Nel 1921, a Ginevra, un luglio insolitamente canicolare portò le temperature attorno ai 39°C. Charles Ferdinand Ramuz prese quell’estate come un preludio della dannazione eterna e iniziò a scrivere Presenza della morte. Il romanzo uscì un anno più tardi, ed è da poco stato ripubblicato da Feltrinelli, in una nuova edizione tradotta e curata da Maria Nadotti
In questi anni di crisi climatica, disordini politici, iperconnessione, ci si è tornati a chiedere quali siano le possibilità della letteratura, e che forma potrà mai avere un romanzo compiutamente contemporaneo nell’epoca di TikTok e delle PPM. Uno scrittore dovrà far parlare gli alberi, o gli algoritmi, per restituire lo smarrimento di questo presente intricato e globale? E come si può raccontare l’angoscia collettiva quando i romanzi sono, per loro natura, ancorati a una dimensione individual



