«Come sapete ci aspetta un Na-, un Nata-, un Natale molto magro perché stanno pensando addirittura di restringere ulteriormente che questo significa andare a bloccare anche un retail che si stava rialzando per la seconda volta da una crisi e lo stanno mettendo nuovamente in ginocchio. Io penso che le persone sono un po’ stanchi (sic) di questa situazione e vorrebbero alla fine venirne fuori, anche se qualcuno morirà pazienza».

A pronunciare la frase fedelmente riportata sopra è stato Domenico Guzzini, presidente della Confindustria Marche, durante l’evento “Made for Italy per la Moda”, un titolo che in tutto preannuncia il tenore e la qualità degli interventi, anche dal punto di vista lessicale. E per quella frase, mercoledì è stato costretto a dimettersi.

Quando l’inconscio collettivo, o meglio l’inconscio di una parte della collettività, si manifesta in modo così netto e addirittura pornografico, è prova inconfutabile che stiamo vivendo tempi unici. Ma chi è Domenico Guzzini, ci chiediamo, attoniti, curiosi e, purtroppo, occorre ammetterlo, divertiti?

Eredità leopardiana

Domenico Guzzini, laureato in Economia, 61 anni, è dal 2005 presidente e direttore marketing dell’azienda di famiglia, la Fratelli Guzzini di Recanati, azienda di «oggettistica per la casa di livello internazionale». Fondata nel 1906 da Enrico Guzzini, figlio di un mezzadro della famiglia Leopardi. Gulp!

In effetti non è difficile ritrovare parte di questa sbilenca eredità Leopardiana nelle amare parole pronunciate dal Guzzini sull’ineluttabilità della morte, del suo essere un prezzo da pagare tutto fuorché ingiusto o innaturale.

Ma torniamo al progenitore; Enrico Guzzini emigra in Argentina per raggiungere suo fratello, esule a causa del fallimento del suo laboratorio di pipe in radica. Ma è proprio da lì che parte la grande fortuna dei Guzzini. Disegnano e producono una chiccosissima «tabacchiera in corno naturale speciale di bue».

Già allora, verrebbe da dire con un macabro giochetto, erano nel business della morte – ma si scherza, al tempo non si sapeva che il fumo uccide. Nel 1938 l’azienda produce i primi oggetti in plexiglas, o meglio polimetilmetacrilato. Grande modernità, il plexiglas! Ricorda niente? Da lì in poi una storia di successi; i loro prodotti oltre a vincere un paio di compassi d’oro sono esposti al Museum of Contemporary Art Mca di Chicago, al Victoria and Albert Museum di Londra e, naturalmente, al MoMa di New York.

Ah, en passant, hanno realizzato tra i primi al mondo e sicuramente in Italia un set piatto e tazza con la Disney, oltre al bellissimo vasino per la pupù del 1961, che vi sembrerà una cosa da niente, ma è esattamente il contrario. Non è facile avere il licensing da Disney. Insomma: l’eccellenza italiana.

Il Guzzini è tuttavia descritto da chi lo conosce come un disciplinato e sempliciotto figlio di famiglia, piegato dall’istituto aziendale di stampo estremamente gerarchico. Sempliciotto ma dalle nette convinzioni; sembra che nel 2007 andasse in giro a scommettere che non ci sarebbe stata alcuna crisi della quale preoccuparsi. Guzzini già allora aveva lo sguardo lungo, insomma.

L’elezione a capo della Confindustria marchigiana è stata piuttosto facile, quasi automatica, a leggere le cronache locali. Le parole chiave della “campagna” erano quattro, meravigliosamente last year: contaminazione, condivisione, fare sistema e inclusione. In una parola: tenere aperto senza se e senza ma.

Includiamo tutti, pure i morti.

Che problema c’è? Scartabellando nel sito della sua azienda, piuttosto riservato rispetto alla governance (non si trova una biografia del capo nemmeno a scrivergliela sopra a penna) in una generica pagina green si coglie tuttavia un chiaro riferimento alla ginestra di Leopardi, lei sì invincibile e forte, mica come noi umani mortali: «Prendersi cura del mondo per noi significa adottare nuove culture industriali basate sulla collaborazione tra imprese integrate e sul dialogo con l’ambiente». L’ambiente non ci include, evidentemente.

