Il mondo pesa, non lo dico io è una cosa che si sa, è un fatto già greco, figuriamoci oggi. Ora, stando a quello che mi risulta, poiché il mondo pesa, ci è stata data la possibilità dell’arte. Certo, si obietterà, è una ricostruzione un po’ sintetica e pure arbitraria, ma mi è stato detto parla e adesso ecco. Dicevo.

Per toglierci il bagaglio, ci è stata data l’arte, non vorrei scomodare le arti con la A maiuscola, mi basta un’arte anche meno appariscente a tratti insospettabile e che per questo sia anche più mariuola, che si infili negli anfratti, che rida quando è il caso di stare seri e il contrario, una cosarella sovversiva perché beffarda, e commovente perché poetica.

“La signora ne vuole troppe!”
Sì, ma la vita è una, converrete con me.
Siamo portati a chiamare intrattenimento quello che ci gingilla, con cui trascorriamo i tempi morti alla fermata del bus, a cui diamo un peso relativo, qualcosa insomma che ci risulta leggero, però c’è un tipo di intrattenimento che è leggero perché è stato scremato da ciò che non serve, è stato raffinato, rielaborato, reso poetico, alleggerito del peso del mondo di cui conserva comunque il ricordo e di cui ci mostra una faccia inedita che non avremmo mai sospettato, ma che toh, messa lì così, ci emoziona.

Questo è il tipo di cosa che piace a me. Un po’ si ride, un po’ si pensa, un po’ si piange, un po’ si sta insieme. Una comunione? No, il Teatro. Che poi sempre un rito è. C’è una domanda a cui è sempre interessante tornare quando si fa un mestiere legato allo spettacolo dal vivo ed è una domanda legata non tanto al perché lo si fa, tema indagatissimo, ma per chi lo si fa.

Ora certo la risposta può essere anche: per noi stessi, mi sta bene, però, vorrei pure dire che l’orto del proprio sé è un terreno a tratti un po’ asfittico, soprattutto di questi tempi, un appezzamento isolato, mediato dagli schermi, spesso disperso tra mille stimoli tanto da diventare ingombrantissimo e quasi nullo allo stesso tempo.

Fuori dall’isolamento

Per me questo mestiere lo si fa per tanti, per tutti, auspicherei e per sospendere questo isolamento dell’io, perché da soli si fa poco mondo, si fa un mondo che si autoripiega e rischia di disfarsi prima e peggio. Per questo motivo, Ghost Track è stato pensato come un concerto per parole e musica a più voci, una polifonia che è composta di linguaggi molto diversi, ognuno con una sua particolarità, con una tipicità di sguardo, ognuno necessario.

Essere autori e autrici significa essere chiamati a dire la propria, chiamati da chi non si sa, uno sente la cosa e la segue, fa parte dei misteri delle cose della vita a cui non mi sento di rispondere, questa occasione però, vuole essere il tentativo in un contesto informale di ascoltare artisti e artiste che cercano di far passare dei contenuti avendo trovato delle forme ben specifiche, frutto di ragionamenti, di incontri artistici, di desideri e di sforzi di traduzione di quello che è capitato loro.

Poi mi interessava la frammentarietà e questo è quasi un fatto più serio. In un discorso unico c’è un capo e una coda che è deciso da chi pensa la cosa, noi invece procederemo nel frammento, pezzetto-pezzetto, nel tentativo di creare un unico spettacolo che non si ammischia mai del tutto, un salottone di voci, una bella varietà di proposte che dialogano tra di loro nelle stranezze reciproche, quasi un esercizio di cittadinanza.

Si riderà perché non c’è altro da fare quando guardiamo a noi stessi e ci si lagnerà serissimamente, in primis perché è bello e poi perché sappiamo che è per finta, perché quello che ci interessa è giocare. Non da ultimo, si canterà e si suonerà, perché quello che non dice la parola lo parla la musica. La festa che proviamo a creare in queste sei serate è un mondo appunto un po’ rovesciato.

Molte voci di prosa, comiche poetiche e liriche, parole, canzoni e qualche spazio per pensare, per attraversare il vuoto in cui certe volte ci casca il pensiero e poi di nuovo da capo e poi ancora, e quando sembra che sia finito, ancora e di nuovo.

