La caotica gestione dei rischi connessi alle vaccinazioni anti-Covid da parte degli istituti di controllo sui farmaci, la Fda negli Stati Uniti, l’Ema in Europa, l’Aifa da noi, è una nuova evidenza del dominio dell’irrazionale, del soggettivo, del “persuasivo”, che dopo aver annichilito la politica ora si diffonde anche nelle istituzioni scientifiche. È cambiato il modo stesso in cui è percepita la scienza, e di conseguenza è cambiato ciò che vogliamo dalla scienza: non più errori e confutazioni nei pressi di una versione dei fatti il più possibile condivisa, citando il celebre filosofo della scienza Karl Popper, ma certezza e assolutezza immediate. Vogliamo che la scienza si adegui alla nostra soggettività imperante e alle nostre infantili pretese. Del resto questa è l’epoca della soggettività. A morire è il testo – o il dato. In vita rimane solo l’autore e il suo niente-da-dire e tutto-da-temere.

Siamo dunque diventati assolutisti nel campo più relativo che ci sia, quello empirico delle scienze, basato sulla raccolta delle evidenze. Peculiare il fatto che mai prima nella storia avevamo raggiunto l’attuale, incredibile, capacità di raccogliere dati e di reagire alle avversità che ogni giorno la natura, da quelle più piccole a quelle globali come la pandemia in corso, ci offre, disinteressata. E proprio ora, arriva il riflusso; finito il “secolo della tecnica”, dei timori seminati qua e là di una disumanizzazione del consesso civile, della trasformazione dell’individuo in numero, adesso è la scienza a diventare umana, troppo umana. L’anelito verso l’assoluto ci definisce come esseri desideranti e umani. Ma abbandonare la lotta in difesa di ciò che umano non è (numeri, dati, fatti) ci condanna in realtà all’esilio da noi stessi in quanto comunità o collettività.

Critica della ragion pura

In alcune delle pagine più belle ed efficaci della sua Critica della ragion pura, nella sezione intitolata “Dell’opinione, della scienza e della fede”, Kant parla di quanto sta accadendo, a noi, oggi. Parole che andrebbero scritte a caratteri cubitali nei cieli sopra le istituzioni grigiastre e atterrite che stanno rallentando la campagna vaccinale e causando migliaia di morti evitabili. Così Kant: «La persuasione è una semplice apparenza, poiché il fondamento del giudizio, che è unicamente nel soggetto, vien considerato come oggetto. Quindi anche un tal giudizio non ha se non una validità privata, e la credenza non si può comunicare. Ma la verità riposa sull’accordo con l’oggetto, rispetto al quale per conseguenza i giudizi di tutti gli intelletti devono essere d’accordo. La pietra di paragone della credenza, è dunque la possibilità di comunicarla e di trovar la credenza valida per la ragione di ogni uomo; perché allora c’è almeno la presunzione, che il principio dell’accordo di tutti i giudizi riposerà sul comune fondamento, l’oggetto, col quale essi quindi s’accorderanno tutti».

Semplice, no? C’è uno scienziato al mondo in grado di dire che questo non debba essere l’unico principio guida? Ciò di cui siamo ora persuasi (che i vaccini siano pericolosi) non corrisponde all’oggetto (i dati incredibilmente chiari sul bassissimo rischio di effetti nocivi, sensibilmente inferiore a quello di morire di Covid). È utile citare alcuni semplici dati, che ho reperito sul Post e che qui riassumo: per chi ha almeno 55 anni di età ci sono quattro possibilità su un milione di avere gravi reazioni avverse (che non vuol dire morire, ndr) riconducibili al vaccino di AstraZeneca, e 800 su un milione di morire di Covid-19. Insomma il rischio è di 200 volte superiore, o del 20mila per cento in più. Inoltre, la possibilità di una morte per incidenti di vario tipo è di 180 casi su un milione per chi ha almeno 55 anni. Questi sono i soli fatti comunicabili, in senso kantiano. La persuasione sta nella paura ingiustificata, evidente leggendo i dati sopra riportati. Che ne direbbe Kant? «Una persuasione io posso tenermela per me, ma essa non può, né deve, volersi rendere valida fuori di me. L’opinione è una credenza insufficiente tanto soggettivamente quanto oggettivamente. Se essa è sufficiente soltanto soggettivamente dicesi fede. Infine la credenza sufficiente tanto soggettivamente quanto oggettivamente dicesi scienza. La sufficienza soggettiva si dice convinzione (per me stesso), quella oggettiva certezza (per ognuno). Non mi fermerò a spiegare concetti così facili».

