Fin dalla prima apparizione sul balcone di San Pietro, Bergoglio si esprime attraverso un linguaggio, anche degli abiti e del corpo, tanto “fluido” quanto spogliato di ogni orpello. Ma oltre alle parole dell’uso comune, il pontefice si è contraddistinto per slanci provocatori e battute fulminanti
13 marzo 2013. Sul balcone di San Pietro si staglia la figura imponente di Jorge Mario Bergoglio, vestito interamente di bianco. Sorride appena, a voler forse trattenere la commozione, e sembra disegnare qualcosa nell’aria salutando con una mano che muove carezzevole da destra a sinistra, da sinistra a destra, dal basso in alto. Il neoeletto – croce di metallo sul petto – non indossa né la mozzetta né la stola, che un attimo prima dell’indulgenza plenaria qualcuno gli metterà sulle spalle. Impossibile però, a quel punto, non leggere l’atto papale come uno strappo alla (sua) regola. Peraltro Francesco, impartita la benedizione, quella stola poi se la toglie.
Il linguaggio del corpo e degli abiti, nella sua prima apparizione dal balcone, non è però il solo che Bergoglio esibisce a riprova di un’offerta comunicativa tanto “fluida” quanto spogliata di ogni orpello. Il papa esordisce così: «Fratelli e sorelle: buonasera». Sorride, nel suo augurio ai presenti, e con la mano sinistra che in quel momento s’abbassa di colpo ha già conquistato le platee. Francesco, che si dichiara prelevato fin quasi dalla «fine del mondo», parla di carità, di fratellanza, di amore, di evangelizzazione, di preghiera, di fiducia, di benedizione (reciproca) e, soprattutto, di cammino.
È il mot-clé che unisce il «vescovo di Roma» al popolo capitolino e tutti i fedeli a Dio, purché avanzino fianco a fianco con lui – e con lui costruiscano, e gli si affidino coram populo – nella misericordia e nella riconciliazione, nella remissione dei peccati e nella passione del Figlio: «Quando camminiamo senza la croce, quando edifichiamo senza la croce e quando confessiamo un Cristo senza croce, non siamo discepoli del Signore (…). Abbiamo (…) il coraggio (…) di camminare in presenza del Signore, con la croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo crocifisso» (14-3-2013).
Il vocabolario del pontificato
Fra le chiavi di volta del magistero bergogliano svettano gli appelli alla pace e l’esemplarità ontologica del dettato francescano, la difesa di perseguitati ed emarginati e gli attacchi portati contro l’infanzia violata o rubata, il sacrificio rivelatorio dei testimoni del cristianesimo e l’irreversibilità del cambiamento nella fede, la condanna delle sperequazioni e delle ingiustizie sociali prodotte dalla cultura dello scarto e i richiami alla responsabilità individuale e alla cura della propria anima.
Tutti temi che occuperebbero con facilità, tradotti in parole, le caselle alfabetiche di un vocabolario essenziale del lessico di papa Bergoglio: dalla A di accoglienza («Saremo uomini e donne di risurrezione, uomini e donne di vita, se, in mezzo alle vicende che travagliano il mondo (…), in mezzo alla mondanità che allontana da Dio, sapremo porre gesti di solidarietà, gesti di accoglienza», 17-4-2017) alla C di custodire («Per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi. (…) Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive», 19-3-2013).
Dalla F di fragile («Come mi comporto nei miei ambiti di responsabilità? Agisco con umiltà, oppure mi faccio vanto della mia posizione? (…) E con i più fragili, sto loro vicino, so chinarmi per aiutarli a rialzarsi?», 10-11-2024) alla G di guerra («Le guerre e le azioni terroristiche, (…) i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”», 1-1-2016).
Dalla I di infanzia («Il secolo che genera intelligenza artificiale e progetta esistenze multiplanetarie non ha fatto ancora i conti con la piaga dell’infanzia umiliata, sfruttata e ferita a morte», 15-1-2025) alla M di martire («Sempre ci saranno i martiri tra noi: è questo il segnale che andiamo sulla strada di Gesù», 11-12-2019).
