L’incubo cominciò come il più trito dei film horror. Nel bel mezzo della notte di Halloween la macchina di Lello si guastò proprio davanti a un maniero gotico che però, nella circostanza, era anche una casa editrice.

«Ho la macchina in panne e la batteria del cellulare a zero, potrei fare una telefonata da voi?», chiese Lello.
«Questa è una casa editrice», gli risposero dall’interno.
«E lavorate anche di notte?».
«Lavoriamo sempre, caro amico, la cultura non si ferma mai».

A quelle parole Lello venne introdotto in una specie di salone le cui pareti erano tappezzate di libri.

Il maniero

«Che strana coincidenza», esclamò. «Anch’io sono un editore».
Chi l’aveva fatto entrare allora si qualificò come editor e subito gli chiese: «Mi racconti dei suoi commissari».
«Commissari?».

L’editor fece una faccia strana: «Non ha detto che era un editore?».
«Sì, ma non pubblico gialli».
«Allora pubblicherà noir».
«Neanche».
«Thriller?»
«No».
«Se non pubblica gialli o noir o thriller, allora che diavolo pubblica?».

Mentre parlavano l’editor portò Lello a fare un giro per la casa editrice. Gli uffici si rivelarono pieni di stanze a doppiofondo e corridoi circolari come in un quadro di Escher.

L’editor si fermò davanti a una porta denominata “Progetto 666”, e con un’espressione particolarmente soddisfatta disse: «Qui dentro ci sono i giovani più promettenti del panorama nazionale, quelli che si sono distinti in campo umanistico già in precocissima età».

«È bello che coltiviate i talenti», fece notare Lello.
«È un investimento che ci sta particolarmente a cuore».

Lo scrittore fantasma 

Passarono in rassegna altre porte, ma l’editor sembrava molto attento ad aprirne solo alcune, e a lasciarne chiuse altre, la maggior parte.

«Dietro le porte chiuse cosa c’è?», chiese Lello.
«Caro amico, lei è troppo curioso».

Lello afferrò una maniglia, oltre la quale si sentiva uno strano brusio. «Qui dentro chi c’è?».
«Uno scrittore fantasma!», rispose prontamente l’editor. «Pubblicava per noi e adesso è costretto a vagare qui dentro per l’eternità».

«Pubblicare per voi è una specie di maledizione?».
L’editor ridacchiò inebetito. «Lo chieda direttamente a lui!».
«Posso aprire la porta?».
«Ma certo, caro amico, non abbiamo nulla da nascondere!».

Racconti del terrore

Lello aprì la porta e s’introdusse in un piccolo bugigattolo dove un vecchio stava leggendo a lume di candela. «Lei è lo scrittore fantasma?».
«È la notte di Halloween», disse il vecchio, senza battere ciglio. «Mi dica qual è il suo racconto del terrore preferito».

«Così su due piedi è difficile rispondere. Conosce “Vera” di Auguste Villiers de l’Isle-Adam? È la storia di un conte che trionfa sulla morte della propria sposa semplicemente perché si convince che lei sia ancora viva. Sennò ci sarebbe “L’Horla” di Guy de Maupassant che preconizza il genere fantascientifico e narra attraverso le pagine di un finto diario la follia di un uomo convinto di essere perseguitato da un essere invisibile. O ancora mi piace “Sono venuta solo per telefonare” di Gabriel García Márquez che parla di conformismo e del confine labile tra salute e malattia mentale: una donna finisce per sbaglio in un manicomio e da quel momento viene creduta pazza dai medici e persino dal marito…

Lello parlava ma era rimasto da solo dentro la stanza, come se il vecchio si fosse volatilizzato. «Dov’è andato lo scrittore fantasma?».

«Non l’ha visto?», domandò sornione l’editor. «È scomparso attraverso quel muro».
I due tornarono a camminare per quei corridoi intricati come un labirinto.

