Maria Arnal: «La musica e l’Ia? Voglio capirla»

Maria Arnal è incontenibile. La cantante e compositrice catalana in questi giorni è in tour con La morte e la primavera, spettacolo di danza curato da Marcos Morau e ispirato a un romanzo di Mercé Rodoreda. Il 26 settembre Arnal suona al Mattatoio di Roma per una delle serate di ULTRA Club, la sezione musicale di Romaeuropa Festival. «È una settimana impegnativa», ci dice al telefono quando la raggiungiamo per un’intervista. «Il 25 settembre sono a teatro con La morte e la primavera a Barcellona. Il 26 a Roma.» Bollani: «Anche io, come Novecento, non sono mai sceso dal mio transatlantico» A Roma sarà una serata diversa da quella di Barcellona. Sì, presenterò il mio nuovo album AMA, in uscita nel 2026. AMA è il mio lavoro, sono le mie canzoni, il mio progetto. Il concerto di Roma sarà molto intimo, incentrato sulla mia voce. Nello spettacolo di Morau invece ci sono i ballerini: io ho composto tutte le musiche, mi esibisco e canto dal vivo. Sono molto felice di farne parte perché è tratto dall’opera di un’autrice catalana che è stata molto importante per me da adolescente. La morte e la primavera è un romanzo che Mercè Rodoreda ha scritto mentre era in esilio dopo la guerra civile. È stato pubblicato solo dopo la sua morte, parla della parte peggiore degli esseri umani. Il direttore di Romaeuropa festival: «Viviamo in una realtà accelerata. I festival sono un antidoto» Il suo è un percorso artistico da esploratrice. La sua musica è un mix di elettronica, musica tradizionale polifonica, avant-pop. Le piace giocare con l’intelligenza artificiale, con la voce. Come è arrivata a esplorare queste possibilità nella musica? Cerco di esplorare perché sono molto curiosa. Negli ultimi anni molte persone mi hanno chiesto di collaborare, anche scienziati e registi. Ho collaborato a colonne sonore e realizzato installazioni. Con il Barcelona Supercomputing Center abbiamo studiato l’interazione della mia voce con le nuove possibilità dell’Ia. Ho anche cominciato a produrre la mia musica. Ho cercato di imparare e imparare. Poi ho messo tutte queste nuove esperienze nelle mie nuove canzoni. Non ho voluto pubblicare nessun singolo. Voglio che le persone vengano al concerto per ascoltare la mia nuova musica con il proprio corpo. Perché in AMA esploro molto il rapporto tra corpo e voce. AMA ha a che fare con le donne nella mia famiglia, quelle che mi hanno cresciuto e mi hanno insegnato le canzoni che conosco. Ma AMA ha anche a che fare con la mia voce, l’uso dell’intelligenza artificiale, l’imitazione delle voci. [Missing Caption][Missing Credit] È ottimista sull’uso dell’intelligenza artificiale nella musica? Non c’è mai stata una tecnologia che operasse a questi livelli di velocità e globalità. Il problema non è la tecnologia. Il problema è il capitalismo. È il sistema che funziona in modo che chi possiede questa tecnologia avrà così tanto potere. Ho paura, ovviamente, perché il mondo sta diventando pazzo, bellicoso, barbaro, e i leader sono paralizzati, narcisisti – è come un incubo nel mezzo di un genocidio. È davvero spaventoso ma questo è il nostro tempo. Quindi ho deciso di imparare come funzionano queste tecnologie, e cosa posso fare con loro in un modo etico. So che l’Ia può essere utilizzata per scopi non etici, come le armi. Ma per me è una responsabilità non seguire la corrente della paura: voglio capire, imparare dalle persone che sanno come funziona, collaborare. Parisi: «Serve una casa comune europea per scienziati e scienziate che si occupano di Ia» Tra le sue collaborazioni c’è quella con John Talabot per un’installazione che esplora l’inquinamento dell’aria. Nel suo secondo album Clamor parla di apocalisse climatica. C’è un elemento di contemporaneità nel suo lavoro. Per me è sempre interessante parlare al nostro tempo, lo faccio perché mi interessa, sono molto libera. Ho lavorato a Clamor durante la pandemia. Il disco è nato dalla fine di una storia d’amore, quando qualcuno ti spezza il cuore è una specie di momento apocalittico. Ho pensato che ci fosse una risonanza tra come mi sentivo dentro e quello che accadeva fuori. Nei momenti peggiori, quando ci sentiamo disorientati, si cerca speranza. Per me si trattava di uscire da una visione antropocentrica, passare dalla comprensione che il mondo è molto più della nostra visione di esseri umani. Anche l’Ia ha fatto cose buone: a Venezia studia la peste del Trecento Possiamo dire che Maria Arnal è un’artista a più dimensioni. Sì, direi che ci sono tre parti. Prima di tutto il mio progetto di songwriter e performer, AMA e i miei concerti. Poi c’è la parte di compositrice, dove lavoro insieme a Morau o con le colonne sonore di film come Polvo serán. Infine, c’è la mia parte da ricercatrice e sound artist, il lavoro con l’Ia o le installazioni. E se non ci fosse un processo artistico autentico non riuscirei a fare tutto, perché è un lavoro incredibile: io lo adoro. Dal test di Turing a Odissea nello spazio: le attese deluse dell’Ia delle origini E da quale musica si lascia ispirare? Ascolto molta musica. La musica polifonica, i vecchi canti medioevali, la musica a cappella. Mi piace tutto quello che ha a che fare con il folk e le voci, perché la voce è il mio strumento. Meredith Monk, Pauline Oliveros, Ildegarda di Bingen. Poi ascolto molta elettronica, Lyra Pramuk, Caterina Barbieri, FUJI||||||||||TA, adoro Bjork, Arca, FKA Twigs, il pop di Charli xcx. Sono molta aperta perché più ascolto e più imparo, e nel mio cuore sono un’eterna studentessa. Può essere davvero “creativa”? Ci sostituirà? Quelle domande difficili sull’Ia Il live di Maria Arnal è presentato in collaborazione con Ramon Llull Institut nell’ambito di ULTRA CLUB sezione musicale del Romaeuropa Festival al Mattatoio che si concluderà il 27 settembre con focus sull’etichetta Dischi Sotterranei e i live di Altea e Fuera. La stessa sera di Maria Arnal anche i live di Sara Persico ed Erotiq presentati in collaborazione con Klang.