Mancavano vent’anni alla fine del Settecento e Kant riteneva di non doversi soffermare a spiegare concetti così facili! È come se a causa di un incidente aereo, per timori di altri rarissimi eventi avversi dello stesso tipo e a causa del panico che tale pensiero irrazionale dovesse generare, le autorità internazionali fermassero tutto il traffico aereo, il mezzo di trasporto più sicuro in assoluto, lasciando le autostrade aperte, nonostante le automobili mietano un numero estremamente più l’elevato di vittime, come accade ogni giorno. È naturale che la paura di volare sia più diffusa di quella di viaggiare in automobile; in auto siamo vicini a terra, in controllo, la usiamo tutti i giorni. Ma che sia naturale provare paure irrazionali non può diventare materia di discussione che vada oltre la persuasione, fallace e individuale, ma è tuttavia già successo, ahimè, con la sequenza di nemici inventati dal populismo, causa di quel che vado qui dicendo.

Allo stesso modo può essere comprensibile che farsi fare un’iniezione sia ritenuto più pericoloso del non fare nulla. Ma è esattamente questo che deve fare chi ci governa; aiutarci a smascherare gli inganni della nostra mente imperfetta, e ciò si può solo fare condividendo dei princìpi, uno per tutti, quello sopra enunciato da Kant. E se tutti sviluppassimo una fobia per l’acqua? Mi auguro che nessuno si metterebbe a riesaminare la necessità di ingerirne una discreta quantità ogni giorno. Insomma, per dirla ancora con le semplici parole del filosofo di Königsberg: «È assurdo opinare in matematica; si deve sapere, o astenersi da ogni giudizio».

Ma c’è altro, che getta nuova luce su cosa mettiamo in gioco quando pretendiamo di essere protetti dalla paura infondata e soggettiva, mettendo a rischio, concretamente, le vite degli altri: «L’ordinaria pietra di paragone per vedere se qualche cosa sia una semplice persuasione, è la scommessa. Spesso uno enuncia le sue proposizioni con una risolutezza così sicura e irriducibile da parere abbia interamente deposto ogni tema d’errore. Una scommessa lo fa adombrare. A volte si vede che egli possiede bensì una persuasione da poter essere apprezzata per un ducato, ma non per dieci. Infatti egli arrischia il primo ma, di fronte a dieci, comincia ad avvedersi di ciò che prima non avvertiva, essere cioè possibilissimo che si sia sbagliato. Se si immagina di doverci scommettere la felicità di tutta la vita, se ne va il nostro giudizio trionfale, diventiamo timidi, e cominciamo a scoprire che la nostra fede non va tanto in là». E qui Kant, come sovente gli accadeva, pecca di ottimismo. Noi vogliamo che la scienza sia dio e dunque non ci giochiamo solo dieci e nemmeno cento ducati, ci giochiamo la nostra intera vita, su una fallacia. E quel che è peggio è che non siamo noi a giocarcela, ma coloro ai quali abbiamo demandato il compito di non giocare e invece basarsi sulle evidenze empiriche (e in quanto tali comunicabili, come direbbe ancora Kant).

La scienza in religione

La trasformazione della scienza in religione ha un segno nuovo; non più lo scientismo e il positivismo estremi, ma la sua trasfigurazione in un trascendente immaginario e irrazionale, che emerge dall’inconscio collettivo e che come tale diventa strumento di pressione sull’élite o, che è la stessa cosa, dalle stesse élite sobillato. Da qui la pretesa dell’infallibilità della scienza, la pretesa del margine d’errore zero; uno scientismo eretico ancora più pericoloso di quello ortodosso, un nuovo livello di marginalizzazione della ragione e dell’empirismo, che, a tutt’oggi rimangono gli unici strumenti che ci hanno permesso di capirci, quando ci è capitato. 2+2=4, lo sanno tutti. Ma appena lo stesso principio applicato a questa semplice equazione diventa complesso e riguarda le nostre vite ce ne fottiamo. E se facesse 5, solo per me, come per quegli altri dieci su un milione? Ci sentiamo tutti cigni neri, ormai.

Kant diceva quindi che solo ciò che è oggettivo è davvero comunicabile; oggi, schiavi dell’incantesimo della trasparenza, vogliamo sapere tutto, e se non ce lo dicono gridiamo al complotto. Ma la trasparenza è fondata su – e moltiplica la mancanza di – fiducia e capacità di delega. Voler sapere sempre, senza avere gli strumenti per giudicare ciò che ci viene detto, è pericoloso. Perché va a finire che la conoscenza parziale diviene assoluta, si lega alle nostre paure e da opinione o ingiustificata ma naturale ansia solitaria diventa ratio del discorso. E così è stato fin dalla prima caotica gestione delle poche decine di eventi avversi seguiti (forse! non è ancora provato) alla somministrazione di decine di milioni di dosi di vaccini. Gli scienziati vogliono dirci tutto e anche se non uno di essi pensa che il vaccino sia più rischioso dell’assenza di vaccino, si mette tutto in stand-by sulla base della paura collettiva figlia della trasparenza, e non dell’evidenza. Così si alimenta il mito della scienza divina e perfetta. Abbiamo trasformato la scienza in un dio, affatto etico, che deve assicurarci che uscirà sempre lo zero, non importa quante siano le possibilità che ciò accada.

 

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