E in questo come non ravvisare una corrispondenza con la drammatica, penultima poesia scritta dal poeta di Recanati, prima di morire (cosa del tutto naturale, morire), ovvero La ginestra, nella quale la natura ci è matrigna, ci esclude, lotta contro di noi.

Proteggiamo l’ambiente, non gli uomini, insomma; stiamo dalla parte del più forte. Della natura fa parte senza dubbio alcuno il Covid-19, prodotto appositamente dalla matrigna per fermare le “magnifiche sorti e progressive” che proprio il nostro Guzzini difende.

Il codice etico

Nel corposissimo codice etico, quello sì agilmente consultabile sul sito dell’Azienda, troviamo altri punti che chi di noi non si sentirebbe di condividere? Sotto il titolo “Partiti politici e lobby” si legge che «la Fratelli Guzzini si impegna ad intrattenere rapporti trasparenti con tutti i partiti politici, esprimendo in modo chiaro il proprio punto di vista sulle questioni di interesse collettivo». Lo ha fatto, in effetti. Bene. La coerenza innanzitutto.

Proseguendo nella lettura, a un legittimo orgoglio della propria gloriosa storia si unisce la capacità di leggere la contemporaneità, come solo i capi d’azienda italiani sanno fare: «Le regole scritte nel presente Codice sono rispettate dalla Fratelli Guzzini da più di cent’anni! (Vi prego di notare il punto esclamativo, è importante!, ndr).

Infatti, fin dalla sua costituzione, che risale al 1912, la Fratelli Guzzini si è impegnata a fondare la propria attività su forti valori umani e solidi principi sociali che nel tempo sono stati aggiornati e sviluppati al fine di adattarli alla continua trasformazione dell’ambiente in cui opera l’azienda».

E anche questo è coerente con la sua dichiarazione. L’ambiente si è trasformato, c’è il Covid e le persone muoiono a decine di migliaia (in Italia) e quindi sta a noi affrontarlo. Come? Lasciandoli morire; pazienza.

Insomma, sembra tutto un po’ confuso, ma non lo è. Se ascoltiamo il tono e l’accento del Guzzini proprio quando pronuncia la parola “pazienza” sentiremo, nel profondo dell’animo, che non vede eroi, solo vittime, inevitabili vittime.

Quella che potrebbe sembrare l’amara considerazione di un generale di fronte alla consapevolezza che ci sarà un prezzo da pagare per vincere l’ultima battaglia è in realtà una mezza frase smozzicata, con voce debole e atona, priva di qualsiasi retorica.

Il re è nudo

Perché la guerra che è il capitalismo è così; flebile, subdola, fatta di non detti e di inconscio che chiede di uscire all’aria aperta, senza farcela quasi mai. E dunque seppure le parole siano inequivocabili nel loro essere sia autoassolutorie (non è colpa mia! È così!) che meschine, di nuovo è quel “pazienza” il centro di tutto; commentare l’eventuale morte di chicchessia, con le modalità che useremmo di fronte a un piccolo dramma quotidiano: s’è rotto il vaso, pazienza. È morto il nonno, pazienza.

Sembra una di quelle battute cattivissime alla napoletana, l’immagine balbettata da Troisi o da un personaggio di Indietro tutta di Arbore, fra le risate liberatorie di chi assiste all’esorcismo della morte attraverso il witz freudiano, il motto di spirito. Ma qui non è così, purtroppo.

E se da un lato verrebbe quasi da celebrare il grido “il re è nudo”, che ci permette di capire bene con chi abbiamo a che fare, le rituali scuse infantili e il tentativo di far sparire il video dall’infosfera (figurarsi, è su tutti i siti) lo rende solo sgradevole come l’alito di un alcolista molesto. «Sono molto addolorato per la mia dichiarazione che, quando ho riascoltato, ho realizzato quanto fosse grave e distante da ciò che penso».

Pestata la merda, ha provato così. No, caro Guzzini, non faccia così, non si infantozzisca. Lei e molti altri pensate davvero questo. Dirlo fa bene a tutti. Per questo le invio i miei più sentiti ringraziamenti.

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