«Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue». Gesù pronuncia queste parole in occasione della sua ultima cena pasquale, associando a un rito tradizionale un annuncio nuovo e instaurando così una «comunione nuova».

È certamente uno degli estratti (perìcopi) più celebri del Nuovo Testamento. Lo riportano tutti e quattro gli evangelisti, a differenza di altri racconti, come pure fa Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Ci sono intere biblioteche sulla questione, come è naturale che sia per l’importanza della sua liturgia. Su questo tema si sono confrontati filologi, esegeti, storici e teologi.

Coca-Cola e cannibali

Lo hanno fatto ancora di recente alcuni studiosi: Anselm Schubert, teologo dell’università di Erlangen-Norimberga, nel libro Pasto divino (Carocci, 2019) si è concentrato sugli alimenti utilizzati per l’eucarestia. Scoprendo, tra le altre cose, che il blocco delle importazioni in Uganda ha costretto a celebrarla addirittura con la Coca-Cola al posto del vino.

Matteo Al Kalak invece in Mangiare Dio (Einaudi, 2021) ricorda l’episodio del disastro aereo del 1972. I rugbisti cattolici uruguayani dell’Old Christian Club sopravvissero ma rimasero isolati sulle Ande. Quando furono costretti a praticare una forma di cannibalismo da cadavere si aggrapparono mentalmente a questo rito domenicale.

Midnight Mass

Il dibattito sulla questione eucaristica e sulla sua dimensione celebrativa è diventato però dirompente grazie a una serie tv che ha il pregio di problematizzare temi connessi fra loro in modo profondo, come spesso accade con una certa serialità contemporanea, vera e propria letteratura di questo secondo millennio.

Il telespettatore di Midnight Mass – è questa la serie statunitense in onda su Netflix, ideata e diretta da Mike Flanagan – dovrà però avere la pazienza di andare oltre la violenza e la blasfemia di certe scene che si ritrovano fin dalle sequenze iniziali. La serie si apre infatti sulle note e le parole della canzone di Neil Diamond, And the Grass Won’t Pay No Mind, del 1969 tratta dall’album Brother Love’s Travelling Salvation Show («Listen easy, you can hear God calling/Walking barefoot by the stream»).

La canzone dà un senso di calma che fa a pugni con quanto si vede: uno dei protagonisti, Riley Flynn, guarda fisso il cadavere di una ragazza con la testa spappolata riverso sull’asfalto, morta nell’incidente da lui causato per guida in stato di ebrezza, con i medici che provano inutilmente a rianimarla. Il tema della fede fa subito la sua comparsa. Il testo di Diamond si intreccia infatti con quello del Padre Nostro, recitato da Flynn sul ciglio della strada, mettendo così sul tavolo due dei filoni narrativi principali della serie: la religione e il senso di colpa.

Verso la risurrezione

La serie è ambientata in una piccola comunità di pescatori (non è un caso) su una isola di poche decine di persone rimaste, dove tutti si conoscono e dove la pesca e il cattolicesimo sembrano essere il collante della maggioranza («Lei è nuovo, quindi non mi aspetto che lo sappia; ma il nostro rifugio è la chiesa», dirà Bev Keane, la perpetua, allo sceriffo musulmano). La chiesa inizia però a riempirsi solo quando un giovane e carismatico – ancorché oscuro – prete, padre Paul, “sostituisce” quello vecchio la cui storia viene ripercorsa attraverso una via crucis blasfema e, ma questo il telespettatore non lo può sapere, rivelatrice.

Tutto ha inizio il mercoledì delle ceneri, scelta non casuale: nel calendario liturgico, è il periodo caratterizzato dall’invito alla conversione a Dio che prepara la celebrazione della Pasqua, principale solennità del cristianesimo nella quale si ricorda la risurrezione di Gesù.

