«Definire le Carré un autore di spionaggio è come dire che Conrad è uno scrittore di avventure marinare», diceva un editor dello scrittore morto domenica a 89 anni. Raccontava di talpe e intrighi, ma il suo vero soggetto era il chiaroscuro della condizione umana: pochi hanno saputo rappresentarla come le sue spie stanche, deluse e malinconiche
John le Carré, un gigante della letteratura inglese del Novecento, è morto sabato 12 dicembre. Aveva 89 anni: si è spento per complicazioni polmonari non legate al Covid-19.
Nel 1961 pubblica il suo primo romanzo, Chiamata per il morto: ma prima di darlo alle stampe i suoi superiori gli dissero che doveva usare uno pseudonimo. Si farà ispirare dall’insegna di una sartoria a Bonn, e da quel giorno le Carré diventerà sinonimo di romanzo di spionaggio.
Quello che le Carré ha saputo raccontare meglio di tutti è la distanza tra la retorica delle ideologie e le scelte di chi era incaricato di difenderle.
Il leggendario editor Robert Gottlieb, che lavorò su molti suoi romanzi per l’editore Knopf negli anni Settanta e Ottanta, a chi gli chiedeva se John le Carré fosse uno scrittore di genere rispondeva: «È un grande scrittore per il quale le spie sono semplicemente un soggetto. Definire le Carré un autore di spionaggio è come dire che Conrad è uno scrittore di avventure marinare o Jane Austen un’autrice di commedie domestiche. Chi è l’idiota che può dirlo?» John le Carré, un gigante della letterat



