Molti sanno chi sia Serena Dandini, molti ne conoscono il volto. Autrice e conduttrice di programmi che sono stati il fiore, e sono oggi la storia della televisione italiana: La Tv delle Ragazze, Pippo Kennedy Show, Avanzi! Programmi che dimostrano, a riguardarne oggi gli spezzoni disponibili su YouTube, e testimoniano quanto non sia vero che non siamo mai stati un paese ironico, non sia vero che siamo persone – noi italiani – che mal tollerano le critiche, non sia vero che la nostra cultura è debole tanto da non poter essere sfottuta.

Serena Dandini ha creato e raccolto intorno a sé un circolo di persone e intellettuali che hanno inventato una satira politica, culturale e sociale che, a distanza di tempo e memoria, illumina i nostri – di certo i miei – momenti di scoramento nel panorama culturale attuale. E questo è ciò che è accaduto e non può essere cambiato.

Quando ho letto La vasca del Führer, in libreria da un paio di settimane, nonostante avessi letto Le valorose, e seguito Ferite a morte nelle sue diverse declinazioni, per esempio, conoscessi cioè la versione bidimensionale cartacea di Dandini, mi sono dimenticata della televisione, della storia, della satira e degli spingitori di spingitori di cavalieri, e sono rimasta, pagina dopo pagina, a seguire l’ossessione di una scrittrice, l’ossessione per Lee Miller, la fotografa, la musa, la modella, la donna libera che libera le altre, anche da morta.

Lee Miller racconta di Serena Dandini, almeno quanto Serena Dandini racconti di Lee Miller. Il romanzo comincia come una biografia, e si chiude avendo lasciato in chi legge la certezza di aver letto un’autobiografia. Ma di chi? Non c’è identificazione tra l’autrice e Lee Miller, tuttavia, se il punto di chi racconta è eminentemente politico – e quello di Dandini lo è – ciò che accade, in quello strano processo di mesmerizzazione che è scrivere, è ritrovarsi davanti a una genealogia di donne, della quale chi ha scritto, ha stabilito una capostipite. Uno zero. Lo zero è sempre un artificio. Lo zero si sceglie, e per Dandini la storia delle donne, artiste per sé e per un committente, inserite nei massimi media pensabili allora – Vogue negli anni quaranta, o Life – che hanno guardato e sono state guardate con le gioie e le angosce che ciò comporta, che hanno deciso di non credere alla vulgata che per fare una cosa bene devi concentrarti solo su quella, e invece hanno fatto bene, benissimo – immaginando –, tutto ciò che hanno toccato, ecco lo zero di questa successione è, per Serena Dandini, Lee Miller.

Che in questa genealogia ci sia la stessa Dandini, lo scrivo io. Irriducibile ragazza degli anni Settanta. Come irriducibile ragazza degli anni Venti, e signora dei Quaranta è stata Lee Miller. E che le donne lo sono tutte, irriducibili, questo racconta La Vasca del Führer. Certo, avrei potuto dire della trama, svelare il titolo, sottolineare la prima e la terza persona in cui il romanzo è scritto e le casse acustiche che riverberano tra descrizioni delle foto e racconto, in presenza, in vivo, di Lee Miller, ma volevo essere, per una volta, uno spingitore di spingitori, e dire che in ogni romanzo scritto con un’intenzione, un’ossessione e con caparbia soavità, c’è sempre qualcos’altro.

© Riproduzione riservata