Musica e Intelligenza artificiale: è difficile riconoscere una canzone fantasma

È fresca la notizia che una canzone country generata dall’intelligenza artificiale sia balzata in testa alle classifiche su Billboard. Il pezzo si chiama Walk My Walk e nel giro di un mese pare abbia raggiunto oltre tre milioni di ascolti in streaming su Spotify. Per Andrew R. Chow di Time Magazine le classifiche di Billboard sono spesso manipolate, il dato è pompato e non avrebbe un vero impatto sugli ascolti: Walk My Walk mostrerebbe però come l’intelligenza artificiale stia contaminando sempre più velocemente l’industria musicale. Il caso Non solamente musica ambient e strumentale: l’Ia sarebbe già capace di mettere insieme canzoni simil-country, chitarra e voce, che si fanno strada nel panorama sonoro degli ascoltatori contemporanei. Breaking Rust è il misterioso artista (o band) che butta giù in serie parole e stereotipi: in Walk My Walk se ne va per la sua strada come un mandriano solitario con il fango sopra i jeans. «I’m gonna keep on talking and walk my walk», canta la voce di Breaking Rust, tentando una sintesi di certi stilemi della musica country. Che importanza ha cosa penserebbero Kris Kristofferson o Johnny Cash, ritrovatisi nell’aldilà a suonare la chitarra per amore di chitarra, una vecchia Martin a tracolla, oggetto di artigianato con cassa di risonanza, peso maestoso sopra il collo che sfuma di fronte al potere invisibile di un flusso bit che viaggia leggero come l’olio in una serratura. Dopotutto negli ultimi tempi il country è tornato alla ribalta riconquistando spazi in radio e facendosi largo tra le basse vie americane. L’ultimo album di Beyoncé, Cowboy Carter, è uscito come un inno pop al country; anche Post Malone lo scorso anno si è vocato al country, e da mesi Lana Del Rey posticipa l’uscita di un disco che, almeno per un certo periodo, si è annunciato (anche) country. Non sorprende perciò che le intelligenze artificiali si siano riunite per lavorare pure loro a canzoni country. Deve esserci stato un periodo di addestramento della macchina, una sessione ripetuta di ascolti di vecchie ballate popolari, del suono di Nashville, Hank Williams, Dolly Parton, e tutte le moderne derivazioni del genere. Dopodiché la macchina si è messa all’opera, e – tentativo dopo tentativo – ha tirato fuori una versione artificiale di canzone country. La voce che non c’è: così l’intelligenza artificiale ha già cambiato la musica Come si riconoscono Naturalmente la contaminazione non riguarda solamente la musica country. La scorsa estate il gruppo indie rock Velvet Sundown, dopo aver raggiunto un grosso numero di ascoltatori su Spotify, è venuto allo scoperto come progetto di musica generata da Ia. Elettronica, rock, neoclassica: tutto può essere sintetizzato. Tocca all’orecchio umano addestrarsi a riconoscere questi corpi estranei artificiali che si perdono tra le tante tracce di musica che ascoltiamo ogni giorno. Secondo una recente ricerca di Deezer e Ipsos circa il 97 per cento delle persone non sarebbe in grado di distinguere la musica generata da Ia nell’oceano sterminato di musica: un sondaggio forse un pochetto pessimista, che rende indietro la necessità di un manuale di istruzioni per riconoscere le tracce fantasma. Ma come debba essere fatto questo manuale al momento non si sa. Un po’ ci aveva aiutato a intuire le cose Liz Pelly, autrice di Mood Machine. Nel libro la giornalista americana passava in rassegna alcuni trucchi delle compagnie di streaming come Spotify per massimizzare i profitti e ridurre i costi: artisti falsi e tracce fantasma prodotte a basso costo che scorrono nelle playlist senza che l’ascoltatore se ne renda conto. L’Ia è un altro dei trucchi che può servire a un’azienda per ridurre i costi: se una canzone è fatta con l’Ia non esiste nessun artista da ricompensare, e se l’ascoltatore nemmeno se ne accorge il delitto è perfetto. A settembre Spotify ha cercato di rassicurare i clienti e gli artisti con un comunicato in cui annunciava l’uso di un filtro spam e l’etichettatura delle tracce generate dall’Ia. Secondo l’azienda nel giro di un anno sono state individuate ed eliminate più di 75 milioni di tracce considerate spam. Questo non ha impedito a Walk my Walk di intrufolarsi su Spotify, facendosi largo tra una Walk On di Neil Young e una Walk On The Wild Side di Lou Reed. Come se non bastasse, ci sono ascoltatori fantasmi, bot silenti creati per pompare gli ascolti. E a ottobre c’è stato il primo grande accordo tra una major discografica (la Universal) e una startup di intelligenza artificiale (Udio). Ogni tecnologia porta nuove sfide, e con l’Ia siamo solo all’inizio: la vediamo comparire ovunque, sotto forma di immagini, parole, suoni, ci prende in giro, ci fa cascare nel suo inganno. La musica avrà un suono più pulito, le sue voci saranno pulite. Chuck Berry e Nina Simone saranno ricordi di antichi cantori dalle voci imperfette e seducenti; almeno finché l’intelligenza artificiale arriverà a prendere anche loro, le piccole tonalità grezze, le accordature storte, le corde sfilacciate. Non resterà che perdersi a sfogliare pagine e pagine di istruzioni per riconoscere una traccia fantasma, finché stanchi e arresi, torneremo a suonare arpe tamburi e chitarre con le nostre mani. La Biennale Musica invita al puro ascolto, in presenza