosi, passioni, tumulti interiori, movimenti dell’io.

Oggetti spiazzanti, immediatamente efficaci, proprio perché spesso la loro comparsa è lontana, nei termini e negli esiti, dalla loro funzione usuale, come le ginocchia fulcro del blocco interiore del protagonista di PDTTN, o il termosifone innamorato in Non coprire, e, nell’ultimo fumetto, la cipolla brandita dall’influencer/filosofa invitata in TV per spiegare e disseminare la propria cosmologia, un personaggio che ha piuttosto l’aspetto e il piglio da terrorista della Merry di Pastorale Americana, che quello di Chiara Ferragni.

 «La volontà, l’istinto e l’abilità dei nostri sensi» ci dice anche del lavoro sull’immagine corporea, in particolare quella femminile, che sta portando avanti l’autrice: le forme tendono a una rotondità destrutturata da vignetta, ignorando intenzionalmente la dimensione muscolare, ciò che ce li rende immediatamente vicini, anti-ideali, verosimili. Nasi e denti sono irregolari, i capelli disordinati, le espressioni sgraziate.

Nel caso dei due protagonisti, un’assassina e uno stupratore, la loro prossimità a persone comuni, anonime come noi, individui che potremmo incontrare in ascensore o incrociare al supermercato, con una propria quotidianità, una storia che ne ha determinato l’identità, sogni tramontati o nel cassetto, raccontati nelle piccole azioni di tutti i giorni, è un aspetto chiave: come ha recentemente affermato Marco Galli in merito al proprio graphic novel Il nido, incentrato su alcuni episodi della vita di Hitler, rappresentare il mostro come un essere de-umanizzato perde completamente di efficacia e non ha alcuna valenza sociologica.

Al contrario, il mostro va reso in modo umano, mettendo in luce gli aspetti di vicinanza a chi legge, sviluppando distesamente come l’orrore possa annidarsi in noi stessi o in persone molto simili a noi, senza rifiutarlo, ma sfruttandolo come lente attraverso cui analizzare se stessi e la propria società.

L’ambivalenza

Di Sonno abbiamo visto, di volta in volta, chine, inchiostri, acquerelli, pastelli, pennarelli, a servizio di una varietà di segni: dal più deciso al più sfumato, dal più sottile a quello ripassato più volte, dal più sintetico al più elaborato - bianco su nero, nero su bianco, o tavole coloratissime, volumi e forme piatte, e molte altre variazioni e traiettorie di sperimentalismo.

La volontà, l’istinto e l’abilità dei nostri sensi sembra una sintesi di questo lungo esercizio: si passa da momenti di estremo realismo a sequenze caricaturali e grottesche, come quella in cui il protagonista maschile trasforma progressivamente i connotati in quelli del Grinch; il montaggio è di inquadrature e vignette mobili, funzionali ai diversi momenti della narrazione, un dinamismo estremamente adatto a rendere una storia dalle implicazioni sfaccettate e dalle diverse posture, che favorisce un atteggiamento sfumato nei confronti del tema in esame - positioning di complessità ribadito in chiusura della storia, con una tavola in cui si dispiega la discrepanza tra com’è andata veramente e la lettura corriva dell’episodio da parte della polizia.

L'atteggiamento di ambivalenza e di sospensione del giudizio veicola un senso di verosimiglianza e di umanità dei personaggi, favorito parimenti dalla materia testuale: un tessuto di frasi secche, asciutte, con inserti più elaborati, funzionali a spiegare credi, ragioni e passati dei personaggi.

Le battute contribuiscono dunque a mantenere incalzante e movimentato il ritmo della narrazione, ben abbinandosi alla versatilità di prospettive e inquadrature e alla misura disomogenea della vignetta, che va dalla griglia di riquadri (soprattutto nei dialoghi serrati), alla vignetta lunga (scene di posizione), al disegno a tutta pagina (per i momenti più carichi di pathos della narrazione).

La scena clou, in cui si consuma l’omicidio, è sparsa in una griglia antisequenziale, dalla temporalità ferma, congelata: ed è una tavola così stratificata che possiamo interpretarla sia come strumento per indicare l’io completamente in pezzi della protagonista che compie il gesto, che come strategia per ribadire che siamo esseri compositi, e che le nostra identità, per forza di cose, tendono al molteplice.

E accettare che noi - il nostro mondo, i modi in cui si organizza la nostra società - siamo fatti di tessere discordi e parti contrastanti è forse una delle verità che i fumetti di oggi (e quelli di Sonno non fanno eccezione) ci aiutano a capire.

Dal 14 agosto, per otto giorni, Domani pubblica ogni giorno quattro pagine del graphic novel inedito di Sonno, La volontà, l’istinto e l’abilità dei nostri sensi. Gratis all’interno del giornale 

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