Lou Ottens era uno di quegli uomini, sconosciuti ai più, cui dobbiamo un cambiamento radicale nelle nostre vite. Lou, morto sabato scorso alla bella età di 94 anni, è stato per decenni a capo della divisione audio della Philips che nel 1963 produsse il primo modello di musicassette, da lui stesso presentato alla Internationale Funkausstellung di Berlino.

Alla Fiera erano naturalmente presenti degli ingegneri giapponesi, con regolamentare macchina fotografica, che come d’obbligo iniziarono a sviluppare il progetto, non riuscendo tuttavia a raggiungere le piccole dimensioni del dispositivo realizzato dal buon vecchio Lou.

L’inizio di un intrigo sul quale torneremo: Lou, i giapponesi e la dimensione delle cassette. Perché vennero fatte proprio grandi così? La genesi del progetto è piuttosto divertente.

Dimensione della tasca

In una intervista rilasciata nel 2007 a una fighissima, oscurissima e superspecialistica rivista olandese di ingegneria, Lou racconta che quando iniziò a studiare il progetto che avrebbe rivoluzionato l’industria musicale aveva scolpito un blocchetto di legno della grandezza della tasca della sua giacca.

Quella avrebbe dovuto essere la dimensione massima del mangianastri portatile sul quale il suo gruppo stava lavorando e che avrebbe cambiato per sempre le modalità di fruizione della musica – perché la cassetta è innanzitutto mixtape, raccolta, compilation individuale, selezione, in una parola: playlist.

La cassetta è il primo vagito della iperpersonalizzazione del consumo dei contenuti, somma di frammenti selezionati da noi, e oggi, per noi, dagli algoritmi.

Lou e il suo gruppo ce la fecero. Inventarono il Philips EL330, grande esattamente quanto la tasca della giacca di Lou che, dopo aver tenuto in tasca per anni il prototipo di legno lo smarrì il giorno in cui a bordo della sua Due Cavalli forò e lo usò per stabilizzare non si sa cosa e cambiare la gomma.

Ripartì dimenticandoselo lì, in una strada ignota dei Paesi Bassi. Un bel tipo, non ci si aspetta niente di meno da uno come lui.

Olanda-Giappone 1-1

Qualche anno dopo alcune ditte giapponesi lanciarono dunque delle musicassette leggermente più grandi di quella di Lou (ovvero più grandi della tasca della sua giacca). Nel 1966 Lou insieme ad altri manager andò in Giappone a far valere i diritti suoi e della sua azienda.

I negoziati furono complicati, in special modo con Sony. La storia è piuttosto ingarbugliata, ma finisce così: la Philips, minacciata dalla Sony di abbandonare il loro progetto e buttarsi su quello di Grundig (meno funzionale e con una tecnologia di trascinamento del nastro meno affidabile di quella di Philips, nonché di dimensioni maggiori), decise di mettere a disposizione di tutti la sua scoperta.

Se tutti avessero prodotto le sue cassette, tutti avrebbero comprato il suo mangianastri portatile. Così fu. Lou aveva fissato lo standard delle musicassette una volta e per sempre. Da quel giorno a quello della sua morte si stima che siano state prodotte più di 100 miliardi di cassette.

Duemilaeventi

Secondo i dati raccolti da Nme, una delle più autorevoli riviste musicali del mondo, nel 2020 il mercato delle musicassette (ah, ma quanto è bella questa parola?) ha avuto un incremento del 103 per cento, più del doppio rispetto all’anno precedente e lo stesso numero del 2003 (quando il bestseller fu un mixtape intitolato “Now54” con Oasis e altri).

Un po’ come capitato con i vinili, che nel 2020 hanno visto il tredicesimo anno consecutivo di crescita. Certo girare con un Sony walkman e le cuffiette anni Ottanta con la spugnetta rotonda e il cerchietto sopra la testa è piuttosto fico. Deve essere per quello.

O per uno strano appuntamento romantico con la decadenza della pandemia, tanto simile al blues adolescenziale che ti tiene chiuso nella tua cameretta ad ascoltare la compilation della tua solitudine. E allora che tornino sempre più le cassette, insieme a tutta la cultura lo-fi che riusciremo a racimolare. Non è nostalgia. È un modo. Ed è figo; tutta figaggine che dobbiamo a Lou.

Il mixtape

Nell’introduzione al suo bellissimo libro Mixtape il meraviglioso e sempre amato Thurston Moore, ex Sonic Youth e ora votato a una carriera solista fatta di dischi straordinari, racconta che sentì parlare per la prima volta della compilation personale nel 1978.

