Un ristorante stellato su un’isola, una clientela molto esclusiva invitata a una cena prestigiosa, uno chef dittatoriale con uno staff obnubilato ai suoi ordini e una situazione che lentamente sfocia nel folle, efferato e mortale. The Menu è thriller americano di gran fattura, pieno di tutte le convenzioni che servono a rendere questo genere di film scorrevole, comprensibile e accogliente per un pubblico largo. Nelle sue pieghe e nella scelta dell’ambientazione stellata ha però il suo senso più profondo. Venite per la forte tensione, il sangue e il mistero, rimanete per quel che ha da dire sulla cultura culinaria.

Lo chef dittatore

Sia chiaro però che The Menu non ce l’ha con l’alta cucina né con gli chef stellati o con la loro clientela, come potrebbe sembrare a una prima occhiata. Questo film con Anya Taylor-Joy (cliente finita lì per uno scambio di persona) e Ralph Fiennes (chef dittatore) ce l’ha semmai con la maniera in cui la cultura viene utilizzata per creare ulteriori distinzioni tra categorie di persone: chi è in grado e chi non lo è, chi è iniziato e chi no, chi è ammesso nel circolo che conta e chi invece viene tenuto al di fuori.

Per la prima volta vediamo raffigurata in un film la violenza che è intrinseca nella maniera in cui una parte della cultura enogastronomica (fatta di programmi televisivi di successo ma anche di dichiarazioni degli stessi chef e della mentalità delle scuole di cucina) ha posizionato sé stessa in questi anni.

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Lo stile di Chef’s Table

Ostriche con perle di limone fatte d’alga, cetriolo e melone su neve di latte, capesante servite su scogli dell’isola bollenti sono alcuni dei piatti che i commensali iniziano a mangiare. Il primo di questi piatti ci viene mostrato esattamente con lo stile e il tipo di inquadratura usati in Chef’s Table, il più noto e cool tra i programmi di cucina che in questi anni ha contribuito alla creazione della mitologia della cucina e ne ha esportato in tutto il mondo le principali star, raccontandole sempre divinità della creazione.

La scritta in sovrimpressione con il nome del piatto e i suoi ingredienti che usa esattamente il carattere di Chef’s Table poi leva ogni dubbio. È a quel pubblico che riconosce questo stile che The Menu si rivolge.

Tensione a tavola

«La gente idolatra i musicisti o gli atleti, ma quella è gente che non combina niente. Gli chef invece manipolano la materia grezza della vita», è una delle frasi con la quale il ragazzo al tavolo della protagonista, invasato per le creazioni dello chef, descrive quel mondo a lei, che invece per la prima volta mangia in uno stellato e trova tutta quella solennità molto ridicola, fino a che non inizia a diventare proprio mortale.

Tutto il film è permeato dalla tensione del thriller, cioè quella sensazione di pericolo imminente che fuoriesce da scenari inquietanti, interpretazioni inquietanti e situazioni misteriose, e avrà un gran finale come solo il cinema americano può partorire, ma prima di quello mescola bene l’ansia da inadeguatezza della protagonista a un timore reverenziale che diventa subito percezione di disprezzo.

«Non mangiate, vi prego. Degustate. Assaporate. Il nostro menù è troppo prezioso per essere solo mangiato» è la maniera in cui lo chef si rivolge ai commensali. La parodia di un certo modo di parlare di cibo, che diventa esposizione della durezza e violenza (psicologica) che questa cultura in molti casi promuove.

I clienti sono il menù

Come è parodia nera dell’alta cucina la portata con tacos che viene servita, fondata come spesso avviene nell’alta cucina sul concetto di memoria. Non è però la memoria dello chef, sui tacos di ogni commensale sono disegnati con il laser foto o documenti che li compromettono e provano le loro malefatte, sono i loro ricordi peggiori, la loro storia, vita e ciò che portano con sé a comporre parte del menù.

Andare al ristorante per essere umiliati. Anche per questo The Menu è il primo vero atto dissonante di critica dura contro la maniera in cui la cultura legata al cinema in molti casi viene veicolata e sfruttata per creare un mondo di persone migliori autorizzato a vessarne uno di persone peggiori.

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