Ci sono tanti confessionali. Quelli in chiesa, quelli del Grande Fratello, e poi c’è l’Ariston. O quantomeno, lo è diventato da quest’anno: quel che è certo è che ci ha restituito con panni immacolati due figure che sul loro atteggiamento da bad boy avevano costruito un’intera carriera, Tony Effe e Fedez. Il festival normalizzato dal filtro particolato anti-polemiche Carlo Conti è stato un’occasione per i due artisti che giocano con l’irriverenza e surfano su critiche e indagini, un’occasione per tornare sulla scena pubblica come due giovanotti dalla camicia bianca inamidata della domenica.

In un contesto in cui anche Damiano David ha sfoggiato un doppio petto con chiusura a fiocco e guanti di pizzo – guanto accessorio identitario di questo festival, lo hanno indossato tantissimi artisti e conduttori in scena, uomini come donne, secondo solo al berretto di cachemire dell’ad Giampaolo Rossi – trapper e rapper sono apparsi mansueti, quasi privati del tutto di quella carica polemica che ha fatto del genere la musica di rottura con il sistema per eccellenza. Ma l’arginamento di quegli artisti ha anche un significato ideologico: «Sanremo è il festival della canzone italiana. Abbiamo una tradizione melodica – spiega un dirigente – trasformarlo in un evento house lo avrebbe snaturato». Tradotto: ben vengano ballad e serenate, se volete cantare le barre cattive fatevi un festival tutto vostro. Messaggio perfettamente recepito da Shablo, Guè, Joshua e Tormento, che nella loro educata «street song» rappano, da veri romantici seppure non troppo profondi: «Io le mando baci lei che per me è la più hot».

Lo stesso per un ex ragazzaccio come Achille Lauro, che ora gira in pelliccia ma si è esibito in frac (sempre con guanto bianco) o in gessato bianco a righe viola con annesso mantello, mandando rose rosse alla sala stampa: «Non c’è nulla di più incosciente che amare. Buon San Valentino bellezze», si leggeva sul bigliettino che accompagnava l’omaggio floreale. «Se non mi ami muoio giovane» canta nel suo pezzo e nel fondo che ha noleggiato per la durata del festival la sera dicono si sia dilettato in un pianobar a base di Tu vuo’ fa l’americano e ‘O surdato ’nnamurato. Non esattamente il repertorio di un teppista.

Maritozzi e tatuaggi

A condurre è comparso un educatissimo Mahmood, che di cattivo non ha mai avuto niente, e per il dopo Conti si parla già del bravo ragazzo per eccellenza del servizio pubblico Stefano De Martino. Tony Effe è arrivato addirittura a distribuire maritozzi assieme a Noemi e Ruben Bondì. Come per Lauro, anche nel suo caso la scelta del look della prima serata è stata tutto un programma: interpellato sulla decisione di sfoggiare un total white e di coprire i suoi tatuaggi, ha spiegato che è tutta una questione di rispetto «verso chi li odia e verso mia madre».

Il suo “caso” collana è stato una delle poche questioni che hanno appassionato la sala stampa: la Rai ha deciso di vietargli all’ultimo di sfoggiare un gioiello giudicato dall’azienda troppo riconoscibile del marchio che l’ha prodotto. «Sembra una cosa stupida, ma emotivamente mi ha cambiato» ha detto lui. In conferenza si è presentato con otto collane, ma è stato il massimo della provocazione toccata. Il regolamento aziendale effettivamente è confuso e non è chiarissimo su chi abbia l’ultima parola. «È già passato», ha detto. Come è «tutto a posto» nel rapporto con il Campidoglio che non l’ha voluto a Capodanno. «Certo, potevano informarsi un po’ prima», ma il sindaco Roberto Gualtieri sarà comunque invitato alla data estiva al Circo Massimo. Prima di chiudere il festival sul palco, Tony Effe si è preoccupato di non essere messo nella casella del picchiatore di donne, anzi, si è presentato pure con la maglietta di Topo Gigio per stima di Lucio Corsi e ovviamente del pupazzo più famoso della Rai che ha duettato con lui.

«Sono fatto di pelle e ossa, certi testi sono uno sfogo, ma non sono un violento, assolutamente». Tutta colpa degli osservatori, che si sono «fossilizzati» sui passaggi più crudi, ha detto Anzi, anche lui è un romantico: per San Valentino alla sua compagna Giulia De Lellis non ha regalato una collanina ma una rosa con un biglietto, perché «guardarsi negli occhi per dieci minuti, darsi quel tipo di tempo, è quello che conta davvero».

Il voto che conta

E Fedez, con cui ha ancora qualche questione aperta? «Ci siamo incontrati al green carpet e basta». Basta? «Se fosse successo qualcosa l’avreste saputo». Tutto vero: anche perché l’ex marito di Chiara Ferragni sta ancora gestendo le ricadute del gossip svelato sul conto della coppia da Fabrizio Corona. Ma pure nel caso del fu giudice di X Factor, i tempi della provocazione sembrano ormai appartenere al passato, ai giorni in cui dal palco del Primo Maggio difese il ddl Zan e poi attaccò i vertici Rai, accusandoli di un tentativo di censura.

Il suo pezzo oggi parla di depressione e ha saputo disinnescare perfino la cover di Marco Masini, Bella stronza. Sono saltate le strofe controverse che avevano sollevato perplessità alla vigilia del festival, ma è rimasta la confessione finale di un ragazzo pentito: «Ti ho dato tutti i motivi per essere una bella stronza», ha chiuso Fedez. Da vedere se è vero, da vedere a chi è dedicata, quel che è certo è che la sua versione del pezzo gli è valsa il terzo posto nella gara delle cover e l’ha rilanciato agli occhi del pubblico. Cosa non si farebbe per conquistare nipoti, mamme e nonne.

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