La voce roca di un uomo geme e sussurra parole sconce da sotto un pavimento rialzato. La terza stanza della galleria più trendy e pop del momento è vuota, ma tutti vogliono raggiungerla. C’è solo una piattaforma leggermente scoscesa sulla quale camminare. Siamo a New York, nel 1972, alla Sonnabend Gallery, in una scena artistica bruciante e rivoluzionaria. Vito Acconci, tra gli esponenti più radicali della body-art, fa una performance destinata alla storia, intitolata Seedbed, letto di semi. Senza pantaloni, l’artista s’infila sotto la piattaforma la mattina e ne esce all’imbrunire, dopo essersi masturbato per otto ore, inseminando lo spazio dell’arte. Il suo corpo è parte dell’edificio, è contemporaneamente opera e cervello generatore di idee, oggetto e soggetto. L’azione, invisibile al pubblico, fertilizza il sistema dell’arte. Il trentenne Acconci ha con sé un microfono per dialogare con le visitatrici alle quali chiede racconti hard. Nel frattempo, si muove strisciando lungo il pavimento della galleria, per eiaculare ovunque e non lasciare neanche una piccola porzione incontaminata. Lo squarcio che il rituale genera nel perbenismo è in sintonia con l’elettricità del rock, degli happening, della protesta e dei magic bus diretti a oriente. In questo clima di fusione dei corpi, esplode un immaginario promiscuo, forse felice, fondato sul senso di comunità. I giovani si tolgono i vestiti stretti della morale liberando il desiderio. È qualcosa che oggi – nell’era del moralismo di ritorno e della diffidenza – è inimmaginabile.

In quegli anni chimerici, tra i Sessanta e i Settanta – nel frastuono degli happening o tra i cuscini argentati della Factory di Warhol – la giapponese Yayoi Kusama diventava la regina della rivoluzione sessuale. È tra le prime a organizzare sex happening nelle strade di Manhattan, con un seguito di ragazzi nudi per protestare contro la guerra in Vietnam e l’ipocrisia borghese. Nella fontana del Moma, a Wall Street e sul ponte di Brooklyn, i corpi dei performer ricoperti di polka dots, pallini colorati, danzano e fanno sesso, divenendo opera collettiva.

Se il corpo singolo di Acconci si nega alla visione e scompare “sotto il palcoscenico” Kusama raduna le moltitudini nude, spingendole alla catarsi. La carne è ormai la tela sulla quale si edifica il nuovo linguaggio della protesta.

Pornografia commerciale

Anche Carolee Schneemann, artista femminista, si esibisce nuda, sospesa a un’imbracatura a soffitto, per dipingere nello spazio aereo tre tele circostanti. Usa il corpo come pennello e l’eros come arma affilata contro ogni tabù. Intanto John Lennon e Yoko Ono posano nudi per la stampa donando al pubblico l’intimità degli dei.

Nel decennio successivo, con il ritorno alla pittura, il corpo live continua a essere dispositivo politico ma molto meno provocatorio. Negli anni Novanta, i rotocalchi si riempiono delle candide foto porno di Jeff Koons e Cicciolina. Le opere dell’artista, statue in scala 1:1 e manifesti che raffigurano in maniera esplicita l’incontro sessuale tra i due squarciano un’altra volta il velo sollecitando nel mondo gossip e voyeurismo.

Con i primi anni Duemila si presenta l’era del lucchetto amoroso e del politically correct, il corpo diventa virtuale e l’incontro si fa difficile. L’americano Spencer Tunick – che da decenni fotografa migliaia di persone nude, sdraiate le une vicine alle altre, nelle strade di ogni parte del mondo – crea set con straordinarie texture umane, in sintonia con l’evoluzione degli happening. I corpi radunati rimangono tuttavia statici, quasi asessuati, e formano astratte prospettive urbane. Tunick considera ogni singola comparsa come cellula di un enorme organismo collettivo. Ancora una volta l’arte punta alla costituzione di comunità felici e libere. L’ultimo set di Tunick è stato allestito nel 2019 a New York, davanti alla sede di Facebook contro la censura dei nudi d’arte della piattaforma. La pandemia non era ancora scoppiata e l’incontro era concesso. Oggi – nell’era della pornografia totale commerciale contrapposta al distanziamento – questo panorama di emancipazione creativa è diventato un miraggio preistorico.

 

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