Ostile, fugace o fluente. Conoscere il Tempo per attraversare la vita

Una valle dove il tempo si ascolta. Dove i secondi hanno ancora un suono, metallico e un po’ antico, quello delle campane e degli orologi da torre che da più di un secolo nascono tra Uscio, Avegno e Recco. È la Valle del Tempo. Non poteva che essere questo il cuore del FestivalTempo, rassegna che da venerdì 24 a domenica 26 riempirà le piazze, i sentieri, la Sala Regina Margherita di Uscio. Un luogo e un’idea: fermarsi a pensare al tempo, mentre tutto il resto corre. Giuliano Torrengo, filosofo della mente e del tempo, ne parla con un sorriso che apre squarci su nuove dimensioni. «Forse uno degli aspetti più sorprendenti è quanto sia diverso il tempo pensato nelle teorie scientifiche dal tempo dell'esperienza», racconta. Sarà lui, coordinatore del Centro di Filosofia del Tempo della Statale di Milano, ad aprire l’evento con una lectio magistralis: Le avventure del tempo. Titolo avvincente. «Viviamo senza accorgerci che quello che ci sembra ovvio come la differenza tra passato, presente e futuro, non ha lo stesso ruolo nella fisica». Il tempo dei fisici non scorre. È un insieme di relazioni, di coordinate. Nessun prima e nessun dopo. Nessun battito che si perda. «È qualcosa di molto lontano dal nostro modo di pensarci». Le relazioni umane, invece, tengono insieme tutto. «Il modo migliore per vivere il tempo è cercare un sistema di relazioni buone per te e per gli altri: altrimenti si finisce per sprecare l’unica risorsa che non puoi permetterti di sprecare». Nell’eterna “crisi del libro” i giovani fanno ben sperare “Conosci il tuo nemico” Qui nella valle il tempo si può misurare ancora a orecchio. Nelle officine di Uscio l’odore del metallo si mescola al ricordo. È un tempo che in qualche modo ha un corpo. E vibra. Le campane di Uscio sono arrivate a San Pietro, a Santa Maria Maggiore, a Notre Dame. Le produce la Ditta Trebino. E dal 1958 è diventata una specie di partner ufficiale. Hanno risuonato a martello. Poi è arrivata la tecnologia anche lì. Per il funerale di Papa Francesco le azionò un computer dallo strano nome: Jupiter. Rintocchi che segnano l’ora, pendoli che oscillano. Un tempo diverso da quello dei nostri calendari digitali, dove tutto è programmato, già scritto. «Con calendari e supporti elettronici organizziamo così bene il futuro da renderlo più simile al passato» osserva Torrengo. «Diventa documentabile. Di solito ci aspettiamo che sia il passato a essere documentato. Oggi l’organizzazione del tempo rende meno evidente per la nostra vita quotidiana la differenza tra passato e futuro. Anche per questo ci sembra che il tempo, la nostra vita, vada più veloce: passato e futuro si avvicinano, e il passaggio tra i due si percepisce meno». La filosofia incontra la vita quotidiana, e il festival prova a farle dialogare. Con 33 ospiti e 23 eventi in rassegna. Ci saranno scienziati, artisti, scrittori. Piergiorgio Odifreddi parlerà del tempo e dell’orologio. Stefano Pivato, storico, rettore emerito dell’Università Carlo Bo di Urbino, parlerà del suono del tempo. Eventi off (anche a Recco e Avegno), spettacoli, concerti, comici. In time, ovviamente. Non tanto per spiegare che cos’è il tempo, ma per ascoltare come lo si attraversa. E per vederne le facce. In una valle che ne custodisce la memoria meccanica, la domanda però resta sempre profondamente umana. E Torrengo non si sottrae: «Ho iniziato a interessarmene anche per la mia brutta relazione col tempo: la sistematica incapacità di gestirlo. Lo sentivo come qualcosa di ostile. “Conosci i tuoi nemici”, forse: ecco perché mi ci sono avvicinato». Torrengo, un Indiana Jones del tempo. Ha studiato i viaggi nel tempo e il suo lavoro al Centro studi è di quelli 2001: Odissea nello spazio. Nel suo sguardo, il tempo non è solo un oggetto di studio, ma un compagno difficile. «La vera coscienza del passaggio del tempo emerge quando qualcosa di esterno cattura la nostra attenzione. Quando siamo chiusi in noi stessi lo percepiamo poco. Poi ci voltiamo e ci stupiamo che ne sia passato così tanto. Il tempo è intimo, lo conosciamo da vicino, e proprio per questo è difficile capirlo». Perché bisogna credere e investire nella lettura Il tempo come prodotto Ne vogliamo di più. Ma il suo fascino coincide con la sua limitatezza. Gli uomini lo invocano, lo pesano, lo studiano. Da Einstein a Virginia Woolf, da Cicerone a Bergson. Tempus fugit. Sì, ma dove? C’è un’idea, tra le più spiazzanti, che attraversa la riflessione: e se il tempo non passasse davvero? «Il passaggio del tempo, che sembra così intuitivo, potrebbe essere un’illusione dell’esperienza. Come i colori: gli oggetti non hanno i colori che vediamo, ma proprietà di riflettanza. Così il tempo ci appare fluente, ma forse in sé non lo è». Un prodotto dell’uomo. E se l’uomo scomparisse, lo scorrere del tempo che fine farebbe? «Se appartiene solo all’apparenza, non avrebbe senso dire che il tempo passa in un universo senza esseri senzienti». Eppure, nella concretezza della Valle del Tempo, nei suoi sovrumani silenzi, il tempo ha ancora così tanto da dirci. «Forse qualcosa che apparentemente non riguarda il tempo, ma in realtà sì: l’importanza delle relazioni interpersonali. La qualità della vita certo dipende dal lavoro, dai soldi, ma molto anche dall’avere attorno persone con cui le relazioni siano salutari: non perfette (la perfezione annoia), ma non di sfruttamento». È questo che il festival cerca di restituire: la sensazione di qualcosa che ci tiene insieme. «Il modo migliore per vivere il tempo è cercare un sistema di relazioni buone per te e per gli altri», conclude Torrengo. «Se le relazioni sono sane, sfrutti meglio il tempo. Altrimenti lo sprechi, e il tempo è l’unica risorsa che non possiamo ricaricare. Dobbiamo stare attenti a quanto e come usarlo. Siamo esseri in connessione: possiamo raccontarci di essere delimitati dal corpo, ma siamo nodi di relazioni».