Ne trovò traccia in un pezzo di Robert Christgau sul Village Voice: parlava di alcuni suoi mixtape fatti unendo ai dischi dei Clash alcuni b-side che non erano disponibili negli album. Si costruiva i suoi Clash su misura e li distribuiva agli amici – non uso la parola “condivideva” per ovvie ragioni; fanculo!

Thurston impazzì, non aveva i soldi per comprarsi un walkman ma aveva un mangianastri e soprattutto un vicino di casa già benestante, l’artista Dan Graham, che gli passava le sue compilation, registrate da vinile.

Già a quel tempo l’industria musicale iniziava a combattere la sua battaglia contro i mulini a vento: sulle cassette originali cominciarono ad apparire, accanto al magico logo “compact cassette”, delle scritte di questo tenore: LE REGISTRAZIONI DOMESTICHE UCCIDONO LA MUSICA.

Erano i primi anni Ottanta. La preoccupazione, benché di occhio lungo, era precipitosa; l’industria non sarebbe collassata fino all’arrivo della rete, più di vent’anni dopo. Ma certo, il mixtape fu il primo passo.

Lou, Radio Oranje e la rivoluzione con le cassette

Di notizie su Lou Ottens se ne trovano pochine, come si confà a chi ha cambiato il mondo,  o per lo meno la vita a miliardi di adolescenti e ventenni.

Nato nel 1923 a Bellingwolde, tra Groningen e il confine olandese, duemila anime oggi, chissà al tempo di Lou, è naturalmente un enfant prodige. Già durante la Seconda guerra mondiale riuscì a costruire una radio con un’antenna speciale che gli permetteva di captare le onde di radio Oranje, che trasmetteva un notiziario quotidiano di 25 minuti attraverso la Bbc per conto del governo olandese in esilio a Londra.

L’apparecchio era complesso; aveva una speciale antenna direzionale che impediva alle onde di disturbo che arrivavano dalla Germania di interferire con la ricezione.

Questo è un particolare interessante, se pensiamo al ruolo che le cassette avrebbero avuto negli ultimi vent’anni del secolo scorso; usate per importare clandestinamente la musica occidentale al di là della Cortina di ferro e al tempo stesso da Khomeini per diffondere i suoi sermoni prima della rivoluzione oscurantista del 1979 in Iran.

Molto poco costose, facili da usare, furono per decenni il mezzo di condivisone audio più diffuso, contribuendo anche all’affermarsi delle controculture che poi sarebbero diventate mainstream: i demo-tape punk e hard-core, per citare l’esempio più noto.

Tornando al nostro eroe, dopo la laurea in ingegneria del 1952, entrò alla Philips, dove rimase tutta la vita, contribuendo naturalmente anche allo sviluppo del Walkman Sony e del Cd, sempre in collaborazione con il tecno-gigante giapponese. Le sue ultime foto disponibili, del 2007, lo ritraggono serio, con i suoi occhiali-televisore da ingegnere, i capelli bianchi corti ma disordinati e un pullover azzurro, sullo sfondo di un bosco. In pace col mondo.

Blaster di emozioni

Le cassette sono state lettere d’amore per generazioni di liceali; hanno dato lo strumento essenziale alla cultura ghetto-blaster, quei giganteschi mangianastri portatili che arrivarono a New York insieme alla nascita del rap e dell’hip-hop, la musica di strada; stanno accanto alle sneakers e alle magliette delle band, alle Smemorande (da noialtri, in provincia) e agli amori non corrisposti, alle camerette tristi e a quelle gioiose; alle cuffiette, alle passeggiate solitarie e alle feste improvvisate.

La cassetta è stata tutto questo, un oggetto fisico carico di libido e di slancio vitale, anche quando le sue tracce (che non c’erano, era un unico fluire) erano cupo industrial o incazzatissimo hard-core da un minuto a pezzo.

Le cassette hanno trasportato megatoni di emozioni, e tutto grazie al vecchio Lou, che ci ha lasciati, senza nemmeno dirci quale era il suo mixtape preferito. Ammesso ne avesse uno.

Ma sarebbe certamente d’accordo con Thruston Moore, indiscutibile teorico del mixtape e difensore della musica libera per tutti, che senza le cassette non sarebbe mai arrivata: «Cercare di controllare la diffusione della musica è come cercare di controllare i moti del cuore: niente riuscirà a fermarli».

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