Uno potrà dire come fate, noi risponderemo: per questo abbiamo voluto il vino e i divani! L’artista lo preferisce il divano, sta scritto dappertutto, Cechov sui divani ci ha ambientato tutte le sue opere, un motivo ci sarà.

Testimoni di una ricerca

Gli ospiti che si alterneranno nelle sei serate sono quindi tutti testimoni di una ricerca fatta dentro di sé e poi portata al mondo, ripulita, raffinata dalle brutture del sé, perché ha trovato una forma, un suono un linguaggio anche. A volte un rumore o un’afasia però c’è. Sta lì.

Spunti, riflessioni, un coro di trenta elementi che canta, esperti delle cose del mondo, filosofi, attori, autori, scrittrici, musicisti, poetesse, cantautori. Tutti comunque autori e autrici. Le serate dei venerdì sono dedicate alla difficoltà dello stare al mondo nel rapporto con sé stessi e a come proviamo a sfuggirlo questo rapporto usando tutto ciò di cui siamo capaci; quelle del sabato sono dedicate al nostro rapporto con ciò che ci circonda e come salvarlo e provare a cambiarlo, quelle della domenica alle relazioni croce e delizia dell’essere vivi.

Tutto per sospendere il soliloquio! Tutto per poter stare insieme e per goderci un po’ la stortura e tutto col massimo rigore! Con la più strenua serietà!

Poi no
Poi sì
Poi no
Poi sì

in un andirivieni del desiderio, come accade nella vita: mi pare valga la pena. Così vogliamo stare noi! A ridere di noi! A dimenticarci! A ricordarci! Vogliamo stare insieme! Oh senti che sollievo!


Il programma

Dal 25 al 29 ottobre Romaeuropa Festival presenta al Mattatoio di Roma la nuova edizione di Anni Luce, la sezione del festival che indaga le nuove frontiere della scena teatrale nazionale curata da Maura Teofili. L’affianca, dal 13 ottobre, Ghost-Track appuntamento su autorialità poliedriche con ospite Gioia Salvatori.

Anni Luce_osservatorio di futuri possibili è la rassegna del Romaeuropa Festival dedicata al teatro italiano emergente che si propone di convocare le giovani generazioni teatrali al dialogo cercando di creare lo spazio per l’incontro tra opinioni, forme e sguardi del presente.

La rassegna, curata da Maura Teofili, sarà composta dalla presentazione di due spettacoli in prima nazionale: A.L.D.E. non ho mai voluto essere qui di Giovanni Onorato e CA.NI.CI.NI.CA di Greta Tommesani il 25 e il 26 ottobre. Il 28 e il 29 ottobre sono presentati i primi studi dei progetti selezionati per Powered by REf, la call under 30 di Romaeuropa realizzata in collaborazione con Carrozzerie|n.o.t, 369gradi, Periferie Artistiche, Atcl Lazio, Teatro Biblioteca Quarticciolo e Cranpi per cui si esibiranno in questa edizione Cromo Collettivo Artistico, Pietro Giannini ed i fratelli Alice e Davide Sinigaglia.

Dallo scorso anno è stato immaginato Ghost Track, un appuntamento dedicato alle autorialità poliedriche e ai nuovi formati della parola e della scena; una sezione che indaga comicità, poesia, approfondimento tematico ed incursioni musicali in un nuovo spazio intimo, originale ed informale.

In questa nuova edizione, con la conduzione dell’attrice e autrice Gioia Salvatori ed il coordinamento musicale di Simone Alessandrini, saranno accolti in due week-end dedicati (13, 14 e 15 ottobre e 27, 28 e 29 ottobre dalle ore 19) tanti ospiti speciali e giovani voci per attraversare temi, difficoltà, angosce e relazioni possibili ed impossibili dei nostri tempi (Meri Bracalente, Ivan Talarico, Natalino Marchetti, Paolo Pecere, Caterina Marino, Evita Polidoro, Ilaria Gaspari, Barbara Chichiarelli, Mauro Remiddi, Valerio Aprea, Cristina Pellegrino, Filippo Balestra, Ambra Chiara Michelangeli, Alessandro Lolli, Lorenzo Maragoni, Coro Roma Rainbow, Francesco Leineri, Daniele Parisi, Giovanni Truppi e Carmine Iuvone).

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