Dalla N di novità («La novità di Dio non assomiglia alle novità mondane, che sono tutte provvisorie (…). La novità che Dio dona alla nostra vita è definitiva», 28-4-2013) alla P di povero («Francesco è (…) per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato. (…) Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!», 16-3-2013).
Dalla R di rifugiato («La risurrezione di Cristo è la vera speranza del mondo (…). È la forza del chicco di grano (…). Questa forza porta (…) frutti di speranza e di dignità dove ci sono miseria ed esclusione, dove c’è fame e manca il lavoro, in mezzo ai profughi e ai rifugiati», 1-4-2018) alla S di sensibilità («Quando perdi la sensibilità del tatto o del gusto, te ne accorgi subito. Invece quella dell’anima (…) puoi ignorarla a lungo (…). In una società che esercita soprattutto la sensibilità per il godimento non può che (…) prevalere la competizione dei vincenti. E così si perde la sensibilità», 30-3-2022).
Dalla U di umiltà («Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà», 12-2-2025) alla V di vecchiaia («La vecchiaia è (…) la sede della sapienza della vita. I vecchi hanno la sapienza di avere camminato nella vita», 15-3-2013).
Guizzi, slogan, tenerezze
Per il resto, se tanti altri vocaboli dell’uso comune, portatori di concetti, sentimenti o atti cristiani fondanti o elementari (dialogo, gioia, giustizia, libertà, misericordia, peccato, perdono, speranza, verità, ecc.), lo hanno accomunato senz’altro ai due immediati predecessori nella comunanza della missione pastorale, quanto alla qualificazione, contestualizzazione e mise en scène figurativa di tanti di quei vocaboli, invece, Bergoglio ha spesso marcato la distanze da Ratzinger e Wojtyła coi suoi plastici slanci emotivi d’impulso, il piglio provocatorio o polemico e le battute fulminanti, le uscite aforistiche al limite dello slogan, le icastiche asprezze di tono e i guizzi espressivi (mordaci, caustici, sferzanti…) da levare il pelo: «Il mate mi aiuta (…) ma non ho saggiato (sic) la coca» (13-7-2015); «Persone che hanno lasciato tutto, hanno rinunciato al matrimonio, hanno rinunciato ai figli, alla famiglia (…) finiscono (…) zitellone» (22-10-2021); «Nei seminari c’è già troppa frociaggine» (20-5-2024); «Il chiacchiericcio è una roba da donne» (29-5-2024); «Dobbiamo bastonare un po’ l’Italia (di chi rinuncia a procreare per un cane o un gatto)» (25-9-2024); «Pregate con il cuore e non con le labbra, non fate come i pappagalli» (6-11-2024); «Dio non è tirchio! Quando dà, dà tanto. Non ti dà un pezzettino, ti dà tanto» (19-1-2025); «Chi ama vive, chi odia muore» (2-2-2025).
Fra le particolarità lessicali di papa Francesco, oltre a certe voci debitrici delle sue origini ispano-americane, c’è anche qualche termine poco utilizzato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, come pazienza («L’amore ci fa pazienti. Tante volte perdiamo la pazienza, anch’io», 1-1-2020), tenerezza («I tre atteggiamenti di Dio sono vicinanza, compassione e tenerezza», 9-2-2025) o contemplazione («Senza contemplazione è facile cadere in un antropocentrismo squilibrato e superbo», 16-9-2020). Il vero punto, quando si parla del lessico di papa Bergoglio, è comunque un altro.
A imporsi, dalla prospettiva dell’artefice, sono stati soprattutto i legami fra le parole, che si trattasse di rapporti ontologici (tra ponte e pontefice, accomunate dall’etimo) o di relazioni fenomenologiche: tra la giustizia e la cultura (la prima crea la seconda); tra la pace e la verità (questa è condizione di quella); tra la gioia e la croce (non c’è vera felicità che non sia stata messa alla prova dalla sofferenza). Siamo nel solco scavato dagli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, per il quale si traeva maggior frutto dai ragionamenti e dalle riflessioni personali sul mistero che dalla completa spiegazione delle sue forme.
Ciao Francesco.
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