Best seller da paura 

«Pubblicate molti best seller?», chiese a bruciapelo Lello.
«Pubblichiamo solo best seller!».
«Libri saponetta?».
«Suvvia, non mi faccia il moralista! I libri di successo sono sempre esistiti».
«Il problema non è il libro di successo, ma il tentativo di replicarlo a ogni costo».
«Replicarlo a ogni costo?».
«Mi ha capito bene, quel che viene chiamata cultura bestsellerista».
«Non ne ho mai sentito parlare…».

«Il best seller non è più una categoria merceologica bensì un genere letterario, un modello per la scrittura di altri libri. Le caratteristiche sono ormai note: mescolare due o più generi tradizionali (una sorta di vero e proprio doping letterario) e soprattutto usare una lingua che non crei resistenza al lettore (da qui la proliferazione di romanzi italiani che sembrano tradotti dall’inglese). Insomma uno scrittore alla classica domanda su quale genere di libri scriva potrebbe rispondere: “Il genere di libri che ha successo”. Sembra tautologicamente folle, ma è così. Lo scopo? Far leggere chi di solito non legge, attirare in libreria chi esce di casa per fare uno shopping generico. Perché mai infatti l’industria editoriale dovrebbe puntare su una fettina di mercato così inconsistente come quella dei lettori forti?».

L’editor dopo quella tirata prese sottobraccio Lello, facendo finta di non aver sentito. «E lei cosa pubblica? Ricettari di cucina?».
«No no».
«Biografie di sportivi famosi? Il successo raggiunto dopo tante difficoltà, un padre dispotico?».

«Macché».

L’editor contrasse la faccia in una smorfia di dolore: «Mi dice allora cosa diavolo pubblicherebbe?».
Lello si schiarì la voce con un colpo di tosse e disse: «Storie inventate, letteratura».

Proprio in quel momento un tuono rimbombò nel salone d’ingresso, e l’editor impallidì: «Ma è pazzo? Abbassi la voce».
«Perché? Che ho detto di male?».
«Non pronunci mai più la parola letteratura qui dentro, mi ha capito bene? Loro potrebbero sentire».
«Loro chi?».

L’editor si avvicinò con fare minaccioso allo zainetto di Lello: «Mi dia il suo catalogo».
«Perché dovrei?».
«Faccia il bravo, voglio solo dare un’occhiata».

I due si spintonarono e Lello buttò a terra alcuni libri che tappezzavano le pareti: erano leggeri come piume, fatti di polistirolo.
L’editor sghignazzò: «È la nostra collana più prestigiosa, ha visto?».
A quelle parole folli Lello lo ribadì: «Io pubblico letteratura!».

Un altro tuono rimbombò nella sala e un rumore di passetti svelti e ridicoli risuonò per i corridoi.
«Gliel’avevo detto, non doveva pronunciare più quella parola», piagnucolò l’editor. «Ora si sono arrabbiati, ora stanno venendo qui».
«Chi sono?».
«Sono i manager».

I manager assetati di sangue 

Proprio in quel momento la sala si riempì di pinguini dai becchi insanguinati. Andavano di qua e di là, prendendo di mira lo zainetto di Lello, dentro al quale era custodito il pericoloso e forse sovversivo catalogo.

Lello cercò di seminarli correndo per i corridoi della casa editrice, e infine rinchiudendosi dentro la stanza denominata “Progetto 666”. Pensò tra sé: «Qui sarò salvo, qui ci sono i giovani talenti, il nostro futuro».

Appena il tempo di chiudere la porta alle sue spalle e poi la scena gli si rivelò: gli scrittori erano ridotti ad amebe, gli occhi bianchi, i crani aperti che lasciavano scoperti i cervelli punzecchiati da elettrodi. Ciascuno di loro guardava uno schermo sul quale passavano a ripetizione le seguenti parole: “Storytelling”, “Mass market” e “Best seller”. 


Una versione più breve di questo racconto è contenuta nel romanzo Gli estivi, edito dalla Nave di Teseo.

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