Nel nuovo bootleg di Bob Dylan gli antichi furori giovanili

Non prendete impegni per Halloween. Il 31 ottobre è prevista l’uscita di un bootleg di Bob Dylan che raccoglie tracce registrate tra il 1956 e il 1963. Il viaggio nel repertorio giovanile di Dylan comincia la sera della vigilia di Natale al Terlinde Music Shop nel Minnesota, quando l’acrobata di parole del Midwest si chiamava Robert Zimmerman, e a 15 anni si divertiva a suonare versioni personali di Let The Good Times Roll di Shirley & Lee. Da allora il ragazzo non potrà più lasciare la chitarra, le corde gli si attaccarono al collo come le mani di una sirena fantasma. The Bootleg Series Vol. 18: Through the Open Window è un’opera lunga, contiene rarità, note, fotografie – e ci conduce fino a quel 1963 che è l’anno di uscita di uno dei dischi più belli della storia della musica, The Freewheelin’, con la sua copertina iconica da passeggio sottobraccio che fa sognare le strade, il primo album di canzoni inedite di Dylan – un disco fatto di parole incendiarie, di Blowin’ in the Wind, A Hard Rain’s a-Gonna Fall, e una carica di ispirata adrenalina cantautoriale. Nelle canzoni Dylan dipinge già pennellate di surreal-folk, la voce è sua e assolutamente sua. Gli anni raccolti nel bootleg sono il racconto di una ricerca musicale: i motivi ispiratori, la chiaroveggenza folk di dissidenti come Woody Guthrie, la chitarra e l’armonica come estensioni del corpo, mettersi sulle tracce della canzone per scoprire come si possa rivoltarla. I fantasmi di Nebraska. Il cuore di tenebra di Bruce Springsteen Incontro a un destino Partendo dal Minnesota Dylan era andato incontro a un destino, nella New York del Greenwich Village, tra camminate e notti sui palchi a suonare nei locali. Aveva accompagnato musicisti, li aveva replicati, imitati, combinato l’armonica e la voce, tirato fuori pezzi da riformulare. Aveva scavato negli angoli aspri di House of the Rising Sun per farci uscire la sua versione intimista. Aveva preso il nome da un poeta (Thomas), e sfregiato il country blues originario di Corrina, Corrina, per farlo rinascere a nuova generazione folk. Nel bootleg ascoltiamo Corrina nel live al Gerde’s Folk City di New York nel 1962, e diciamo grazie alla magia della registrazione. «Molti artisti cercavano di mettere in mostra sé stessi, non la canzone. Per me veniva prima la canzone». Nella sua autobiografia Chronicles, Bob Dylan ripercorre lo speciale incanto randagio dei giorni in cui suonava il suo repertorio di canzoni folk con «uno schitarramento deciso e ininterrotto» che costringeva la gente a scappare o avvicinarsi – come se il pubblico fosse già consapevole di avere davanti una scossa di diversità. «Le canzoni folk erano la via attraverso la quale io esploravo l’universo», scrive – perché il menestrello di Duluth è un esploratore venuto dal nulla per annunciare la modernità. C’è qualcosa di comune ed estraneo insieme in Dylan. Nelle fotografie dell’epoca indossa i jeans, i capelli arruffati volano in alto al vento, a volte si porta dietro una chitarra acustica, sembra il dolente taciturno manifesto di un’America working class, del giovane folle on-the-road che non sa fermarsi e porta in tasca un blues fendente. Gli antieroi dei Cinquanta avevano cambiato l’andatura americana; nei Sessanta toccava ai novelli bardi con le loro parole fiammanti. La canzone di protesta diventò una corrente elettrica che si diffondeva durante i live, si caricava di forza e correva alle marce per il lavoro e i diritti: i volti di Joan Baez, Martin Luther King, James Baldwin, ritratti insieme a quello di Dylan, erano pieni di tenera speranza per il futuro. Tutti copiano dai Led Zeppelin: mai quanto copiavano loro Contro la guerra Dylan aveva arroganza furore e gioventù: scagliava saette contro il proprio tempo in forma di canzoni. Il bootleg volume 18 registra il prodigioso processo di crescita del cantautore. Ci sono pezzi riemersi da live al Gasligth Cafe e alla Town Hall, registrazioni inedite, canzoni mai rilasciate in studio come Who Killed Davey Moore?, alternate take di Girl from the North Country e Master of war. Da qualche mese Bob Dylan sta aprendo i suoi concerti con Master of War, un modo per tirare fuori dai cassetti la sua invettiva più furiosa contro la guerra e i signori della guerra, i venditori d’armi e proiettili, i re potenti animati da conquista e sete di distruzione. Dylan possiede tutta una sua maniera di restare enigmatico come un profeta del caos, ma la semplicità con cui è tornato a ripetere certe parole – «lasciate che vi faccia una domanda / il vostro denaro è così potente / che pensate potrà comprarvi il perdono?» – fa da cassa di risonanza all’eternità e a una canzone che non ha perso il suo messaggio e il suo cuore di tempesta e ruggine. Continuiamo a parlare di Bob Dylan per ascoltare le sue canzoni Ci sono canzoni che non si piegano al tempo: per questa e altre ragioni il Bootleg dylaniano che raccoglie visioni giovanili, proteste e sogni ancora a venire, si aspetta come un visionario canto sceso dal cielo in terra: raffica di voce, chitarra, armonica, e passo di strada.