Nicole Miglio analizza la storia dei processi tecnologici e narrativi che creano l’immaginario della riproduzione, indagando in particolare i metodi e il funzionamento delle macchine usate per fare le ecografie e le conseguenze emotive che derivano dalla visione delle ecografie stesse. Il libro sarà presentato il 7 maggio a Roma durante l’evento Tech4Fem Advance
È il 30 aprile 1965 quando la rivista Life pubblica “The drama of life before birth”, firmato dal fotografo Lennart Nilsson. Sulla copertina c’è la fotografia di un feto: ha il corpo leggermente rannicchiato e le mani che toccano il volto. La pubblicazione di quel reportage ha segnato il momento di ingresso dell’immagine della vita prenatale nella cultura visuale collettiva, contribuendo ad avviare il dibattito su quando inizia la vita e sull’autodeterminazione del corpo della donna.
Poi, tra argomenti scientifici, religiosi ed etici, in questi sessant’anni quel dibattito si è intensificato. «Con queste fotografie si apre una nuova era e un nuovo paradigma nell’intendere non solo “il feto” come soggetto astratto, ma propriamente lə “propriə figliə” da parte di persone incinte e “lə bambinə” da parte della società», si legge in L’imbroglio del feto (Meltemi editore, 2025). A scriverlo è Nicole Miglio, ricercatrice indipendente e consulente filosofica.
In circa 200 pagine Miglio analizza i processi tecnologici e narrativi che creano l’immaginario della riproduzione, indagando in particolare i metodi e il funzionamento delle macchine usate per fare le ecografie e le conseguenze emotive che derivano dalla visione delle ecografie stesse. Con l’aiuto di immagini e il riferimento a numerose teorie e studi scientifici, l’autrice dimostra che le immagini ecografiche non sono neutre, ma veicolano valori politici e morali.
Immagini e realtà
«C’è sostanziale accordo nella letteratura scientifica nel riconoscere un ruolo attivo all’ecografia prenatale nello sviluppo del legame materno-fetale e più in generale nello sviluppo della genitorialità». In altre parole, nel libro si sostiene che le ecografie non si limitano a mostrare il feto, ma modellano l’immaginario, trasformando un’entità biologica in un soggetto e consentendo ai genitori di “dare un volto” alle loro fantasie, aspettative e desideri.
Le immagini, scrive l’autrice, non sono mai «solo cose», ma in gravidanza creano una connessione tra la donna e il feto. «L’ecografia non solo costituisce il feto, la persona gestante e partner (se presente), ma contribuisce anche a organizzare la relazione tra le tre». Le immagini fetali rendono riconoscibile qualcosa che a occhio nudo non sarebbe visibile e plasmano il modo in cui la donna concepisce «l’umanità dell’embrione/feto».
Nel tempo, quel rapporto che si crea anche grazie alle ecografie potrebbe subire un’evoluzione grazie alle nuove tecnologie, in particolare con la diffusione dei Portable ultrasound machines (Pum). Si tratta di dispositivi ecografici portatili collegabili al proprio smartphone tramite un’applicazione, che permettono di fare le ecografie anche da casa. L’obiettivo dovrebbe essere quello di effettuare uno screening ecografico in qualunque momento, che in caso di necessità potrebbe essere visionato dalla ginecologa in diretta e da remoto.
Uno strumento come il Pum può cambiare completamente l’esperienza della gravidanza, in positivo o in negativo. «Ero incinta anche io, all’epoca, e pensavo a come la mia esperienza sarebbe cambiata se avessi avuto la possibilità di accedere all’ecografo per ogni minimo dolorino o fastidio: probabilmente avrei trascorso le mie giornate a rassicurarmi (o autosuggestionarmi)», scrive l’autrice. La pratica non è comunque priva di rischi: «Se una persona senza alcuna formazione eseguisse l’esame, sia il risultato che l’interpretazione potrebbero essere fuorvianti».
Fotografie politiche
Le immagini ecografiche non sono solo strumenti medici: sono armi retoriche usate anche nei dibattiti sull’interruzione volontaria di gravidanza. In alcuni paesi sono mostrate alle donne che esprimono la volontà di abortire, in Italia sono spesso usate dai gruppi antiabortisti. «È innegabile che l’ecografia fetale avvalori l’idea dell’individualità del feto e quindi del suo diritto a vivere: ce lo ricorda molto bene la strategia comunicativa dell’italiana Pro Vita e Famiglia, che sull’agency dell’ecografia costruisce titoli sensazionalistici e materiale propagandistico», continua l’autrice nel libro.
La tecnologia ha influito sul modo in cui le donne intendono la propria gravidanza, spostando l’attenzione sul feto. «Riconoscere all’ecografia il carattere di “finestra sul ventre” e di inappellabile “fotografia della vita” significa esercitare un principio di esclusione del soggetto che in realtà rende possibile l’interazione tra macchina e corpo: la persona incinta. Senza un essere umano con utero, nessun discorso su diritto alla vita del non-natə potrebbe mai sussistere.
Nello stesso modo, senza ecografia non esisterebbe nemmeno il feto». Come sottolinea Miglio, i manifesti dei gruppi antiabortisti spesso affissi nelle principali città italiane invisibilizzano la persona incinta, facendola scomparire dalla scena e concentrando tutta l’attenzione sul feto. Ed è così che le immagini veicolano una precisa visione della gravidanza, assumendo anche un connotato politico.
Non è neutro
L’imbroglio del feto potrebbe essere definito come un libro sul potere politico delle immagini: rende evidente che dietro a immagini apparentemente neutre si celano valori politici. Le ecografie, considerate oggettive o neutre, sono in realtà cariche di significati e possono essere impiegate per sostenere visioni contrastanti. Ed è proprio questa consapevolezza che Miglio vuole portare al centro del dibattito.
Tra le prossime presentazioni in programma, il libro di Nicole Miglio sarà presentato il 7 maggio durante l’evento Tech4Fem Advance, organizzato all’interno dei SaniDays, che si terranno alla Casa delle tecnologie emergenti della stazione di Roma Tiburtina.
Tech4Fem è la prima associazione no-profit italiana dedicata al FemTech e all’innovazione nella salute delle donne. L’obiettivo dell’evento e quello del libro di Miglio sono comuni: fornire strumenti critici per leggere la tecnologia non come un semplice mezzo (fintamente) neutro, ma come parte attiva nella costruzione di significati. Perché comprendere i meccanismi che stanno dietro ai fenomeni – anche quelli apparentemente naturali – è un atto di autocoscienza e di potere.
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