Ci sono festival in cui la rimozione di genere sembra essere il primo invitato, e ci sono festival in cui la parità è una realtà, e da quella si parte per giudicare il merito, senza nemmeno domandarsi se dietro a un’opera ci sia un uomo o una donna. Alla Mostra del cinema di Venezia è avvenuto questo. Il Leone d’oro per il miglior film è andato a Chloé Zao, 38 anni, che in Nomadland ha diretto Frances McDormand. «Interpreto personaggi femminili quindi ho l’opportunità di cambiare il modo in cui le persone li guardano», ha detto McDormand. Perché il fuoco è sempre lì: cambiare il modo in cui le persone ci guardano e, ancora prima, pretendere di essere viste.

La giuria dei film in concorso, composta da quattro donne e tre uomini, ha potuto ragionare solo in termini di “cosa mi è piaciuto” perché chi aveva selezionato i titoli ha permesso di dare per assodata la parità di genere. Nessuna di noi pensa che le opere debbano essere portatrici di chissà quale precetto morale, poiché l’arte va oltre la moralità, ma tutte noi lottiamo perché ci sia una doverosa possibilità di rappresentazione: senza donne, si riduce lo spettro di ciò che è raccontabile.

Dei diciotto film in concorso, otto erano diretti da registe. Miss Marx, di Susanna Nicchiarelli, per esempio, è un film potente: racconta una prigionia interiore mentre all’esterno fai e dici la cosa giusta, il baratro che può aprirsi tra una brillante vita pubblica e le miserie del privato. È incredibile come tutti tendiamo a distruggere proprio ciò che dovremmo proteggere.

Così, persino chi ha liberato il mondo dalle catene, ha tenuto incatenato chi amava: succede a Karl Marx con la figlia che può iniziare a vivere solo quando seppellisce il padre, e forse neanche allora. Non vi rovino nulla, perché da questo avvenimento parte il film. Ci vuole coraggio a mostrare che nella vita i conflitti a volte non si risolvono, e che arrendersi è una scelta non giudicabile.

Le sorelle Macaluso, diretto da Emma Dante, racconta di ragazze elettriche che crescono piene di rancore e di amore, racconta soprattutto la sorellanza come spesso è nella realtà, quando non vivi a casa March. Tutte queste donne hanno raggiunto i nostri occhi perché uno spazio che le contemplasse è stato prima immaginato, e poi messo a disposizione.

Non le opere, ma il pensiero di altre donne è stato invece dimenticato al Festival della Bellezza di Verona. A chi scrive «basta con questa divisione del mondo per generi sessuali: si facciano partecipare ai festival solo le persone intelligenti», consiglio di rileggersi le parole di Chiara Valerio: «Dateci lo stesso numero di anni, di storia, di errori dati agli uomini per poter rendere palese che sì, a quel punto, non ci sarà alcuna differenza».

Non è una questione quantitativa, ma sistematica. Nessuna di noi ha la sindrome di Malefica de La bella addormentata, la non invitata alla festa. Tutte noi, però, quando leggiamo che al Festival di Verona «le donne in realtà erano previste: Patti Smith, Jane Birkin, Charlotte Rampling avevano ricevuto l’invito, ma per via del Covid non sono venute», pensiamo che una risata vi seppellirà, perché pescare le donne da geografie lontane, magari mettendole solo a cantare, non è una soluzione.

Per spalancare lo sguardo, la costola veronese del movimento Se non ora quando ha organizzato allora Erosive. La differenza è erotica! Oggi, a Verona, alle 18.00, in Piazza Bra, arrivano Giulia Blasi, Maura Gancitano, Federica Cacciola, Vera Gheno, Michela Murgia e Chiara Valerio, per raccontare di eros e di desiderio.

Un controcanto che sarà in contemporanea con l’appuntamento all’Arena (Alessandro Baricco accompagnato dalla pianista Gloria Campaner). «L’amore corre ad incontrar l’amore», diceva Romeo, ed è bello immaginarsi eserciti di Capuleti e Montecchi sfilare per le strade di Verona con sgabelli e cuscini per andare all’Arena o in Piazza Bra, in cerca d’amore e bellezza. Con una differenza, però: a Piazza Bra nessuno accompagnerà al piano nessuno.

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