La bellezza di una lingua “sporca” spesso riesce a esprimere, meglio di una “pulita”, sentimenti e sensazioni. Chi scrive non può esimersi dal dar conto della marginalità, delle periferie, dei paesaggi esistenziali
- Negli ultimi anni a passi discreti, ma significativi, sta entrando nel cortile della letteratura una nuova, quanto suggestiva, famiglia letteraria che, giocando con diversi e articolati codici espressivi, potrebbe dirsi della scrittura “guasta”.
- Flussi parlati “meticciati”, “bastardi” ricchi di gergalismi e dialettismi innalzano il tasso di credibilità e di realismo delle voci narranti.
- La bellezza di una lingua “guasta” e “sporca” affresca a più vivi colori la scena, esaltando, a volte fino all’esasperazione, gli aspetti emotivi della realtà. Una “ribellione” del linguaggio da cui deriva una dinamica che travolge.
Negli ultimi anni a passi discreti, ma significativi, sta entrando nel cortile della letteratura una nuova, quanto suggestiva, famiglia letteraria che, giocando con diversi e articolati codici espressivi, potrebbe dirsi della scrittura “guasta”. Una lingua “meticciata”, in effetti, offre la possibilità di rappresentare una qualsiasi cosa (un luogo, un tempo) che esiste realmente per mezzo di un’altra che non esiste affatto, eppure, per molti aspetti, corrispondente a quella reale. Spesso la lin