La storia che Flanagn porta sul piccolo schermo è incentrata proprio sui temi della conversione, della rinascita e della risurrezione, e dunque del corpo e sangue di Cristo: «rinascita, risurrezione, vita eterna – dirà nella sua omelia, commuovendo i fedeli –. La vita che risorge. Persino dalle tenebre, la vita risorge. Persino dal peccato. E quest’isola risorgerà».

Transustanziazione

Ci sono già tutte le parole chiave di quello che poi si disvelerà: tenebre, fede, morte e risurrezione. La predicazione del “nuovo” sacerdote è suggestiva, ma non solo. Alla sua parola seguono segni concreti, con veri e propri miracoli. Presagi inquietanti che diventano sempre più sanguinosi.

L’altro protagonista è proprio il sangue: di Cristo, ma anche degli uomini, fino a quando non sarà chiaro che la transustanziazione, la dottrina cattolica che il concilio di Trento definisce «quella mirabile e unica conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue, rimanendo tuttavia le specie del pane e del vino», va oltre il rito della consacrazione, per essere presa alla lettera, preparando il finale apocalittico.

Temi di attualità

I sette episodi riprendo i nomi di alcuni libri della Bibbia cristiana: Genesi, Salmi, Proverbi, Lamentazioni, Vangelo, Atti degli Apostoli in un climax narratologico che dal tempo liturgico della Quaresima arriva fino al triduo pasquale e alla puntata finale della vigilia di Pasqua, rappresentata dalla puntata Apocalisse, con fiamme, castighi, stermini e la nascita della nuova Gerusalemme.

Come si diceva all’inizio: se il telespettatore riuscirà ad andare oltre la blasfemia iniziale, allora potrà fare i conti con temi attualissimi, quali l’analfabetismo e l’estremismo religioso, il fanatismo, la natura del male, il peccato e la sua redenzione, l’altro e il diverso (rappresentato dallo sceriffo musulmano e da suo figlio che si vuole convertire per essere accettato dal gruppo), la vecchiaia, la non accettazione della morte, la capacità di nascondere il male e, infine, l’educazione.

È magistrale una sequenza che andrebbe fatta vedere a tutti gli studenti dei corsi di storia dei rapporti stato-chiesa, quano si tiene una riunione tra insegnanti e genitori, alcuni dei quali sono preoccupati per la distribuzione della Bibbia tra gli studenti in una scuola pubblica.

Messa di mezzanotte

Questa serie mostra l’uso strumentale che del testo sacro può essere fatto, per giustificare qualsiasi azione. E quanto siano pericolose le letture letterali di alcuni passaggi.

In una serie di incontri nelle scuole su stereotipi e discriminazioni, con alcuni colleghi storici abbiamo provato a mostrare come la discriminazione di genere non è frutto del religioso, ma il religioso ne può potenziare il ciclo, in senso positivo o negativo. Vale per tanti temi: il razzismo, ad esempio, ha trovato ancoramenti nella Bibbia, facendo di quest’ultima uno dei dispositivi simbolici della supremazia bianca. Nella Bibbia ha trovato tuttavia ispirazione e fondamento anche la resistenza degli oppressi e dei discriminati.

Proprio l’interpretazione del testo sacro ha funzionato come potente richiamo che corrobora o smentisce ogni stereotipo. E Midnight Mass su questo può dire molto. Il tutto impacchettato in un racconto che il New York Times ha definito «humanistic horror»: oltre a fantasmi e vampiri, al centro dei lavori di Flanagan ci sono il dramma familiare, personaggi che fanno i conti con le proprie paure e con il ruolo sociale che sono chiamati a ricoprire.

Se gli stilemi del genere rimangono, vengono mescolati sapientemente con elementi più profondi legati a una introspezione personale in cui non è esclusa una certa critica sociale. Il titolo che dà il nome alla serie, Midnight Mass, rispetta questi stilemi classici. Da un certo momento in poi, la messa, dopo essere stata cancellata, può continuare ad essere celebrata solo al calare del sole, prima che una nuova alba risorga.

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