Non desta stupore che la pubblicazione presso Rizzoli dell’ultimo romanzo di Claudio Piersanti, Quel maledetto Vronskij, sia stata salutata con unanime consenso da parte della critica e del pubblico più avvertito. Il libro è ora finalista al premio Strega.

Piersanti, che è anche collaboratore di Domani, è uno degli autori più importanti della nostra narrativa, voce tanto schiva e inapparente – che rammenta la nobile ricerca letteraria di Romano Bilenchi – quanto autorevole e originale fin da quando, nel 1997, il suo libro Luisa e il silenzio ha ottenuto il premio Viareggio.

Quel maledetto Vronskij

Ebbene, anche qui, anche in questo libro che ha un titolo enigmatico e lievemente sfottente; anche in questa storia di un amore coniugale che né i decenni trascorsi dalla coppia in unità indissolubile né il modesto tran tran di una esistenza piccolo-borghese non immune da frustrazioni hanno minimamente scalfito perché  quell’amore che definisce e lega i coniugi – lui è un bravissimo tipografo che per l’avvento delle nuove tecnologie ha perso il lavoro, lei una bella segretaria appassionata di giardinaggio – reca in sé la freschezza e il profumo delle cose indistruttibili ed eterne; anche nel racconto pacato di quotidiane abitudini e tenerezze di coppia che tutt’a un tratto vengono interrotte e lacerate dall’improvvisa sparizione di Giulia che provoca in Giovanni angoscioso spaesamento e paura, senso di perdita e di morte imminente; anche in questo libro, insomma, così breve e strano, a tratti improbabile per chi non ha dimestichezza con i puri di cuore, una specie di favola dolce e sinistra attraversata da cima a fondo da un brivido allarmante, Claudio Piersanti dà senso e spazio al mistero del silenzio e della solitudine, dimensioni fondative dei rapporti umani.

Tutto questo grazie alla raffinatezza del suo intuito psicologico e alle risorse stilistiche innate della sua scrittura, che derivano da una lingua che ha la limpidezza del cristallo e da una straordinaria naturalezza e versatilità espressiva.

Un pegno d’amore

Giulia, in effetti, non dice nulla a Giovanni riguardo ai motivi del suo drammatico gesto (anche se il sospetto di una sua grave malattia li ha più volte impensieriti e allontanati)  e impone al marito di non cercarla e di rispettare la sua volontà di non esserci. Giovanni , a sua volta, costretto dalla propria indole a una gentilezza che “lo avvolgeva come una camicia di forza”, dello stesso tessuto, immagina Piersanti, del “bavaglio invisibile che lo costringeva al suo detestato sorriso”, abbandona la casa coniugale, che senza la moglie non sente più sua, e barricatosi in assoluta e rischiosa solitudine nel laboratorio tipografico che ha personalmente allestito si dedica poi con strenua e maniacale devozione a copiare in bei caratteri Bodoni con esattezza ineccepibile, per poi impaginare elegantemente e rilegare con i materiali più sontuosi il grosso volume appartenuto a Giulia intitolato Anna Karenina.

Ha infatti deciso di realizzare una copia unica e perfetta dell’immortale romanzo di Tolstoj che sua moglie ha sottolineato con passione e che lui legge ora per la prima volta e dunque si imbatte nel fatuo e perfido amante di Anna, il “maledetto Vronskij”. Si tratta, come Giovanni scopre con orrore allucinando che sua moglie sia fuggita per amore, di una figura minacciosa e sommamente inquietante, simbolo crudele di distruzione e di morte che lo precipita nel gorgo melmoso della gelosia e della disperazione; e il romanzo in due tomi sarà il dono e pegno d’amore che  Giovanni – eroe del lavoro ben fatto al pari dell’autore di questo profondo e commovente romanzo – consegnerà a sua moglie Giulia il giorno in cui lei deciderà di far ritorno a casa.

A bocca asciutta

Giulia a casa ci tornerà, ma è stata assente a lungo, per un anno e mezzo; così il lettore segue con intenso struggimento e accorata trepidazione il difficile ed esitante percorso che porterà lei e Giovanni al riconoscimento delle ragioni reciproche, nonché alla conquista di una ritrovata intimità e felicità coniugale.

Che anch’essa si nutre di poetico silenzio: «Non c’era bisogno di parole tra loro, si capivano perfettamente guardandosi. Le parole erano soltanto un passatempo, una sorta di musica che suonavano insieme. Lei sull’acqua profonda tornava da lui, questo era essenziale. Gli altri non l’avevano avuta, anche Vronskij era rimasto a bocca asciutta».        

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