«La crisi finirà quando si potrà fare un concerto in uno stadio con i numeri di prima» avverte Annarita Masullo, portavoce del movimento “La musica che gira”, composto da manager, produttori, artisti, musicisti, tecnici, consulenti, promoter, etichette discografiche, agenzie di booking, proprietari di live club, uffici stampa. Una lunga lista per cui si riapre ma non è tutto come prima: «Non basta l’annuncio per riaprire. Qualcuno si farebbe del male economicamente».

Live club e spazi di cultura, nonostante il via libera dallo scorso 26 aprile, stanno solo cominciando a organizzarsi. Tra biglietti drasticamente tagliati dalle misure anti Covid-19, mancanza di cartellone, coprifuoco, e cassa integrazione dei dipendenti, è ancora tutto in fase di costruzione. Dietro quel mondo «così sbrilluccicoso», scherza Masullo, tutti loro continuano a non sentirsi considerati, al pari di altre categorie. Nel suo locale, l’Off Topic di Torino, ha deciso di ospitare una tappa del “Cammino degli Invisibili” dell’ex sindacalista dei braccianti Aboubakar Soumahoro: «Un’unione naturale».

Molte associazioni sono nate o si sono rafforzate in pandemia. Oltre a loro, ci sono il Coordinamento Indies, la maggiore organizzazione che riunisce le etichette indipendenti, o i Bauli in Piazza, il movimento nato dai tecnici del settore. Insieme stanno portando avanti le loro rimostranze al ministero della Cultura, per chiedere misure specifiche, che ancora una volta, spiegano, devono essere emergenziali.

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Come i rider

Le imprese dello spettacolo e gli artisti hanno avuto la notizia che sarebbe stato possibile riaprire dieci giorni prima della data ufficiale: «Ma non è così semplice» dice Masullo. Richiamare i dipendenti dalla cassa integrazione è uno dei problemi principali: «L’Off Topic conta 30 dipendenti, ma gli introiti con meno posti saranno più bassi. Tutti dobbiamo stare attentissimi, altrimenti dopo queste riaperture rischiamo di dover licenziare».

Per tornare a pieno regime infatti si guarda al 2022, fino ad allora chi aveva programmato i grandi tour nei palazzetti e negli stadi – quelli che impiegano il maggior numero di forza lavoro –, resterà direttamente fermo: «Il rischio perdite è altissimo». Ma c’è chi va ancora oltre. Tiziano Ferro, cantante pop che riempie le platee, ad esempio, per sicurezza ha deciso di spostare tutto al 2023: «Siamo anche noi come i rider, dietro questo mondo luminoso, nessuno sa veramente quali sono le nostre condizioni di lavoro», aggiunge la portavoce della Musica che gira.

Chi ha perso il lavoro

In questi giorni il ministro della Cultura Dario Franceschini si sta occupando della riforma dello statuto dei lavoratori dello spettacolo per garantire nuove tutele. Spesso intermittenti, sono tra i lavoratori che hanno pagato di più la crisi pandemica: «Andare verso una riforma è un bene – specifica Masullo –, ma nessuno finora ha parlato di come bisogna intervenire sulle aziende di settore, e abbiamo visto solo linee generiche». I benefici che potrebbero esserci, inoltre, arriveranno a lungo termine, solo una volta che la legge sarà scritta e approvata.

Fino a oggi, il ministero della Cultura ha sostenuto circa 70mila lavoratori dello spettacolo. Ma la cultura, dunque la massa indistinta che va dagli addetti ai musei, agli attori, secondo le stime delle associazioni, impiega 1 milione e mezzo di persone. Le proporzioni, non reggono: «È impossibile – dice Masullo – che il ministero con una fetta così piccola abbia raggiunto tutti. Noi, professionisti così diversi e lavoratori intermittenti abbiamo sempre avuto difficoltà a contarci, ma dopo un anno di pandemia, se nessuno lo ha fatto forse la colpa non è solo nostra».

Eppure se ne è parlato. Ci sono state azioni di sensibilizzazione e raccolte fondi sin dall’inizio della pandemia. L’anno scorso Vasco Rossi ha condiviso una foto con un cartello con scritto “#iolavoroconlamusica”, artisti come il cantante degli Afterhours, Manuel Agnelli, o la cantautrice Levante hanno partecipato alla manifestazione “senza musica”, dove tutti si sono disposti in silenzio in Piazza Duomo a Milano. A Sanremo 2021 gli artisti hanno indossato spille con il simbolo “play-pausa” per ricordare la loro incertezza, e Fedez, in occasione del concertone del Primo Maggio (finito poi tra le polemiche per il discorso del rapper sul disegno di legge Zan contro l’omotrasnfobia) ha fatto sapere di aver raccolto 4 milioni di euro per i lavoratori dello spettacolo tramite il fondo “Scena Unita”.

Tra i più attivi i Bauli in piazza, che hanno dato vita a dei flashmob partecipati da oltre mille persone. L’ultimo a Roma tre settimane fa. Maurizio Cappellini, direttore di produzione e tra i promotori della manifestazione, dice che però adesso «non abbiamo più intenzione di manifestare». Stanno portando avanti i loro problemi direttamente ai tecnici di Franceschini in attesa che si prendano decisioni: «Oggi contiamo almeno 350mila lavoratori, ma eravamo di più. Da inizio pandemia il 30 per cento ormai ha abbandonato la professione», spiega, «un problema perché non significa solo che siamo di meno, ma che gente con esperienza che ha grande capacità non ha più potuto fare questo lavoro».

Coprifuoco e musica

Lo stesso problema lo sta vivendo il versante artistico. Giordano Sangiorgi, del Coordinamento Indies, racconta di come i club stiano chiudendo, e i festival, di solito così numerosi nel periodo estivo, saranno molti di meno: «Non è economicamente sostenibile» e questo è un problema che non si ferma all’organizzazione. Il patron del Meeting delle etichette indipendenti di Faenza ricorda che molti hanno mosso i primi passi in questi ambienti: «I Måneskin prima di andare a X-Factor e vincere Sanremo quest’anno hanno ricordato di essere venuti da noi. Anche Diodato, il vincitore dell’anno scorso, ha presentato a Faenza il suo primo album».

Il coordinamento la settimana prossima sarà al ministero: «Chiederemo che venga prolungato l’orario prima del coprifuoco, da subito alle 23, in seguito almeno fino a mezzanotte, non è pensabile fare concerti altrimenti», inoltre anche una mano sulla sanificazione e i dispositivi di protezione: «Sarebbe giusto che ce li fornisse la protezione civile».

A questo dovrebbe aggiungersi il sostegno della Rai: «Dovrebbe dare molto più spazio su Rai Play e sui canali Rai alla musica indipendente, mandando in onda tutti i festival che animano il panorama culturale italiano». Il Mei non si ferma: «Quest’anno premieremo a ottobre la Rappresentante di Lista. Ancora non sappiamo chi saranno gli altri artisti, chi potremo avere. Dipenderà anche dai Dpcm».

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