La studiosa si occupa da tempo di quel mondo Big Tech che oggi si sta muovendo nella direzione di Trump. Un mondo dove esiste un sostrato di sessismo che però i tentativi di regolamentazione non hanno intaccato
Ha parlato di social che hanno dentro di sé un modello di business propizio alla violenza digitale di genere, di diritto alla deindicizzazione e all’oblio, di “falle” discriminanti nei software di riconoscimento facciale. Ha denunciato come le violenze, lo sfruttamento e l’esclusione delle donne siano dinamiche strutturali che permeano a livello globale i processi di produzione delle tecnologie digitali. Ha raccontato di operaie in Cina, minatrici in Congo, moderatrici social in India, ragazze v



