intervista alla poeta

Mariam Qosh: «Ogni bomba che cade su Gaza può essere il mio ultimo verso»

(Mariam Qosh. Foto courtesy of M. Qosh)
(Mariam Qosh. Foto courtesy of M. Qosh)

Il racconto dell’intellettuale 36enne, che vive con madre e fratello nel campo profughi Al Nuseirat, nel mezzo della Striscia: «Per me la poesia è personale e politica. È il modo in cui riesco a respirare anche nel rumore dei droni. Leggendo i miei brani, le generazioni future diranno: “C’era un popolo che meritava di vivere”»  

«Ore 5.10. Riesco a sentire il suo enorme frastuono. Sono passate molte ore e i colpi non si sono fermati, nemmeno per un minuto... Non avevo bisogno della luce per preparare il tè in cucina.» Comincia così Sinfonia n.9, la poesia che Mariam Qosh, 36 anni, scrive in un’alba buia e assordante nel cuore di Gaza. «Il tempo passa, i proiettili non si fermano e il rombo dell’aereo diventa sempre più forte! Non voglio che questo sia il mio ultimo messaggio, non ho ancora iniziato». Mariam vive con sua

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